Opuscoli provvisori n. 46
Passeggiate nel buio
Contro il nucleare
A Trino. Contro la mafia dell’atomo
Contro il nucleare civile e militare [volantino]
La battaglia di Montalto di Castro
Due interventi a “Radio Onda Rossa”
Tranciato un traliccio dell’Enel a Lamezia Terme
Pasquasia: un traliccio distrutto [aprile 1987]
Perché siamo contro i referendum
Il sabotaggio sociale non è mai terrorismo
Attentati antinucleari a Milano
Comunicato redazione milanese di “Anarchismo” e di “Provocazione”
Segati tralicci Enel a Caorso e Montalto
Quale terribile epoca in cui i ciechi sono condotti dai pazzi
Irrefrenabile moria di tralicci
Sabotaggio dei tralicci dell’Enel
Nucleare in Italia. Indirizzi utili
Lubrificanti per l’industria nucleare
Porte e infissi per centrali nucleari
Materiali edili per l’industria nucleare
Editori di pubblicazioni professionali sull’industria nucleare
Nota introduttiva
Ma poi, non li ricostruiscono? Obiezione immancabile, che ho sentito mille volte.
Certo che ricostruiscono puntualmente tutti i tralicci dell’alta tensione abbattuti, e lo stesso per gli altri obiettivi raggiunti dalla rabbia e dalla fredda decisione di sabotare il capitale nelle sue strutture, se non altro visibili. Ma l’obiezione fiorisce subito sulla bocca degli sciocchi che guardano sempre il cielo prima di uscire per paura di bagnarsi.
I rivoluzionari non dovrebbero sposare queste perplessità. Non sempre però evitano questo matrimonio. Qualche volta – forse più di qualche volta – per timore di farsi mettere il sale sulla coda, si affrettano a prendere le distanze, mostrando inverecondamente l’intima pusillanimità che dovrebbero, a rigor di logica, tenere nascosta. Ma, cosa volete, la paura fa novanta.
In fondo si è trattato di passeggiate nel buio, che per il momento – ma solo per il momento – sembrano interrotte.
Quando respireremo ancora l’aria tagliente della notte andando a passeggiare in montagna?
Trieste, 29 ottobre 2011
Alfredo M. Bonanno
A Trino. Contro la mafia dell’atomo
Venerdì 10 ottobre [1986] era stata indetta dalle forze ambientaliste e da alcune forze politiche (Verdi, Lega ambiente, Dp, Lc, Pci, Psi, ecc.) una mobilitazione davanti alle centrali nucleari in costruzione a Montalto di Castro, Matera, Latina, Brasimone, Viadana, Caorso e Trino Vercellese.
Tale iniziativa doveva concretizzarsi – secondo le intenzioni degli organizzatori – con il blocco dei cancelli per impedire l’entrata degli operai, i quali erano stati preventivamente avvisati dall’Enel e consigliati di non recarsi al lavoro in quella giornata. Per questo motivo si sapeva in anticipo che tale mobilitazione avrebbe avuto esclusivamente carattere simbolico, utile per dare validità e consenso alle forze organizzatrici e ai loro giochi di poltrona nelle giunte dei comuni interessati.
Ecco perché una parte del movimento antagonista ha deciso di stravolgere il loro copione, diventando protagonista di una serie di azioni dirette a dare tutt’altra impronta alla lotta contro il nucleare.
A Trino Vercellese, infatti, davanti al cantiere della centrale nucleare in costruzione noi anarchici abbiamo prima reso nota, con la diffusione di diversi volantini (dei quali riportiamo il testo), la nostra decisione di non accettare di far parte di quello spettacolo impiantato per fornire ulteriore consenso e credibilità alle istituzioni, di voler indirizzare la nostra lotta contro tutte le strutture della tecnologia nucleare, rifiutando di delegarla a partiti e forze politiche, attaccando anche gli organi di informazione nella loro duplice funzione di amplificatori dell’opposizione fittizia (per intenderci, riformisti, pro referendum e soci) e di isolamento nei confronti degli antagonisti e dei rivoluzionari.
Quindi, verso le 9.30-10.00, in qualche centinaia di compagni anarchici, punx e autonomi, siamo entrati nel cantiere sabotando e mettendo fuori uso le attrezzature e le macchine (ruspe, trivellatrici, ecc.) che si trovavano al suo interno.
Il nostro corteo dopo essere uscito dal cantiere, si è quindi diretto alla sede del Comune di Trino, all’interno della quale era in corso un incontro fra l’amministrazione comunale e i delegati di tutti i gruppi politici che avevano organizzato la manifestazione, con l’intenzione di occuparla e di esprimere il nostro disgusto e rifiuto dei giochi di potere che cercavano di far passare ancora una volta sulle nostre teste. Ci siamo dovuti limitare ad un lancio di uova di vernice per dare un po’ di colore alle facce grigie e truci dei poliziotti, del vicequestore di Vercelli, di un assessore e di un delegato, preoccupati che la loro iniziativa non finisse con l’avere un esito disastroso a causa di “degenerazioni”. Effettivamente la loro funzione di recuperatori si è dimostrata valida anche in questo caso, dato che sono riusciti a fare sbollire la nostra rabbia con un piccolo dibattito sul posto a colpi di megafono.
La conclusione, che a mio parere si può trarre da questa giornata, non è solo la constatazione della positività che ha avuto per lo sviluppo delle pratiche di azione diretta e di conflittualità espresse, ma soprattutto il fatto che esiste la possibilità di ampliare e dare maggiore incisività a questa lotta, supportandola con una progettualità insurrezionale in grado di legarci e di legarla nell’attacco più globale che intendiamo portare a tutte le strutture del dominio.
Vorrei aggiungere che forse è proprio questo il momento in cui le scelte dei compagni emergeranno più chiaramente e senza ambiguità, permettendoci di comprendere quali siano quelli su cui potremo contare in termini di solidarietà rivoluzionaria e che di fatto ritroveremo al nostro fianco nel corso della lotta.
Sciacalli [comunicato]
Il consistente spezzone di movimento antagonista presente il 10 ottobre a Trino Vercellese, composto in gran parte da anarchici e autonomi, con l’azione diretta di sabotaggio violento contro le poche strutture (ruspe, scavatrici, trivellatrici) presenti all’interno del cantiere della centrale nucleare in costruzione, ha espresso la volontà di opporsi ai progetti di morte e terrore nucleare dello Stato e del capitale e di rompere l’immagine della manifestazione simbolica, programmata in ogni suo dettaglio dalle forze istituzionali e organizzatrici, in accordo con l’Enel e gli enti locali.
Inoltre, il cospicuo lancio di uova di vernice avvenuto davanti al municipio di Trino Vercellese, ha voluto manifestare il rifiuto di delegare la lotta antinucleare alle istituzioni, e non – come è stato strumentalmente scritto dalla stampa – di voler far parte della delegazione entrata in Comune per discutere con l’assessore di turno.
Denunciamo quindi l’interessato stravolgimento dei fatti effettuato dagli organi di informazione, e l’opera di sciacallaggio politico di preventivo isolamento messo in atto dall’opposizione fittizia (leggersi Pci, Psi, Dp, Lc, Lega ambiente, Verdi, pacifisti...) per creare terra bruciata attorno alle aree dell’antagonismo sociale.
Come anarchici rivoluzionari, e così pensiamo gli altri compagni antagonisti, rivendichiamo la giustezza e la validità delle azioni di contestazione attuate e ribadiamo la nostra volontà di lotta insurrezionalista ed antistituzionale, non solo per la chiusura delle centrali nucleari, ma soprattutto di attacco a tutto l’apparato produttivo della tecnologia nucleare, informatica, elettronica, ecc.
Riteniamo l’autogestione della lotta e l’azione diretta le uniche armi su cui può e deve crescere l’opposizione antistituzionale e anticapitalista ai progetti di controllo e di invadenza militarista nella vita sociale.
Affinché il movimento antagonista antinucleare non venga strozzato dalla morsa repressiva delle istituzioni, dalla mafia dei partiti grandi e piccoli, invitiamo tutti i compagni a battersi e lottare in prima persona, rifiutando ogni delega, contro i giochi di potere propostici dai riformisti, i referendum ed ogni altra forma di opposizione delegata e fittizia che esalta il ruolo delle istituzioni democratiche e su cui si sviluppa e si estende l’ideologia-spettacolo del consenso dello Stato.
Gli anarchici presenti a Trino Vercellese
Contro il nucleare civile e militare [volantino]
Per chi va, all’alba, a bloccare il cantiere in costruzione ci dispiace profondamente, ma pensiamo che questi blocchi siano solo propaganda pubblicitaria. Le Ditte sono state debitamente avvisate, la polizia sa che deve comportarsi bene, i giornalisti scriveranno le loro stupidaggini da bravi pennivendoli del potere, tanto più che oggi il potere è Nucleare o No?! Dopo le dichiarazioni di Martelli verrebbe da chiedersi: “Ma prima non lo sapevano che il nucleare fa male?”.
In realtà è tutta una presa in giro sulla nostra salute e persino sulla nostra vita. Chernobyl insegna. Ma, ecco che compare all’orizzonte qualche disubbidiente che non solo non rispetta le regole del gioco ed è antinuclearista davvero, ma individua alcuni obiettivi da combattere:
– L’Enel: in ogni città esiste una sede, ed è questo ente che sceglie l’energia che più gli aggrada, i loro giochi ci fanno schifo e siamo pronti ad andarli a trovare nelle loro sedi;
– I mass media: giornali, radio e Tv, cercano di addomesticarci e falsificano le notizie; ci troveranno e le andremo a trovare;
– I politici: pronti a cambiare idea ad ogni evenienza, a decidere per il “nostro bene” per i loro guadagni; non ci sono mai piaciuti.
Facciamo parte della categoria di disubbidienti ad oltranza.
Arrivederci alla prossima farsa. Ehmm... pardon, blocco!!
Gli anarchici
Ciak: si gira! [volantino]
Titolo: Manifestazione – spettacolo antinucleare.
Attori: Verdi, pacifisti, ambientalisti, militanti Pci, Psi, Lotta continua...
Trama: Vedi un po’ come ti recupero questi scalmanati antinucleari.
Morale: Lo Stato è buono e ti protegge, il capitale dopo tutto non vuole la morte di coloro che sfrutta.
Primo atto
Davanti al cantiere di una centrale nucleare in costruzione, presidiano i cancelli i summenzionati attori che pacificamente, con striscioni, manifestano la loro protesta. Le forze dell’ordine applaudono ed invitano i manifestanti ad essere un po’ meno chiassosi.
Secondo atto
Le telecamere inquadrano questi bravi ragazzi che, con gran senso di maturità, sono intenti pacificamente ad impedire ai pochi operai mandati per l’occasione di entrare. Alcuni di questi si dicono d’accordo.
Terzo atto
Panoramica della centrale, da lontano ai margini, per un attimo le telecamere inquadrano i volti scuri e incazzati dei cattivi di turno, gli antagonisti che sobillano e cercano di provocare. La polizia li tiene d’occhio. I giornalisti hanno le orecchie tappate per proteggersi dalle urla e portano robusti paraocchi per non distrarsi. Su questo collaudato cliché che esalta il ruolo delle istituzioni democratiche, l’ideologia del consenso trionfa.
Ma noi, presi dai nostri cattivi pensieri, vogliamo stravolgere il copione.
Come fare?
– Ostacoliamo l’opera di spaccio del consenso svolto da mass-media e giornalisti qui presenti;
– acutizziamo le contraddizioni fra coloro che si trovano qui in buona fede a sostenere questo ruolo, strumenti ciechi dei giochi di potere di riformisti;
– invitiamo perciò tutti ad entrare nel cantiere e a danneggiare quanto si può trovare al suo interno e alla nostra portata.
Tutto deve svolgersi secondo la nostra creatività e la voglia di opporci direttamente, rifiutando qualsiasi mediazione proposta degli zombie di turno.
Basta! Oggi facciamo da noi!
C’è più gusto nel gioco dell’imprevisto.
Gli anarchici
[Pubblicato su “Anarchismo” n. 55, dicembre 1986, pp. 6-7]
Segando appassionatamente
In quanto quadri di “professionalizzazione popolare” vorremmo rispondere alle vostre domande su come abbattere i tralicci della mafia dell’atomo.
Il modo migliore è il seguente.
Occorrono 6 seghe a mano con manici di ferro posti parallelamente alla sega (vantaggi nei confronti della fresa: più facile da trasportare, fa meno rumore, molto meno cara; svantaggi: si sega a lungo); in aggiunta occorre inoltre: 6 bottiglie di olio da 100 ml., 15 lame da sega di riserva (con una lamina di rinforzo), 2 lampade tascabili con schermatura di luce laterale, un prodotto per marcare le parti da segare, 1 fazzoletto (sul quale vengono poste le lame della sega), 1 tronco di albero di circa 2,5 m. di lunghezza per 15 cm. di diametro, calze grosse invernali da indossare sopra le scarpe, guanti.
Quale migliore ricetta, noi consigliamo:
1) Marcare tutte le parti da tagliare, segare tutte le aste inferiori di collegamento trasversale tra i quattro pilastri (allo stesso livello del taglio che verrà in seguito eseguito sui pilastri centrali).
2) Segare una figura di cuneo nei due pilastri posti nella direzione di caduta (i pilastri scelti devono essere paralleli ai cavi della corrente). Per il cuneo, segare dapprima in diagonale verso la direzione di caduta (circa 30°) verso il basso. Da un angolo di 90° dovete continuare a segare orizzontalmente. Completare il taglio, poi segare i due pilastri in orizzontale circa 15 cm. sopra il taglio obliquo. Usare la sega in due ed ognuno con le due mani (la sega deve essere solo tirata: si risparmia fatica e fa meno rumore).
3) Finito di segare i due pilastri, riporre tutti gli attrezzi utilizzati e allontanarsi di circa 150 m. sulla linea di fuga. Due o tre persone rimangono presso il traliccio. Con l’aiuto del tronco battete i cunei fuori dai pilastri. Dopo il primo cuneo non succede nulla. Caduto il secondo cuneo è giunto il momento di allontanarsi nella direzione opposta a quella di caduta (a piccoli passi, una gamba sempre in contatto del suolo). Il traliccio cade nella direzione in cui sono stati segati i pilastri.
4) Il tempo di caduta è di minimo 2 secondi. I cavi vengono tirati dai tralicci al suolo. State curvati e ben stabili, non fate movimenti bruschi. Quando il cavo viene a contatto del suolo si forma un corto circuito.
In caso di pioggia sconsigliamo l’azione in quanto la conducibilità dell’acqua la rende troppo rischiosa. Calcolate il tempo a sufficienza, non è un’azione da 5 minuti. Consideriamo quale fase pericolosa solo quella del segare i pilastri.
Operatori Rivoluzionari
[Pubblicato su “Anarchismo” n.55, dicembre 1986, pp.13-14, col titolo: “Se si fossero messi d’accordo, cosa sarebbe cambiato? Invece, segando appassionatamente”]
Nucleare mai più
Il movimento antagonista è chiamato, sul fronte della lotta contro il nucleare, a fare delle scelte di primaria importanza.
I sostenitori di una opposizione morbida, legata alle proposte di referendum [1987], cercano di portare questa lotta nell’ambito istituzionale, adottando le forme del dissenso democratico-radicale. In senso contrario si pongono gli antagonisti, i quali, molto più coerentemente, indicano nella scelta dell’opposizione dura la strada da praticare e ciò perché ritengono indispensabile che la lotta si incentri sull’attacco diretto contro gli attuali rapporti di dominio, spingendo gli sfruttati alla conflittualità permanente. È proprio su questa conflittualità, sostengono gli antagonisti, che si può rivendicare non solo un’autonomia del movimento degli sfruttati, ma anche il suo libero sviluppo in senso antistituzionale e anticapitalista in tutte le situazioni di lotta nel territorio.
Limitare il problema antinucleare alla chiusura delle centrali elettronucleari in funzione o ad impedire quelle in costruzione, significa non scalfire lo sviluppo della tecnologia dell’atomo. Infatti, la critica antinucleare si è finora per lo più limitata al dettaglio, puntando su argomentazioni superficiali come quelle che riguardano i rischi dell’uso civile dell’atomo dal punto di vista biologico ed ecologico, oppure limitandosi a criticare una scelta del genere da un punto di vista economico perché non produttiva. L’analisi sociale del problema è rimasta in ombra o è stata trattata marginalmente. È su quest’ultima che secondo noi bisogna centrare l’attenzione.
Caduto il mito positivista della neutralità della scienza e della ricerca scientifica, sì è visto chiaro il rapporto con le strutture del dominio. La scelta di un indirizzo di sviluppo anziché di un altro è da collocarsi nell’ambito della dinamica politico-sociale del prodursi e riprodursi dei rapporti dominanti. È partendo da questa constatazione che bisogna analizzare il problema della tecnologia atomica, allo scopo di comprendere le ragioni di fondo di una scelta operata dallo Stato e dal capitale nell’ambito di un ventaglio di scelte diverse che la stessa scienza metteva a disposizione.
Il movimento antagonista, per svilupparsi in una opposizione autonoma e radicale al progetto nucleare, autonoma rispetto a quella dei partiti riformisti, è chiamato a fare i conti con queste ragioni.
Oggi non basta più denunciare il ruolo di fittizia opposizione svolto dalle forze politiche istituzionali (Pci, Psi, Dp), ma occorre estendere la denuncia anche all’opposizione morbida, non direttamente inquadrabile a livello istituzionale (Verdi, leghe ambiente, pacifisti, antimilitaristi religiosi, ecc.), i quali, nelle loro proposte pratiche di lotta non pongono in alcun modo in discussione i rapporti di dominio. Al contrario, l’azione di queste forze risulta funzionale ad una riforma proprio dei rapporti di dominio perché propone una migliore gestione amministrativa attraverso la costituzione di nuovi istituti a livello locale.
L’opposizione fittizia nucleare, proponendo la chiusura delle centrali elettronucleari, tende ad eliminare le contraddizioni più evidenti attraverso la costituzione di fonti alternative di energia. Questa critica del dettaglio copre il problema più reale che resta quello degli interessi di dominio che sono alla base dell’estendersi del progetto nucleare.
I referendum, sotto questo aspetto, appaiono la proposta più evidente di circoscrivere il problema, invece di allargarlo. Chiudere la lotta all’interno del solo obiettivo della chiusura delle centrali, è un modo preciso per salvaguardare lo sviluppo della tecnologia dell’atomo e non certo per porvi definitivamente un serio ostacolo. Una volta liberata dalla contraddizione troppo evidente delle centrali elettronucleari, la ricerca nucleare potrà continuare tranquillamente il suo ruolo e anche potrà assolverne di nuovi. Le industrie produttrici di questa tecnologia di morte potranno, nel silenzio più assoluto, continuare a produrre ed esportare nei paesi in via di sviluppo del terzo mondo. Questo progetto garantirà ai paesi esportatori di tecnologia nucleare un dominio totale sui paesi acquirenti. A loro volta, i regimi di questi paesi soggetti potranno dare corso ad una industrializzazione forzata, con installazione di sistemi di sviluppo centralizzato e autoritario che non potranno non basarsi su di una logica militarista, la quale utilizzerà la stessa disponibilità nucleare come minaccia di ricatto a livello interno sulla popolazione, in vista di scongiurare possibili rivolte sociali.
A loro volta, nei paesi produttori, l’esistenza stessa della tecnologia atomica, sotto il pretesto della sicurezza, comporterà la necessità di un esercito di sorveglianti. Questo esercito, una volta resosi conto della propria importanza e del proprio ruolo, potrebbe usare se stesso come minaccia in funzione di porre un ricatto sulla popolazione, la quale in queste circostanze si troverebbe a correre il rischio di vedersi porre regimi autoritari ben peggiori di quelli attuali.
La paventata distruzione biologica ed ecologica appare, a questo punto, più un effetto che non la causa reale. Questa si deve ricercare proprio nel progetto di controllo di consenso forzato che tale tecnologia rende possibile ai governanti. Infine, tale tecnologia potrà estendere il potere della casta sacerdotale degli scienziati che così non avranno come campo d’azione i laboratori, ma la società stessa, popolazione ignara compresa.
È su queste ragioni che oggi si gioca la partita della totale autoliberazione dell’uomo o del suo totale asservimento. Ogni appello all’umanitarismo e al pacifismo, copre questo punto di partenza.
La proposta della manifestazione nazionale del 24 gennaio [1987], per i contenuti che avanza, riassume le ragioni di sviluppo del movimento antagonista. Le altre ipotesi, come quelle del referendum, sono soltanto dirette a cercare di seppellirlo.
Proposta al movimento anarchico per una manifestazione nazionale ed estesa a tutto il movimento antagonista [documento]
Sul fronte della lotta al nucleare, dai fatti di Trino Vercellese fino ai recenti fatti accaduti a Montalto di Castro, si sono ormai chiaramente delineate tutte le forme di opposizione presenti all’interno del variegato movimento antinucleare e le diverse posizioni assunte. Siamo giunti così ad un bivio cruciale: da un lato vi è lo schieramento di tutte le forze politiche riformiste che propongono e sostengono i referendum, trasferendo la lotta sul piano interno alle istituzioni che porta di fatto ad affossarla e ad integrare tale movimento, finora rimasto autonomo, dentro le logiche parlamentari (Verdi, Pci, Dp, leghe ambientaliste e pacifisti vari); dall’altro vi è il fronte degli antagonisti che, per lo sviluppo e l’allargamento dell’area sociale dell’opposizione antistituzionale sul territorio, parte dal rifiuto totale di tali proposte ed indica la necessità che tale lotta rimanga inserita all’interno di uno scontro di classe fuori dal quadro istituzionale, autonoma dai partiti e tutta basata sull’azione diretta e l’autogestione totale delle sue forme organizzative (vedi anarchici, libertari, autonomi e compagni che pur non definendosi si ritrovano concordi su questi presupposti).
Data l’urgenza delle questioni che questo problema pone a livello di intervento sociale, pensiamo che sia venuto il momento per tutto il movimento di rompere gli indugi e nel suo insieme di assumere pubblicamente una chiara posizione sulla questione.
Pensiamo che questo possa avvenire attraverso la promozione di una manifestazione nazionale da tenersi a Venezia, proprio in occasione della Conferenza Nazionale sull’Energia promossa dall’Enel e dall’Enea col patrocinio e la partecipazione diretta delle forze politiche parlamentari dal 21 al 24 gennaio 1987.
Bisogna che in tale manifestazione si affermino e si ribadiscano i seguenti contenuti:
1) Prendersi la libertà di manifestare fuori e contro le istituzioni, affinché si rompa con l’immagine terroristica data dai mass-media, che a livello informativo indicano come unica opposizione possibile quella espressa dentro il quadro istituzionale dal sistema dei partiti. Questo è un primo passo cui ci si può e si deve adoperare per contribuire a dissolvere l’enorme ricatto che oggi grava sulle iniziative sociali autonome, in conseguenza delle leggi speciali ancora in vigore. Tutto ciò perché sia reso possibile lo sviluppo di un movimento antagonista di massa, autonomo, antistituzionale e anticapitalista, che si muova fuori e contro i binari precostituiti dell’opposizione dei partiti riformisti. Riaffermando con questi inderogabili presupposti rivoluzionari la piena e totale solidarietà a tutti gli antagonisti che agiscono in autonomia con tali concetti di fondo.
2) Rivendicare la validità di tutte le pratiche di lotta sovversiva espresse nelle forme dell’azione diretta attraverso la loro totale autogestione come rifiuto operato nei confronti di qualsiasi delega e logica parlamentare. Quindi con una posizione precisa contro qualsiasi referendum proposto dalle forze politiche di opposizione riformista, affermando la validità dell’astensionismo rivoluzionario come l’unica strada da battere per un reale sviluppo antagonista della lotta antinucleare, che si esprima in forme di opposizione diretta, non solo attraverso i blocchi delle centrali, ma estendendola in tutto il territorio, per una generalizzazione di attacco globale alla tecnologia dell’atomo. Inquadrando come obiettivi da perseguire anche le fabbriche produttrici di tale tecnologia, i centri di ricerca nucleare, pubblici e privati, le sedi dell’Enel, ecc.
3) Contro il nucleare militare battersi per smantellare le basi missilistiche e tutti gli armamenti atomici presenti sul territorio nazionale, manifestando in questo la ripresa coerente di un antimilitarismo totale che parta dall’agitazione sovversiva da crearsi sul piano sociale fra tutti coloro che sono chiamati a prestare il servizio militare. Nel farlo indicare chiaramente il rifiuto di prestare anche quello sostitutivo, vale a dire il servizio civile, attraverso l’obiezione totale e la diserzione in massa. Portare l’attacco a tutti i bandi di concorso promossi dall’esercito e dalla polizia pubblica e privata con cui cercano di arruolare i proletari. Contestiamo tutte le parate militari e i convegni legati agli armamenti, invitando i proletari a disarticolare il controllo nelle caserme, attraverso atti di ribellione alla disciplina militare. Tutto questo per ribadire socialmente la nostra profonda ostilità e voglia di opporci radicalmente alla repressione e alla militarizzazione del territorio, manifestando un senso di conflittualità permanente contro tutte le strutture del dominio.
4) Parallelamente a questo dar corso ad azioni che operino forme di pressione diretta sui mass media, in modo da non permettere una criminalizzazione terroristica attuata preventivamente su quelle espressioni sovversive di opposizione che sul territorio vanno manifestandosi contro i progetti di morte sociale del capitale e dello Stato, dato che sono proprio queste pratiche informative a preparare il terreno alla repressione statale.
Dunque, il movimento anarchico e il movimento tutto devono secondo noi incominciare ad esprimere in modo concreto la propria volontà di alzare qualitativamente le ragioni dello scontro sociale, con pratiche di lotta autonome e squisitamente antistituzionali, contro l’autoritarismo, l’appiattimento e la massificazione prodotti dalla falsa opposizione espressa dai movimenti e dai partiti riformisti nel tentativo di recuperare gli antagonisti, tentativo che stanno già operando in tutte le situazioni di lotta: dal nucleare con i referendum, alle scuole col volere sovradeterminare attraverso le loro organizzazioni giovanili lo sviluppo autonomo del movimento degli studenti.
Per questi motivi, proponiamo al movimento di dare vita ad una grande Manifestazione nazionale antinucleare da tenere a Venezia il 24 gennaio 1987, giorno in cui si concluderanno i lavori della Conferenza Nazionale sull’Energia. Tale mobilitazione, se intende esprimere quei contenuti appena esposti, dovrà secondo noi incentrarsi indicativamente su queste parole d’ordine:
– No al nucleare, al militarismo e alla repressione statale.
– No ai referendum, alla delega e alle logiche parlamentari
– No alla criminalizzazione e alla repressione del movimento antagonista attuate da partiti, sindacati, mass media, magistratura, forze di polizia dello Stato
– No al controllo e alla militarizzazione sociale del territorio
– Sì all’azione diretta e all’autogestione della lotta antinucleare, per un suo reale sviluppo fuori e contro le istituzioni.
– Sì all’estendersi dell’attacco sociale contro l’energia nucleare e a tutte le strutture territoriali che contribuiscono al suo sviluppo, sia pubbliche che private, non solo quindi contro le centrali in funzione o in costruzione.
[“Nucleare mai più”, pubblicato su “Provocazione” n. 1, gennaio 1987, p. 2 a firma Delittore Gavia]
La battaglia di Montalto di Castro
Il 9 dicembre [1986] gli autonomi e gli anarchici hanno tentato una manifestazione contro la centrale elettronucleare di Montalto. Fin dall’alba si è cercato di impedire il passaggio degli operai, ma la polizia è subito partita all’attacco, caricando i compagni per tutta la campagna. Le cariche sono durate anche dopo, quando si è cercato di raggiungere gli autobus che si trovavano sull’Aurelia.
Senza alcun dubbio la strada più certa, per arrivare ad un blocco immediato delle centrali, è quella di impedire il loro funzionamento, fin da ora, con la forza. È quindi senz’altro giusta l’azione dei compagni che si sono presentati a Montalto per agire ben diversamente da come di solito fanno i verdi e gli ambientalisti, i quali si muovono sul piano di un semplice dissenso simbolico.
Di più, questa scelta di azione diretta, per quanto si muova in obiettivo limitato, che è quello del blocco delle centrali, è di per se stessa produttiva (almeno, in potenza) di possibili sviluppi della lotta, ben al di là del danno circoscritto che il progetto del potere nucleare potrebbe subire da un blocco attuato, in tempi brevi, tutto ciò che oggi è funzionante o in procinto di funzionare.
È proprio la potenziale riproducibilità e lo sviluppo in settori differenti dello scontro sociale che hanno convinto il ministro dell’interno e i suoi degni compagni a decidersi per una linea dura. Essi vogliono bloccare qualsiasi tentativo che si ponga in questa direzione, onde prevenire i positivi sviluppi (positivi a nostro avviso, s’intende) che ne possono venire fuori.
Allo stesso modo si capisce il dissociarsi dei verdi e degli ambientalisti, come pure dei pacifisti di ogni pelo. Per questa gente la scusa della violenza è stata solo un trasparente paravento dietro cui nascondere il loro vero scopo, quello di contribuire a gestire il potere politico ed economico in modo più aderente ai propri princìpi interclassisti e corporativi. Difatti, un blocco quale quello che si preannunciava a Montalto non era poi quel ciclone di violenza che i portavoce del movimento perbenista dei verdi vogliono far credere, mentre era più che evidente la diversa motivazione con cui il movimento rivoluzionario si recava sul posto, cioè di dar vita ad una azione non simbolica, del genere che sono soliti portare a buon fine i queruli militanti ambientalisti.
[Pubblicato su “Provocazione” n. 1, gennaio 1987, p. 3 a firma Gruppo Anarchico Romano]
Un dubbio su Carlo Rubbia
Il Nobel per la fisica Rubbia ha dichiarato recentemente che si possono costruire centrali nucleari “pulite” sostituendo al metodo della “fissione” quello della “fusione”.
Subito l’illustre luminare è stato smentito da appartenenti alla medesima confraternita e, a momenti, bacchettato sulle dita, perché, a quanto pare, la cosa non è vera, il pericolo ci sarebbe in quanto, in caso di incidente, anche le centrali a “fusione”, quelle che a detta di Rubbia sarebbero “pulite”, emetterebbero qualcosa che si chiama “trizio”, altamente contaminante.
Ed è qui che ci è sorto un dubbio.
A voi la scelta. Sarebbe questo Rubbia un non molto intelligente operaio dell’industria della fisica applicata, oppure è un astuto battistrada del capitale multinazionale?
Come? qualcuno potrebbe risponderci: un premio Nobel su cui si avanza il dubbio di imbecillità? A rigor di esperienza – rispondiamo – la cosa non è del tutto incredibile. Per quanto riguarda la possibilità di capire la realtà, spesso gli specialisti sono fra la gente più stupida che ci sia, e ciò anche perché sono persi fra i loro problemi di settore, oltre al fatto che non ricevono – né si danno pena di procurarsi – un’adeguata preparazione intellettuale. Spesso questi scienziati (parola grossa e, ormai, quasi priva di significato), sono grossolani ignoranti con una altissima specializzazione in un singolo settore dello scibile. In una materia come la fisica applicata o teorica, la matematica, la medicina, e simili, la cosa non è del tutto impossibile.
C’è poi l’altra eventualità. Questo faccione pacioso, nasconde forse l’arte diabolica di preparare la strada al potere di domani? Potrebbe anche essere. Ed allora saremo davanti al caso – invero non numeroso – di scienziato capace di collaborare attivamente alla gestione del potere, di partecipare alle sue decisioni, di programmare (almeno in parte) le strategie; insomma, qualcosa di diverso dall’operaio intellettuale che è oggi la figura più comune nel mondo di coloro che impropriamente continuiamo a pensare come “uomini di scienza”.
Comunque stiano le cose, al di là del dilemma, un nostro nemico.
[Pubblicato su “Provocazione” n. 1, gennaio 1987, p. 8]
Manifestazione antinucleare
Il 31 gennaio [1987] si è tenuta a Roma un’assemblea di tutti i compagni interessati alla realizzazione di una manifestazione nazionale antinucleare da tenersi in concomitanza con l’ultimo giorno della conferenza nazionale sull’energia che dovrebbe svolgersi a Roma dal 24 al 27 febbraio prossimo.
Ancora una volta il movimento ha confermato la sua adesione ai contenuti espressi nella proposta fatta circolare nel corso di assemblee pubbliche in diverse città, come pure pubblicata su diversi giornali anarchici. Questa proposta è stata presentata la prima volta in occasione di un’assemblea tenutasi il 17 dicembre [1986] alla facoltà di Scienze politiche dell’Università Statale di Milano e poi, in seguito, discussa e approvata al convegno anarchico antinucleare di Bologna dell’11 gennaio e all’assemblea antinucleare di Dolo del 17 gennaio.
Il testo del manifesto approvato al convegno di Bologna era il seguente:
“Manifestazione nazionale antinucleare a Roma
“Contro la farsa della Conferenza Nazionale dell’Energia promossa dall’Enel, dall’Enea e dal Governo, ribadiamo la nostra posizione antistituzionale.
“No al nucleare, al militarismo, alla repressione e all’inquinamento sociale.
“No ai referendum e alla delega.
“Sì all’azione diretta e all’autogestione delle lotte.
“Sì all’estensione dell’iniziativa antinucleare in tutto il territorio sociale.
“Convegno nazionale anarchico”
A conclusione del dibattito tenutosi nel corso dell’assemblea del 31 gennaio a Roma è stata approvata la seguente mozione:
“I gruppi e i compagni presenti all’assemblea nazionale tenutasi a Roma il 31 gennaio 1987, si dichiarano d’accordo (ad eccezione dei gruppi Malatesta e CDA di Roma) a fare la manifestazione antinucleare nazionale con relativo comizio da tenersi il 27 febbraio 1987, ultimo giorno della Conferenza Nazionale sull’Energia.
“Si dichiarano anche d’accordo sui contenuti espressi nel documento presentato nelle assemblee locali e poi anche al Convegno nazionale anarchico antinucleare di Bologna.
“Da questo momento tali gruppi si impegnano a proseguire a livello nazionale nell’intervento in preparazione alla manifestazione e promuovendo assemblee e manifestazioni locali nelle scuole, centri sociali, posti di lavoro, ecc., sempre con i contenuti sopra detti, dando corso anche ad occupazioni e altre forme di lotta contro le strutture coinvolte con il nucleare presenti nel territorio.
“I gruppi e compagni anarchici presenti all’assemblea di Roma del 31 gennaio 1987”
[Pubblicato su “Provocazione” n. 2, febbraio 1987, p. 1]
Una manifestazione diversa
Per tutti i compagni antagonisti il 27 febbraio [1987] è stato un giorno di lotta ricco di iniziative antinucleari, da Montalto di Castro, dove il “Coordinamento nazionale antinucleare antimperialista” ha organizzato il blocco della centrale, il corteo e poi l’assemblea con gli operai e la popolazione locale; fino a Roma, dove nel pomeriggio si è svolta una manifestazione nazionale antinucleare, promossa da alcune componenti anarchiche. Ad essa, oltre agli anarchici, hanno partecipato molti compagni dell’autonomia.
Vogliamo soffermarci sul carattere della manifestazione, non perché riteniamo meno importanti le altre iniziative, ma perché essa rivestiva un carattere particolare rispetto alle solite.
Si è incentrata, infatti, su precisi contenuti sostenuti dall’area dell’antagonismo sociale, tesi a ribadire la nostra scelta antistituzionale (opposizione al referendum), a radicalizzare lo scontro di classe e ad allargare il fronte della lotta al nucleare sullo sviluppo quantitativo di obiettivi sul territorio.
Un altro aspetto positivo è stato quello di vedere dopo tanto tempo le componenti antagoniste scendere in piazza, a Roma, autonomamente.
Pensiamo che non si possa valutare il suo risultato dal numero delle presenze (duemila compagni circa), ma dalla qualità dei contenuti discriminanti espressi.
Ecco perché riteniamo che una simile iniziativa possa costituire un buon inizio, non solo per noi, ma per tutti coloro che intendono lottare fuori e contro le istituzioni e attaccare lo spettacolo totalitario della democrazia, che cerca ovunque di catturare la ricchezza della vita mostrando un’immagine terroristica di un potere sempre più inarrestabile.
La nostra opposizione l’abbiamo anche dichiarata contro chi, con i suoi metodi di lotta, l’appoggia (ambientalisti, pacifisti, ecc.) e in accordo con i partiti (come il Psi e Dp) si muove senza eccessivi rischi dentro gli spazi consentiti dall’arroganza del dominio, che gli permette di recitare tranquillamente la sua innocua opposizione di servizio.
La manifestazione ha inteso così denunciare coloro che vogliono ridurre a sceneggiata istituzionale la lotta antinucleare.
Inoltre è necessario considerare che i fautori della pacificazione poggiano anche e soprattutto sulle paure e le ansie di chi ama “attendere”, e spesso preferisce non affrontare certi rischi che la lotta può comportare, subordinando la qualità dei contenuti al problema quantitativo degli eventuali partecipanti alle iniziative. Dopo tutto ci si lascia ancora affascinare dalle inutili sfilate oceaniche indette dai partiti e dai sindacati. Succede anche che talvolta alcuni compagni preferiscano non aderire ad iniziative del genere, per timore che vi possano accadere fatti del tutto imprevisti. Questa forma di autocontrollo dovuta alla paura che certe situazioni possano sfuggire di mano, risulta un serio ostacolo allo sviluppo del movimento antagonista.
Ai compagni tocca ora sviluppare delle valutazioni critiche su questi limiti, gli stessi che hanno impedito una partecipazione e un’adesione più ampie ai contenuti di tale manifestazione, da parte di alcune componenti anarchiche.
È indubbio che nel nostro movimento non sono più molti a sostenere coerentemente, nei fatti, al di là delle parole e delle polemiche, le ragioni di una lotta senza mediazioni contro le istituzioni. Sta a noi giungere a svilupparla con i nostri mezzi, non avendo timore di riconoscerci per quel che siamo: una minoranza rivoluzionaria che ha il compito di portare avanti forme di lotta sociale diretta per lo sviluppo qualitativo di un movimento autogestionario, pur coscienti della nostra attuale scarsità di mezzi e di compagni determinati.
In questo senso apriamo il dibattito, ma sempre orientato verso l’azione e la concretizzazione di obiettivi in grado di attaccare realmente le strutture del dominio.
Comitato anarchico di controinformazione sociale, Milano
Due interventi a “Radio Onda Rossa”
La manifestazione nazionale antinucleare tenuta a Roma il 27 febbraio [1987], avrebbe dovuto concludersi in piazza Ss. Apostoli con un comizio pubblico, i cui relatori erano Alfredo M. Bonanno e Andrea Ferrari, con l’apertura del dibattito ed eventuali altri interventi dei compagni anarchici ed autonomi presenti.
A causa della rottura del microfono, il comizio è saltato, così abbiamo dovuto ripiegare su una trasmissione radiofonica a Radio Onda Rossa, che si è dichiarata disponibile.
Riportiamo integralmente in queste pagine solo l’intervento di Alfredo M. Bonanno, redattore di “Anarchismo” e di “Provocazione”.
La manifestazione di oggi era stata organizzata in concomitanza con l’ultimo giorno della Conferenza Nazionale sull’Energia. Di questa conferenza fantasma, dei suoi risultati e della storia di quanto è accaduto non è il caso di parlare. È comunque abbastanza semplice capire gli scopi di questa messa in scena, che si possono riassumere nel tentativo, di una parte del potere, di legittimare le scelte nucleari.
Nello stesso tempo, questo progetto di legittimazione ha presentato delle crepe. All’interno stesso della conferenza, dai discorsi che sono stati fatti, sono emersi: da un lato, la chiusura mentale, l’incapacità ad adeguarsi di una parte degli interessi del capitale (rappresentata dai tre personaggi che rappresentano le tre grandi organizzazioni statali che trattano il tema della tecnologia in generale) e dall’altro, i tentativi, più o meno appariscenti e folcloristici, di legittimare, in un modo “diverso”, la medesima scelta. Abbiamo avuto quindi: da un lato, una parte del capitale che intende impostare la propria ristrutturazione sulle scelte nucleari e, dall’altro, una vasta congerie di personaggi, di movimenti, ecc. (Verdi, ecologisti, antinuclearisti di un certo tipo) che sostiene un differente adeguamento del capitale, cioè un perfezionamento, una migliore capacità di sfruttamento del capitale, se si vuole un modo meno pericoloso che possa dare una più ampia possibilità di recupero e di consenso.
Quindi, una prima funzione di questo movimento, che si contrappone alle tesi biecamente e massicciamente nucleariste (la funzione degli ecologisti, dei Verdi, degli ambientalisti), è data da una grossa funzione di sostegno, la qual cosa è emersa oggettivamente nella Conferenza. Nello stesso tempo, questo sostegno ha la necessità di darsi una legittimazione ancora più ampia, cioè una partecipazione della gente, e questo è stato fatto ricorrendo allo strumento dei referendum, i quali non impediscono la costruzione delle centrali nucleari in corso di realizzazione o di già funzionanti, ma semplicemente legittimano una scelta diversa, in pratica quella sostenuta dalla parte più avanzata e più intelligente della ristrutturazione del capitale. Questo altro aspetto, emerso nella Conferenza, – e nel corso della nostra manifestazione l’abbiamo gridato apertamente e ne abbiamo parlato nel corso delle assemblee precedenti un po’ in tutta l’Italia – ci portava a contrastare la scelta dei referendum. Noi anarchici siamo contrari alla delega e siamo quindi contrari ad ogni forma di lotta che sia “indiretta”, ma, nel caso specifico, non è solo per ciò, perché questa volta la scelta dei referendum risulta veramente funzionale ad una ristrutturazione “dolce”, ad una ristrutturazione basata su scelte più intelligenti.
Resta da parlare – in merito a quanto accaduto nella conferenza – di un altro aspetto. Da parte dei Verdi, degli ecologisti, degli ambientalisti, si è battuto molto il tasto della paura, del rischio. Un discorso che anche noi abbiamo fatto in occasione della lotta a Comiso, dove abbiamo più volte fatto notare la pericolosità del nucleare. Le centrali e le basi nucleari sono oggettivamente strutture pericolose. Si è visto il caso Chernobyl, quando in pochi giorni milioni di persone si sono rese conto della pericolosità di queste strutture. Comunque, battere eccessivamente sul tasto della paura è uno degli elementi che confortano la tesi della ristrutturazione “dolce”, in quanto, a parte le imbecillità recentemente espresse da Pannella, e non sappiamo per quale motivo da saltimbanco le abbia tirate fuori, il concetto di paura riconforta la tesi di una scelta apparentemente intelligente: quella di un nucleare “sicuro”, di un nucleare che corrisponda alle possibilità che il capitale possa dare a se stesso una struttura migliore, più organizzata, più razionale.
Bisogna adesso dire qualcosa sulla funzione dell’attacco che il movimento antagonista può condurre contro questa realtà del nucleare.
Il movimento anarchico si è da sempre dichiarato contro le scelte nucleari. Ma cosa vuol dire “dichiararsi contro”? Ci sono tanti modi. C’è un modo che consideriamo simbolico il quale consiste nel fare delle belle dichiarazioni che sono anche simpatiche che poi passano nei libri di storia, ma che non incidono sulla realtà dei rapporti di forza nei riguardi della controparte. Queste scelte simboliche sono anche quelle che grosso modo vengono seguite dal movimento ecologista, verde, ambientalista e così via. Come si è detto prima, esse sostengono e rafforzano la razionalizzazione della struttura produttiva.
Esistono invece altre scelte che possiamo riassumere nella scelta dell’attacco. Si tratta di un modo di contrapporsi radicalmente al nucleare. Questa contrapposizione radicale è applicata oggi in diverse occasioni. Ad esempio, con i blocchi a Montalto. La scelta dei blocchi è certamente una soluzione di tipo radicale. Non che possa ovviamente distruggere o togliere alla radice il problema nucleare, però si pone in un’ottica metodologica di azione diretta che gli anarchici sottoscrivono da sempre, basta ricordare la lotta contro la costruzione della base missilistica a Comiso e il fatto, più recente, dell’intervento a Trino Vercellese, dove si sono distrutte le strutture in corso di costruzione.
La scelta dei blocchi mi sembra abbia però un errore di prospettiva, non tanto di metodo, che si può riassumere nel fatto di scegliere obiettivi che hanno una consistenza notevole. Ad esempio, Montalto è un obiettivo non solo significativo qualitativamente, ma anche un obiettivo leggibile facilmente. E ciò che sembrerebbe essere la cosa che facilita l’intervento, in un certo senso ne segna il limite. Perché se è tanto grosso l’obiettivo e se una eventuale conseguenza di attacco radicale contro questo obiettivo determinerebbe fatti gravi, si ha una conseguente notevole capacità di difesa da parte degli organi statali. Allora, secondo me, l’obiettivo va decentrato, va cercato altrove. Non che gli obiettivi del tipo Montalto siano invalidati, restano validi, però penso che sia importante approfondire alcune potenzialità che il movimento antagonista nel suo insieme possiede e che sembrano non sfruttate al meglio.
Gli obiettivi macroscopicamente visibili, come Montalto, la base di Comiso, ecc., sono a loro volta legati con tutta una serie di obiettivi di tipo “produttivo” che sono funzionali all’esistenza e al futuro o all’attuale funzionamento di quegli obiettivi più visibili. Gli obiettivi di questo secondo tipo, ad esempio l’Ansaldo, ecc., sono anch’essi abbastanza grossi, ma anche essi si possono decentralizzare in altri obiettivi sempre più piccoli che sono, a loro volta, unità produttive che servono per il funzionamento degli obiettivi più grossi. Ecco che da queste grandi e macroscopiche realizzazioni del capitale, da queste cattedrali che “significano” oggettivamente la capacità produttiva del capitale, ma che nello stesso tempo “significano” per noi la possibilità di essere capiti subito dalla gente, si passa ad un’altra realtà, più polverizzata, più decentrata nel territorio. Una miriade di possibili obiettivi. Ad esempio, se l’Enel ha in determinati posti i suoi centri di ricerca, le sue cattedrali produttive, nello stesso tempo la stessa struttura di cui stiamo parlando ha sul territorio decine, centinaia, forse anche migliaia di piccoli obiettivi che possono essere raggiunti e disturbati dall’attacco antagonista.
Cosa vogliamo dire con ciò? Non stiamo sconvolgendo il progetto del movimento antagonista che intende attaccare i grossi obiettivi, stiamo dicendo che è possibile, in un modo forse più facile, e principalmente in un modo più facilmente riproducibile, attaccare obiettivi più polverizzati nel territorio.
Non è questo un discorso che possiamo comunque approfondire nel dettaglio, in quanto sarebbe fuor di luogo farlo, perché non vogliamo entrare nella testa dei compagni che sanno come noi e meglio di noi, e certamente più estesamente di noi, cosa fare nelle varie realtà, ma dobbiamo inserire questo discorso in un progetto più ampio.
Il movimento antagonista si deve fare carico, a nostro avviso – e noi anarchici lo facciamo tutti i giorni – non soltanto nella fase dell’attacco minoritario specifico, in quanto realtà separata da una struttura di massa, ma si deve principalmente fare carico di tre cose. La prima cosa di cui si deve fare carico è l’informazione riguardo la realtà della struttura produttiva. La seconda è – come abbiamo visto – l’attacco diretto contro le realtà produttive della tecnologia di morte, specialmente quelle polverizzate nel territorio. La terza è data dalla ricerca della possibilità di coinvolgimento della gente, sia nella fase dell’attacco, sia nella fase della gestione dell’informazione. Quindi, fare circolare informazioni di cui si è in possesso, spiegare come stanno le cose, realizzare gli attacchi singoli, anche specifici, con l’insieme del movimento antagonista e cercare infine di far partecipare la gente.
Sulle possibilità, da parte del movimento specifico e del movimento anarchico in particolare, di essere in grado di mobilitare la gente (e su questo termine, così equivoco, ci sarebbe un gran discorso da fare) c’è da dire qualcosa riguardo al grosso ostacolo derivante dal fatto che gli obiettivi contro cui vogliamo realizzare un attacco, sono obiettivi produttivi, all’interno dei quali si realizza il fenomeno capitalista della produzione, il quale fenomeno è legato al salariato, alla realtà dei lavoratori, per cui si finisce per andare contro una situazione non facilmente comprensibile. Si finisce per scontrarsi con il mondo del lavoro, per combattere una realtà produttiva che dà lavoro alla gente. Posto sul tappeto in questi termini il problema sembra una montagna assolutamente insuperabile. Riflettendo con i compagni e parlando con la gente si scopre poi che esiste non tanto una via di uscita da questo problema, ma una soluzione da trovarsi nelle stesse condizioni del capitale. Ad esempio non è possibile andare davanti una fabbrica di armi, poniamo dove fabbricano la Beretta, e dire ai lavoratori che quelle armi vengono vendute agli agenti della Cia, in quanto quei lavoratori rispondono “ma allora cosa facciamo, come mangiamo?”. In effetti però, in questi ultimi anni, si sta verificando un processo di disintegrazione della classe operaia che sta strappando migliaia, decine di migliaia di persone dalla precedente situazione di salarizzazione, dalla precedente situazione di garanzia contro le evenienze di una vita incerta. E questo è un processo che si svilupperà sempre di più.
Il movimento antagonista deve andare incontro a queste fasce che stanno per essere separate, che saranno sempre più allontanate radicalmente dalle realtà produttive. E quindi il coinvolgimento nella lotta contro gli obiettivi di morte, contro gli obiettivi nucleari, il coinvolgimento più facilmente realizzabile che noi vediamo è quello relativo a questa fascia che sta per essere staccata, la quale è notevolissima e a poco a che vedere con la profonda e legittima maturazione ideologica del movimento antagonista e del movimento specifico. Sono due cose diverse. Dobbiamo capire questa differenza, perché se pretendiamo, come spesso facciamo (dobbiamo ammettere questo tipo di errore), che la gente prima di venire a lottare con noi diventi anarchica, per fare la lotta così come esattamente la facciamo noi, noi la lotta la faremo sempre attraverso il movimento specifico.
Quindi, coinvolgimento della gente in una realtà che sta profondamente cambiando.
[Pubblicato su “Provocazione” n. 3, marzo 1987, p. 1]
Notizie in breve 1987
Tranciato un traliccio dell’Enel a Lamezia Terme
L’8 marzo scorso a Lamezia Terme, in territorio di Ferroleto Antico, è stato segato un traliccio dell’Enel dell’alta tensione determinando l’interruzione delle forniture elettriche per diverso tempo.
L’attacco è stato rivendicato dai “Rivoluzionari antinucleari” con il seguente comunicato:
“Contro la costruzione delle centrali nucleari e a carbone.
“Per lo smantellamento di tutti gli impianti esistenti ad uso civile e militare.
“Il giorno 8 marzo abbiamo tranciato un traliccio dell’alta tensione nelle vicinanze di Lamezia Terme (CZ). Intendiamo così colpire la famigerata banda Enel realizzatrice in Italia e all’estero del progetto atomico. Noi non deleghiamo a nessuno la nostra libertà di decidere sulla vita e vogliamo distruggere l’esistente che ci hanno organizzato. La miseria del lavoro salariato, la morte nucleare, la sempre più crescente militarizzazione del territorio e della stessa società sono quel carcere diffuso che si chiama Stato Democratiko.
“L’incubo nucleare è un poliziotto efficace per terrorizzare la popolazione, creando quello stato di impotenza e di delega, per continuare a governare. Ci è chiara la complicità politica di chi a parole e con giochetti di potere, dolci illusioni referendarie come sempre, cerca di far morire la lotta antinucleare affossandola su un terreno istituzionale da noi rifiutato.
“La farsa della Conferenza Nazionale sull’Energia, indetta dall’Enel, dall’Enea e dal Governo, manifesta la chiara volontà di volere fare apparire una scelta presa già da tempo come qualcosa da rimettere in discussione in Parlamento.
“Estendiamo il sabotaggio in tutto il territorio colpendo le strutture di chi realizza simili progetti di morte.
“Rivoluzionari antinucleare”
Pasquasia: un traliccio distrutto [aprile 1987]
Nei pressi della miniera di Pasquisia è stato segato un traliccio dell’Enel per attaccare gli interessi di coloro che insistono nel cercare di destinare questa miniera a futuro deposito di scorie radioattive. Riportiamo il testo di un documento che è stato pubblicato dai giornali e che è stato fatto pervenire alla redazione di Caltanissetta del “Giornale di Sicilia”.
“Abbiamo distrutto un traliccio della linea di alta tensione che porta energia elettrica (sprecata) alla mastodontica miniera di Pasquisia, sin dalla sua origine luogo di assassinio di proletari (cosiddetti incidenti sul lavoro) e tempio dello storico sfruttamento padronal-capitalistico-mafioso. È logico che oggi diventasse luogo di sterminio totale essendosi trasformato in pattumiera micidiale delle scorie radioattive del nucleare italico ed estero. Ecco il progresso per la Sicilia!
“Svuotano questa terra dei propri figli, delle risorse, della sua identità e la riempiono poi di morte e distruzione. Vedi le basi militari nostrane americane, centrali a carbone e nucleari ed altri stabilimenti altamente nocivi. Noi non siamo più disposti a farci prendere per il culo! Partiti, istituzioni, sette religiose, culturali e ambientalistiche hanno il compito-ruolo di arginare e dissipare le giusta rabbia-paura, capacità di autodeterminare la salvaguardia della nostra vita, il nostro presente e futuro. In buona o malafede, sono una parte importante della gigantesca macchina repressiva controrivoluzionaria. Macchina, questa, che deve evitare evasioni da questo carcere generalizzato che sono gli schemi cotti e precotti e coatti della legalità e costituzionalità, elementi questi indispensabili per la sopravvivenza del capitalismo-imperialismo e del suo Stato. Che sono da sempre, e se possibile sempre di più, criminali, assassini, guerrafondai e genocidi.
“L’ultima tappa di questa folle corsa verso l’arricchimento perpetuo e il dominio globale, fatto passare impudicamente per progresso, società civile ecc., è la distruzione totale in atto del nostro pianeta. Come sempre, e se possibile sempre di meno, parlare, scrivere, ballare, sfilare, cantare non basta per fermare questa follia e liberarsi della sua efferata oppressione. Il pacifismo poi è solo un aguzzino, anche se dei più intelligenti lungo questo recinto per uomini, bambini e donne da macello! Noi sosteniamo: possiamo e dobbiamo prendere nelle nostre mani il nostro destino, autorganizzarci. Sabotare, attaccare, insorgere. Unione combattenti contro il nucleare”.
Sempre i giornali hanno riportato poi il fatto che nei pressi del traliccio segato sono state trovate delle scritte con le parole: “Sabotare, attaccare, insorgere”.
Sabotato un traliccio
Riportiamo di seguito il testo di un volantino pervenutoci [ottobre 1987] che rivendica l’attacco contro un traliccio dell’alta tensione in Calabria: “Abbiamo sabotato un traliccio dell’alta tensione sopra Crotone, dove industrie sfornano nubi tossiche, inquinamento, sfruttamento, prodotti inutili quanto velenosi.
“La mafia del capitale e i suoi Stati sta mettendo in atto l’assoluta distruzione della vita sulla terra! Complici sono i politici, partiti, sindacati, ‘acculturati’ e ‘scienziati’. Complice coatto del proprio sterminio è il popolo corrotto ed assoggettato dai miti del ‘benessere’, della ‘comodità’, ‘civiltà’, ‘progresso’. Noi combattiamo per liberarci di questa imminente prospettiva. Ciò può seriamente avviarsi solo dopo l’eliminazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo sull’ambiente.
“Perciò attacchiamo con il sabotaggio, col rifiuto del consumismo e dello spreco, e diciamo: fermare subito e del tutto ogni tipo di produzione industriale e di carburazione (traffico, riscaldamento, industria) che sia anche solo minimamente inquinante, e tutti gli altri processi di saccheggio dell’ambiente stupidi e suicidi.
“No alla guerra imperialista
“No al nucleare
“No a Gioia Tauro
“Chi fa da sé... fa par tre”.
Contro Montalto di Castro
Alla fine del mese di luglio [1987] è stato attaccato, durante il suo percorso verso la centrale nucleare di Montalto di Castro, un convoglio speciale che trasportava un motore destinato all’impianto di raffreddamento della centrale.
Il convoglio si è dovuto fermare in un parcheggio durante la notte, in seguito all’entrata in vigore di un blocco alla circolazione dei mezzi pesanti e dei trasporti eccezionali.
Il motore, del valore di oltre 3 miliardi di lire, è stato incendiato da sconosciuti con benzina, ma, secondo alcuni, ha subito danni soltanto al sistema elettrico, mentre danni più gravi sono stati causati al rimorchio speciale sul quale si trovava.
Dall’azione hanno preso le distanze immediatamente tutte le associazioni ambientaliste che hanno definito l’attacco, “un atto del tutto estraneo alla storia e ai metodi del movimento antinucleare italiano”. Lo stesso hanno fatto i verdi, dicendo che “il nucleare si può fermare solo con azioni rigorosamente non violente e con un’ampia possibilità di dibattito e di discussione”.
Tralicci abbattuti
I piloni di un traliccio dell’alta tensione dell’Enel, in Agro di Santa Caterina Jonio (CZ), sono stati segati alla base, la notte del 12 luglio [1987]. Dopo aver segato il traliccio, i simpatici ignoti lo hanno abbattuto con la messa fuori servizio della linea di un elettrodotto di 150 mila volt.
Stessa sorte è toccata ad un altro traliccio dell’Enel nell’aria del PEC del Brasimone, la cui chiusura è uno degli obiettivi della lotta antinucleare condotta dal movimento antagonista. Il traliccio, che alimenta il reattore nucleare PEC, è stato sabotato il 9 settembre da ignoti, i quali, dopo averne segato la base, hanno lasciato sul posto un volantino in cui si legge: “No alle centrali nucleari e a carbone, no alla guerra, no ai padroni dell’energia”.
Due esempi di azione diretta contro il nucleare.
Danneggiato un traliccio
Il 15 ottobre [1987], nella località di montagna “Noce” del comune di Santa Severina in provincia di Catanzaro, è stato segato in parte un traliccio dell’ente di una potenza di 150 mila kilowatt.
Alla base del traliccio, i carabinieri hanno trovato anche un timer ed alcuni volantini, forse di rivendicazione, che gli ignoti sabotatori hanno lasciato sul posto.
[“Tranciato un traliccio dell’Enel a Lamezia Terme”, pubblicato su “Provocazione” n. 2, marzo 1987, p. 8. “Pasquasia: un traliccio distrutto (aprile 1987)”, pubblicato su “Provocazione” n. 4, aprile 1987, p. 7. “Sabotato un traliccio”, pubblicato su “Provocazione” n. 7, settembre 1987, p. 1. “Contro Montalto di Castro”, pubblicato su “Provocazione” n. 7, settembre 1987, p. 3. “Tralicci abbattuti”, pubblicato su “Provocazione” n. 8, ottobre 1987, p. 7. “Danneggiato un traliccio”, pubblicato su “Provocazione” n. 9, novembre 1987, p. 10]
Perché siamo contro i referendum
Si profila davanti a noi alla stretta finale del battage pubblicitario sui referendum [1987]. Anche in questo caso ci pare opportuno precisare alcune cose, non tanto perché pensiamo di contribuire, in un modo o nell’altro, a spostare l’ago della bilancia, verso i sì o verso i no, quanto perché questo genere di occasioni si prestano ad ingigantire confusioni ed errori anche fra i compagni.
Cominciamo da lontano.
Noi siamo contro questi referendum. Non solo contro questi – ridicoli e mal connessi come sono – ma anche contro lo strumento referendario e i motivi sono gli stessi di quelli che ci hanno da sempre spinti ad essere contrari alle consultazioni elettorali e quant’altro viene prodotto e gestito dal ciarpame statale.
Siamo contrari perché i referendum non sono “espressioni della volontà popolare” e, quand’anche questo meraviglioso fiore riuscisse a sbocciare all’ombra mefitica dello Stato, esso si potrebbe esprime “solo” sugli argomenti e nei limiti fissati dallo Stato stesso o dai promotori dei referendum che, come si sa, non sono certo tutto il popolo. L’imbroglio della democrazia diretta è tutto qui. La consultazione del popolo è un alibi per salvaguardare gli interessi della classe dominante. Le moderne democrazie hanno inventato un totalitarismo che ha fatto diventare complici del loro gioco le grandi masse, ignare o coscienti della propria depravazione che queste siano.
Tanto per non sembrare troppo astratti, prendiamo questi due gruppi di referendum. Il primo, quello sulla giustizia, che poi sarebbe solo uno, quello significativo, intenderebbe abrogare una legge fatta a suo tempo a tutela della responsabilità del giudice. Ma non è che in questo modo saremmo tutti garantiti da soprusi ed “emergenze” varie. Il Parlamento ci mette poco a fare un’altra legge che rimetta le cose a posto, in altra forma ma con uguale sostanza. Se non fosse così come potrebbero trovare individui disposti a fare giudici? Potrebbero veramente chiudere col sistema giudiziario nel suo insieme. Quello è un mestiere che può essere fatto solo ed esclusivamente con un margine vastissimo di discrezionalità e di immunità, altrimenti diventa ineseguibile. Certo, sarebbe sempre meglio che esistessero maggiori ostacoli a questa immunità, perché ciò lascerebbe più alti spazi alla nostra stessa azione rivoluzionaria che, in un modo o nell’altro, incrocia spesso con queste tristi figure, ma non saremo noi a sollecitare o a concorrere alla creazione di questi spazi con una semplice firma o con un frego su di un foglio di carta. Questi spazi, per il nostro modo di vedere, o sono dati dal potere per motivi interni dettati dalle sue contraddizioni (dopo tutto non è più esistente – se mai è esistito – un potere assoluto), o sono imposti dalla lotta. A noi interessa esclusivamente questo secondo aspetto. Il primo, se c’è lo pigliamo, se non c’è non ci riguarda.
E veniamo al secondo gruppo sul nucleare. Di già il fatto che quasi tutti siano concordi per il sì, dovrebbe lasciarci di stucco. Anche la Democrazia cristiana. Sì, anche questo partito che propone solo l’eccezione dell’intervento dell’Enel all’estero nel campo nucleare. Anche qui non sono le contraddizioni evidenti all’interno del palazzo (pensate alle capriole fatte dal Psi) che ci interessano. Certo, se si fermasse o si smantellasse il nucleare sarebbe una cosa positiva perché si ridurrebbero gli effetti nocivi di una situazione che improvvisamente potrebbe precipitare con danni enormi. Chernobyl docet. Ma questa Chernobyl potrebbe anche insegnarci altre cose, non ultima la capacità del potere di gestire fatti di questa portata a proprio beneficio. La sua grande possibilità di recupero. L’ingenuità persistente (o l’occhiuto interesse) delle masse. Per noi il fatto resta “altro”.
Quindi, per questi motivi, siamo contro i referendum. Siamo contro perché siamo “altrove”. I nostri interessi sono di natura completamente antitetica a quelli che vengono dibattuti dai politici di ogni colore. Non siamo nemmeno come alcuni antagonisti che davanti a queste scadenze non sanno mai cosa fare. Cadono sempre, o sono sempre sul punto di cadere, negli equivoci apprestati dal potere. Magari sono d’accordo ad essere contro le elezioni (anche di qualsiasi tipo), ma poi davanti ai referendum, istituto di “democrazia diretta”, cadono come allocchi. Anche alcuni anarchici hanno avuto in passato, e forse avranno anche ora, titubanze di questo tipo.
I motivi sono di due generi.
Il primo, viene fuori dall’illusione che la proposta referendaria può aiutare la lotta che si conduce, contribuendo ad allargare, fra la gente, una coscienza antistatale e anticapitalista. Si pensa (a nostro modo di vedere a torto): se passa un referendum contro il nucleare la gente si misurerà su questo argomento e quindi crescerà la coscienza antinucleare. Da qui potremo partire per allargare il nostro intervento di lotta e saremo capiti da un maggior numero di persone. Si tratta dello stesso errore che si commette pensando ad un possibile uso “a nostro favore” dei grandi mezzi di informazione che potrebbero, a detta di qualcuno, diventare veicoli per far conoscere le nostre azioni e le nostre idee. Pietosa ingenuità o interessata corbelleria. Lo Stato ha, come tutti, delle contraddizioni e, di tanto in tanto, queste emergono, ma il recupero che lo stesso meccanismo democratico consente è ormai di tale perfezione che non sono più necessari i periodici bagni di sangue e le orrende persecuzioni (colpi di Stato, dittature militari, squadroni della morte, ecc.) che in altri tempi erano il solo strumento di recupero. Ecco, il referendum è un ottimo strumento di recupero. Se la gente “partecipa” accetta meglio, si convince e diventa sostenitrice di quello che altrimenti verrebbe vissuto come un’imposizione dall’alto.
Il secondo tipo di titubanze viene fuori dalla paura di restare “fuori” dalla comprensibilità della gente. Ma, come molti si chiedono, siamo per l’azione diretta e poi, quando si fanno i referendum, che sono, se non altro nell’idea della gente, uno strumento di democrazia diretta, restiamo fuori? Non risultiamo stratosferici? Può la gente capire veramente i nostri motivi? Non ci prenderà per astratti sognatori di qualcosa che quando poi si comincia a profilare vicina non ci sta più bene? Ecco, questa è una paura che non dovrebbe toccarci. Se dovessimo seguire la linea del “senso comune”, se dovessimo ascoltare tutto quello che la gente dice, non saremmo rivoluzionari, non lo saremmo mai più, per tutta la nostra vita. Noi siamo, saremo sempre, lontanissimi dal modo di pensare comune della gente, il quale modo di pensare è un impasto spaventoso di reazione e qualunquismo. Non è lì la forza dirompente dell’autorganizzazione e della creatività del popolo. Questa forza sta al di sotto, all’insaputa di quella stessa persona che sull’autobus parlando del problema degli scippi, improvvisamente prorompe affermando la necessità della pena di morte. Al momento opportuno, quando le strutture istituzionali dovessero avere profonde incertezze quel qualunquismo di maniera, superficiale e dettato dalla profonda certezza che bene o male le cose funzionano, scomparirà per lasciare emergere la spinta sovversiva e rivoluzionaria verso le forme sociali di più libero accordo. In questa prospettiva soltanto si collocano le nostre speranze, ma sono solo, anche il nostro lavoro. Senza avere paura di sembrare lontani e distaccati da una realtà media che è squallidamente conformista e perfettamente adeguata, in larga parte, ai valori costruiti dal potere.
[Pubblicato su “Provocazione” n. 8, ottobre 1987, pp. 1-2 a firma Alfredo M. Bonanno]
Il sabotaggio sociale non è mai terrorismo
“Il manifesto” è evidentemente preoccupato (alla stregua di altri quotidiani quali il “Corriere della Sera” e la “Repubblica”) dell’estendersi di forme di sabotaggio antinucleare che, radicalizzando lo scontro sociale, non permettono alcuna strumentalizzazione di tale lotta e bruciano ogni possibile gioco di potere da consumare sul piano istituzionale da quelle forze riformiste di sinistra che costituiscono lo schieramento dell’opposizione fittizia al nucleare (Dp, verdi, Pci, Psi).
Come si sa il governo Goria prima di dimettersi ha approvato il proseguimento dei lavori della centrale nucleare di Montalto di Castro, suscitando la reazione a catena di tutte le forze che hanno vinto il referendum, contrarie a questa decisione che giudicano antipopolare e antidemocratica.
Dal sindaco fino all’ultimo cittadino di Montalto, tutti sono scesi in piazza per protestare, assieme alle forze politiche “antinucleari”. Gli stessi operai del cantiere, che fino a ieri si proclamavano filonucleari per conservare il proprio posto di lavoro, oggi si sono schierati contro la prosecuzione dei lavori: ora sono d’accordo per una riconversione a metano della centrale, naturalmente non senza interesse, essendosi resi conto che una sua eventuale riconversione gli garantirebbe di potere lavorare per un periodo di tempo più lungo.
Nel corso delle pacifiche manifestazioni di massa antinucleari svoltesi a Montalto in questi giorni, si è verificato un episodio, l’incendio doloso di alcuni autobus parcheggiati all’interno dei cancelli della centrale. È contro questo fatto che un certo T.D.F. ha preso posizione sul “Manifesto” del 16 marzo [1988], con un articolo dal titolo “La novità di Montalto”.
Questo giornalista questurino se la prende con tutti i giornali che – a suo dire – si sono “affannati a dare credibilità di attentato” a tale azione. Così avanza la sua tesi poliziesca: si tratta di una provocazione per “arrestare il pacifico movimento antinucleare”. La sua brillante conclusione è: “Montalto da nodo della crisi di governo diventa ‘questione di ordine pubblico’”.
Questo scribacchino leccaculo di regime, proseguendo nel suo sporco mestiere di mestatore e manipolatore di informazione, nel suo pezzo giornalistico (che somiglia a uno dei tanti mattinali stesi dalla polizia), così prosegue: “non è la prima volta che questi attentati avvengono. Nemmeno un mese fa, il 19 febbraio, in un clima di pesante tensione e incertezza sui destini di Montalto, ‘ignote’ seghe antinucleari tagliarono alcuni tralicci Enel nelle zone di Caorso e di Montalto. Come allora vogliamo insistere: cosa c’è di meglio, in questo momento di ‘attentati antinucleari’ per mischiare, nella pentola sporca della crisi di governo, la questione energetica con la questione del terrorismo?”.
È chiaro come questo discorso sia diretto a mantenere in accordo con le forze di polizia un certo ordine, affinché tutto si svolga secondo il programma tracciato dai vari racket politici antinucleari che siedono in Parlamento, volendo scongiurare una eventuale radicalizzazione di tale lotta, che li metterebbe fuori gioco. La vera paura di questi figuri è quella di non possedere il controllo totale sul movimento antinucleare, che vorrebbero utilizzare come merce di contrattazione.
Appare chiaro ancora una volta il ruolo di strumento di recupero e di controllo svolto dal “manifesto”, da sempre al servizio di cosche mafiose riformiste come il Psi, dal quale riceve da tempo congrui finanziamenti. Il sostegno che questo organo di disinformazione ha sempre fornito alla dissociazione e alle proposte di amnistia di Scalzone e soci, viaggia sulla stessa linea di intenti, che è poi quella di distruggere sistematicamente ogni lotta proletaria situata sul piano antistituzionale, avallando – come del resto ha sempre fatto in passato – il terrore e la repressione attuati dalle forze di polizia nei confronti di tutto il movimento rivoluzionario (vedi a questo proposito il lavoro poliziesco di informazione svolto dal “manifesto” all’interno del movimento del ’77 insieme ad altri gendarmi di piazza, quali il Pci e i sindacati).
Pensiamo che tutti i proletari, i rivoluzionari, dovrebbero prendere posizione contro questo fogliaccio padronal-statale, denunciandone il ruolo reazionario e controrivoluzionario che svolge da quando è nato. I suoi redattori e i suoi collaboratori sono da sempre i migliori gendarmi delle istituzioni democratiche, svolgendo il loro mestiere di affossatori di qualsiasi istanza di autoemancipazione proletaria e rivoluzionaria con scientifica puntualità.
Oggi costoro stanno cercando nuovamente di criminalizzare determinate forme di lotta, di azione diretta non delegata, per poter fornire una preventiva giustificazione ad una eventuale repressione poliziesca che sarà attuata contro il movimento.
Se c’è qualcuno da isolare all’interno del movimento antinucleare, ebbene sono proprio questi personaggi, mosche cocchiere del Potere e portavoce di partito, non certo quei compagni che con coerenza e senza equivoci socialdemocratici di sorta, sostengono l’immediata necessità della lotta sociale rivoluzionaria contro la tecnologia dell’atomo, e non solo contro questa.
Il sabotaggio sociale non è mai terrorismo! Terroristi sono solo il capitale, lo Stato e chi sostiene i loro progetti di morte e di pacificazione sociale, come è il caso del “manifesto” e delle forze politiche che ci stanno dietro, che si servono di una sorta di “terrorismo psicologico” per far scendere a patti i rivoltosi, per convincere gli oppositori che l’unica lotta valida sia quella condotta all’interno delle istituzioni. Il tutto ovviamente per cercare di impinguare i propri serbatoi di voti.
Noi non ci faremo addomesticare e continueremo a sostenere fino in fondo la necessità della lotta condotta in modo diretto e non delegato.
[Pubblicato su “Provocazione” n. 12, marzo 1988, p. 3 a firma Gruppo Anarchico Insurrezione di Milano]
Oltre l’imbroglio nucleare
Due anni dopo [1988] la tragedia di Chernobyl, in Italia tutti i giochi di potere sul fronte della lotta all’atomo sono stati fatti.
Dopo le consultazioni referendarie dello scorso anno [1987], in cui la maggioranza della popolazione si è espressa contro il nucleare, lo spettacolo è finito.
La nube tossica filoparlamentare costituitasi all’interno del movimento antinucleare sembra essersi diradata, i suoi maggiori attori protagonisti gettano finalmente la maschera di falsi oppositori, dichiarandosi soddisfatti delle decisioni appena presa dal nuovo governo De Mita. Il quale, come primo atto, ha preso la decisione di non proseguire i lavori di completamento della centrale nucleare di Montalto di Castro, nonostante il “via libera” dato dal Tar del Lazio con la sentenza del 13 aprile 1988, e ha dunque incaricato il ministro dell’industria Battaglia di comunicare all’Enel tale decisione, con una lettera che afferma: “La linea su cui si è costituito il governo è nel senso del non completamento della centrale nucleare”. In pratica si è trattato di un perentorio invito rivolto all’Enel di attendere che il consiglio dei ministri si esprimesse circa il progetto di riconversione polivalente della centrale (riconversione a gas metano); e più in generale, si dovranno attendere delle direttive su cui sarà tracciato il nuovo Piano Energetico Nazionale che verrà presentato probabilmente a maggio. Questo invito del governo è stato tuttavia accompagnato da ampie garanzie offerte all’Enel sulla copertura finanziaria degli oneri che l’ente dovrà sostenere a causa di questa interruzione; assicurazione che ha portato l’Enel a corrispondere alle aziende appaltatrici il pagamento dell’80-90% della cifra che gli doveva. In questo modo ha voluto disinnescare la minaccia degli operai che lavorano alla centrale, di attuare nuovi blocchi e manifestazioni, così com’era accaduto in marzo, per difendere il proprio salario.
Per Montalto di Castro sono già stati spesi oltre 4000 miliardi di lire che, secondo gli esperti, non sarebbero ormai più recuperabili.
Inoltre, per quanto concerne altre due centrali elettronucleari in funzione del nostro Paese, quella di Trino 1 (VC) e quella di Caorso (PC), sono ormai ferme da diversi mesi, mentre sono stati interrotti i lavori del cantiere di Trino 2. Complessivamente l’energia che Montalto, Trino e Caorso avrebbero potuto produrre, sarebbe stata di circa 3000 megawatt, una cifra irrisoria se confrontata col fabbisogno nazionale di energia.
Il Pci parla adesso di “uscita dal nucleare” nel suo progetto di mantenimento di “un solo presidio tecnologico”.
Con la sua lungimirante decisione, il governo, oltre ad essersi liberato di quella opposizione fittizia al nucleare (Verdi, Dp, Pci, Psi e varie associazioni ambientaliste), ha sottratto le ragioni di lotta a chi persegue i grandi obbiettivi simbolici, sostenuti in questi ultimi dodici anni di lotta contro le centrali nucleari, fatti di blocchi, manifestazioni, di decisioni e controdecisioni, di ricorsi e di appelli, scaturiti anche a livello istituzionale.
Che tali obiettivi centralizzati costruissero un involucro vuoto è un fatto che secondo noi oggi non si può più mettere in dubbio, in quanto la grande trasformazione tecnologica operata dal capitale ha portato al decentramento e alla polverizzazione sul territorio del suo assetto produttivo industriale, col conseguente abbandono delle “grandi cattedrali” (leggi fabbriche-cimiteri). Quindi ogni tipo di lotta, per altro in difesa di un assetto andato via via scomparendo, basata sui grandi e centrali obiettivi, ha trascinato la stessa vecchia composizione proletaria di questi grandi luoghi di produzione, polverizzandola sul territorio.
In effetti, gli obiettivi simbolici di quella lotta non ci sembra servissero ad intaccare i progetti di ristrutturazione del capitale e quelli di controllo dello Stato anzi, in sostanza, pur senza volerlo hanno finito per favorirlo, facendo rinculare il movimento proletario su di una posizione di difesa che l’ha visto perdente su tutto il fronte rispetto alle stesse condizioni sociali ed economiche acquisite, con la perdita di grosse fette di reddito garantito per larghe fasce sociali a causa dei licenziamenti, in più gli stessi livelli di vita raggiunti sul piano qualitativo si sono bruscamente ridotti.
Ora che, a quanto pare, le centrali nucleari sono state formalmente messe a riposo dal governo, come potranno reagire quegli antagonisti che su questo piano si sono generosamente battuti, sfidando le manganellate della polizia e – quel che è peggio – le incomprensioni degli operai, più intenzionati a salvare il proprio misero salario che mettere fine alle produzioni di morte?
Ma le produzioni di morte non sono state interrotte con la chiusura delle centrali.
Adesso si pone a tutti noi il problema serio di come attaccare e distruggere lo sviluppo della tecnologia dell’atomo, che non era interessata semplicemente al mantenimento di qualche centrale nucleare (la chiusura delle quali, al contrario, è servita per liberarla dal peso di pesanti contestazioni). Esiste un inseparabile legame tra il nucleare civile e militare, la militarizzazione del territorio, i centri di ricerca nucleari presenti ovunque (da quelli militari a quelli civili), l’industria produttrice di tale tecnologia che ha contatti inseparabili con tutte le nuove tecnologie oggi presenti nel nostro paese: l’elettronica, la microelettronica, l’informatica, ecc. Se non si fa luce sullo sviluppo tecnologico complessivo del capitale e dello Stato, dove ogni applicazione di una nuova tecnologia è strettamente legata con le altre e interdipendente, si finisce per combattere un solo tentacolo, permettendo al sistema di andare avanti nel suo inarrestabile sviluppo di dominio sulla società: quel tentacolo si riprodurrebbe sotto altre sembianze da un’altra parte, condannandoci a uno sterile e quanto mai improduttivo lavoro di Sisifo.
Bisognerà ad esempio guardare con molta attenzione a quanto accadrà nel circuito militare del nostro paese. E non solo. Si verificherà molto probabilmente quello stesso fenomeno che accade oggi per la produzione di armi; potremmo diventare cioè fra i maggiori esportatori nel mondo di tale tecnologia, clandestinamente e anche ufficialmente, proprio in virtù di quel che sarà l’Europa Unita del 1992, quando avrà abolito le frontiere, e la dimensione multinazionale delle nostre maggiori industrie permette già da adesso questo tipo di gioco.
Si pensi, tra le altre cose, a ciò che ha riportato il “Financial Times” nel novembre scorso, dove – guarda caso – si apprende che un rapporto del governo americano che doveva rimanere segreto (ma che invece è stato distribuito a migliaia di rappresentanti di società produttrici di computer), quali paesi alleati potrebbero produrre armi nucleari attualmente. Molti di questi impianti, già presenti nei paesi, sono tenuti debitamente nascosti. Ma, secondo questo “riservato” rapporto militare americano, figurano nella lista persino paesi ufficialmente “non nuclearizzati”. L’elenco comprende l’Australia con 5 impianti, il Belgio con 12, il Canada con 13, la Danimarca con 1, la Germania con 37, la Francia con 29, la Grecia con 2, l’Italia con 27, il Giappone con 31, l’Olanda con 9, la Norvegia con 3, il Portogallo con 2, la Gran Bretagna con 25. Come si vede, l’Italia, senza centrali nucleari in funzione, si trova al quarto posto.
Battersi dunque contro la proliferazione delle tecnologie, non solo contro quella nucleare – se è vero, come abbiamo detto, che in Italia assisteremo presto alla proliferazione incontrollata e sotto altri nomi della vera tecnologia nucleare – significa opporsi concretamente allo sviluppo su scala planetaria dei progetti di dominio e alla devastazione ecologica del pianeta.
Ecco perché da tempo stiamo sostenendo, proprio in alternativa agli obiettivi centralizzati e simbolici, la necessità della pratica degli obiettivi diffusi e polverizzati sul territorio, come logica sociale più redditizia e non “sacrificale”; logica che per ora pare sia stata fatta propria da alcuni compagni, ancora una minoranza all’interno del movimento antagonista antinucleare.
Alla luce della nuova situazione venutasi a creare sul fronte della tecnologia dell’atomo, pensiamo che una appropriata riflessione e un’aperta discussione delle componenti rivoluzionarie del movimento, possa dar corso ad un concreto sviluppo e ad un radicamento sociale di questa pratica.
[Pubblicato su “Provocazione” n. 13, aprile 1988, p. 9 a firma Nucleo Anarchico per la Sovversione Sociale]
Attentati antinucleari a Milano
Il 13 aprile [1988], lo stesso giorno in cui il Tar del Lazio ha accolto il ricorso dell’Enel che chiedeva la ripresa dei lavori della centrale elettronucleare di Montalto di Castro (ricordiamo che il giorno dopo il ministro dell’Industria Battaglia con una lettera all’Enel ha nuovamente bloccato l’ordinanza del Tar, almeno “finché il governo non si sarà espresso sulla riconversione della centrale”), tre attentati antinucleari sono avvenuti a Milano.
Tre bombe sono state fatte esplodere contro un laboratorio di ricerche e tecnica nucleare dell’Enel e contro due aziende, la Carlo Gavazzi controls spa che produce condensatori e la Passoni e Villa spa che produce componenti elettrici ed elettronici.
Gli attentati sono stati rivendicati da compagni anarchici con un volantino recapitato lo stesso giorno all’Ansa e a Radio Popolare di Milano.
Immediatamente – con una tempestività davvero singolare – alcune componenti milanesi del movimento anarchico hanno emesso un comunicato, al quale ha fatto seguito una nostra presa di posizione sull’accaduto e sul loro stesso comunicato. (Pubblichiamo qui a lato [di seguito] i comunicati in questione, insieme ad una dichiarazione di Adriano Ciccone, segretario dell’associazione “Città verde”).
Circa una settimana dopo, esattamente il 19 aprile, un’altra bomba antinucleare, sembra firmata “A cerchiata”, è esplosa contro un’azienda di Milano, la Fitre spa elettronica-comunicazioni.
Pubblichiamo di seguito il testo dei due volantini pervenutici che rivendicano gli attentati:
“Enel – laboratorio di ricerche termica e nucleare.
C. Gavazzi controls spa – interessi nel settore nucleare e con il regime sudafricano.
Passoni e Villa spa – interessi nel settore nucleare.
Con il capitale e lo Stato lotta al nucleare.
‘...urla col suo schianto redentore, la dinamite’.
Stiamo arrivando. (Firmato con l’A cerchiata)”.
“Contro il nucleare, abbiamo attaccato la Fitre spa, via Valsolda 15, elettronica-comunicazioni.
Stiamo arrivando. (Firmato con l’A cerchiata)”.
Comunicato “Città verde”
Gli ambientalisti e gli antinuclearisti non possono che rimanere allibiti di fronte a questi attentati. Coloro che li hanno compiuti hanno preso una decisione assurda: se sono davvero anarchici, è bene che riflettano sul ritorno di immagine che questi fatti producono in un panorama nel quale il nucleare è già stato “giustiziato” dal popolo italiano. Nel caso si tratti di velenosi colpi di coda, magari targati Enel, basterà ricordare che il movimento antinucleare non ha mai usato questi sistemi di lotta, preferendo sempre fronteggiare le diverse situazioni a viso aperto.
Comunicato “A” Rivista Anarchica, Circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa”, Federazione milanese della FAI (Federazione Anarchica Italiana), Libreria Utopia
In seguito alla notizia di bombe carta fatte esplodere nei pressi di uffici dell’Enel a Milano e che sarebbero state rivendicate da non meglio precisati “anarchici”, gli anarchici milanesi che si riconoscono nella sottoelencate organizzazioni ed iniziative, nel confermare il loro impegno nell’ambito del movimento di lotta contro il nucleare militare e civile, all’indomani della provocatoria decisione del Tar del Lazio che ha accolto il ricorso dell’Enel contro la sospensione dei lavori alla centrale di Montalto di Castro, ritengono che simili atti non servano alla crescita di quella coscienza libertaria e di quel movimento antinucleare di cui sono e si sentono parte attiva.
Comunicato Circolo anarchico di Porta Ticinese, Unione Sindacale Italiana settore servizi di Milano, redazione di “Anarchia”
In relazione agli attentati dinamitardi di Milano e Torino del 13 aprile notte, gli anarchici del Circolo anarchico di Porta Ticinese, l’Unione Sindacale Italiana settore servizi di Milano e la redazione di “Anarchia” dichiarano che non si riconoscono in tali azioni, inutili nell’attuale momento storico e riaffermano ancora una volta il loro impegno “anarchico” di lotta contro lo Stato e contro ogni apparato di potere attraverso solo una reale presa di coscienza della gente per la creazione di una nuova società.
Comunicato redazione milanese di “Anarchismo” e di “Provocazione”
In seguito al comunicato redatto da alcune componenti del movimento anarchico milanese (la Fai di Milano, A Rivista Anarchica, il Ponte della Ghisolfa, la libreria Utopia) che prende le distanze dai tre attacchi antinucleari rivendicati da compagni anarchici, avvenuti a Milano il 13 aprile, noi, anarchici della redazione milanese di “Anarchismo” e del mensile anarchico “Provocazione”, ci teniamo a dichiarare che:
Non solo non ci riconosciamo nella posizione espressa in quel comunicato, ma la riteniamo una posizione socialdemocratica dettata da uno spirito di pusillanimità e di vigliaccheria, tesa ad allontanare da sé una possibile repressione. Noi riconosciamo tali azioni antinucleari come anarchiche e insurrezionaliste e solidarizziamo apertamente con i compagni che le hanno messe in atto, in coerenza con quanto da sempre sosteniamo sulla necessità della pratica degli obiettivi diffusi sul territorio e dell’attacco radicale contro la tecnologia dell’atomo, e non solo contro le centrali.
Riteniamo queste pratiche di sabotaggio utili a far crescere la coscienza degli sfruttati in senso rivoluzionario, in quanto contribuiscono a dissolvere l’attuale spettacolo filoparlamentare messo in atto dall’opposizione fittizia antinucleare e a radicalizzare lo scontro sociale invitando i proletari a far propria l’azione diretta sovversiva fuori e contro ogni delega. Lo sviluppo del movimento antinucleare in senso rivoluzionario passa anche per questa strada.
Come abbiamo sempre fatto, continueremo a sostenere coerentemente e con dignità queste posizioni e tutto quanto i compagni faranno in questa direzione, pubblicando le eventuali rivendicazioni che ci perverranno in redazione, contro ogni vigliacco tentativo di isolamento interno ed esterno e di criminalizzazione operata dai corvi della socialdemocrazia interni al movimento antinucleare. Senza alcun timore, come si conviene a degli anarchici rivoluzionari non addomesticati, ma in lotta contro lo Stato e il capitale, non abbiamo paura di affrontare a viso aperto la repressione.
14 aprile 1988
[Pubblicato su “Provocazione” n. 13, aprile 1988, p. 9]
Tra poliziotti e delatori
Se non altro come redattore responsabile della rivista bimestrale “Anarchismo” e del mensile “Provocazione”, di fronte alle ultime perquisizioni fatte dalla polizia, su incarico della magistratura milanese, nelle case di molti compagni, ed anche nella mia, in data 27 ottobre scorso [1988], sono stato indotto ad alcune riflessioni decisamente spiacevoli.
Preciso subito che sulle prime sono rimasto io stesso un po’ sorpreso da queste riflessioni e, essendomi consigliato con alcuni compagni che ritenevo la pensassero come me, su questo specifico problema, mi sono sentito dissuadere dal rendere pubblici i miei dubbi.
Ma questi dubbi mi sono rimasti e, poiché sono notoriamente testardo, non ho trovato altro modo che di metterli per iscritto, nella seppur approssimativa forma che qui i compagni avranno il poco piacere di leggere.
Sulla questione di queste perquisizioni fin dal primo momento ho avuto la sensazione che eravamo davanti a qualcosa di diverso. Infatti, io sono stato oggetto di altre perquisizioni, anche in tempi recenti, credo verso il mese di febbraio di quest’anno, adesso non ho sottomano la data precisa, e con me anche altri compagni. Ma si trattava di perquisizioni, sempre riguardanti i compagni dell’area di “Anarchismo” per ricorrere ad una definizione che personalmente non condivido e che altri fanno propria con agevolezza, perquisizioni che avevano come oggetto la ricerca di materiale vario (dagli esplosivi agli scritti, ecc.), allo scopo di provare il reato di apologia, incitamento alla disobbedienza alle leggi, ecc., insomma le solite stupidaggini a cui siamo ben abituati. Mi pare di ricordare che quest’ultima perquisizione partisse dalla procura della Repubblica di Bologna e tenesse conto di alcune azioni di sabotaggio compiuto da persone a noi sconosciute in quella zona. Adesso so per certo che quella iniziativa di Bologna si legava a queste azioni perché, dopo, mi è arrivato l’avviso di procedimento penale a carico per questo specifico reato.
Ora, nel frattempo, senza altre perquisizioni, sempre a mio carico si sono accumulati, fino al momento in cui scrivo, altri due procedimenti penali, uno su iniziativa della procura della Repubblica di Torino riguarda alcuni tralicci buttati giù in quel di Novara e di Vercelli; e uno della procura della Repubblica di Catania (riguardo la pubblicazione di un volantino su “Anarchismo”, in cui venivano descritte le tecniche di taglio dei tralicci [vedi sopra a pp. 17-18]). Dall’insieme di questi procedimenti mi è apparso chiaro che c’era una univoca intenzione di questi magistrati e di questi poliziotti, intenzione diretta ad accusarmi, ed insieme a me, probabilmente, anche coinvolgere altri compagni, di reati di un certo tipo, legati alla pubblicazione di giornali e riviste.
Una lettura seppure superficiale del mandato di perquisizione della procura della repubblica di Milano, firmato da Armando Spataro, consente invece ben altre riflessioni. Questo magistrato scrive: “la persona sotto indicata risulta mantenere contatti, all’interno dell’area anarchica in cui milita, con frange di estremisti, anche pubblicamente su riviste, esaltando la lotta armata contro lo Stato, giungendo alla giustificazione di azioni terroristiche”. La faccenda, almeno a me, appare molto diversa.
Non mi sono state fatte queste perquisizioni per trovare materiale diretto a comprovare un possibile reato di apologia, o incitamento alla rivolta, o stampa sediziosa, o altre stupidaggini del genere. Spataro sta andando alla ricerca di qualcosa d’altro.
Spataro sta cercando, e nulla ci dice che al momento non abbia smesso di cercare o abbia di già trovato, “contatti”, sta cercando “persone all’interno dell’area anarchica”, sta cercando “frange di estremisti”. Ma c’è una strana contraddizione, se appena appena si passa da una prima superficiale lettura del mandato, ad una lettura più attenta. Spataro questi “estremisti” li ha praticamente di già trovati ancor prima di emettere il mandato. Infatti egli precisa che non sta cercando a vanvera “frange di estremisti” di qualsiasi tipo, ma “frange di estremisti” ben precisati, quelle “frange di estremisti che anche pubblicamente e su riviste...”, e chi mai sarebbero queste “frange” che pubblicano riviste all’interno del movimento anarchico, dove si esalta la lotta armata contro lo Stato e si giustificano azioni terroristiche? se non proprio i compagni perquisiti?
Non stiamo qui a stabilire se di esaltazione o di critica si tratta, se di giustificazione o di approfondimento si tratta, ciò, per il momento, è secondario. Il problema principale è che il buon Spataro dà l’impressione di cercare una cosa che ha di già trovato. Sarebbe così stupido? Per quello che si dice di lui proprio no. Carognone sì, stupido no.
Quindi, e se dovessi essere in errore plateale spero di essere contraddetto al più presto, Spataro sta cercando di capire quali potrebbero essere gli “ulteriori” contatti che noi possiamo avere con altri compagni, sta cercando di capire la consistenza di questa benedetta “area”, di cui tanti cianciano spesso a vanvera e che tanti altri accusano in modo non diversamente pericoloso. In una parola, il magistrato di Milano, in modo diverso, e diversamente pericoloso, di quelli di Bologna, di Torino, di Catania (ecc.?), sta cercando di dare fondamento ad un reato associativo, ripercorrendo, con lo stesso acume poliziesco di un asino che cammina sempre sul medesimo sentiero, la vecchia tesi dei suoi esimi colleghi di Bologna che all’inizio del 1980 ci accusarono di banda armata e perfino di insurrezione armata contro lo Stato.
Ma perché Spataro è partito da queste ipotesi ed è arrivato a queste conclusioni? La domanda merita una risposta.
Spataro lavora a Milano, e proprio a Milano si sono verificati nell’aprile di quest’anno alcune azioni contro l’Enel e contro diverse società coinvolte nel nucleare, le quali sono state rivendicate con brevi volantini che portavano al posto della firma una A cerchiata.
Immediatamente “A rivista anarchica”, il Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa, la Federazione milanese della Fai (Federazione Anarchica Italiana) e la Libreria Utopia, hanno sentito il bisogno impellente di fare un comunicato alla stampa (che riproduciamo qui a fianco), seguiti, altrettanto prontamente, da un altro comunicato di alcuni anarchici del Circolo di Porta Ticinese, dell’Unione Sindacale Italiana settore servizi di Milano e della redazione del periodico “Anarchia” (che riproduciamo anche qui a fianco) [vedi sopra alle pp. 71-72]. Davanti al contenuto di questi due comunicati, che ognuno può valutare da sé, ci siamo visti costretti a redigere un nostro comunicato, firmato “Redazione milanese di ‘Anarchismo’ e di ‘Provocazione’” allo scopo di contrastare una presa di distanza che non solo è infame come contenuto, ma anche gratuita come necessità politica. Non si poteva fare diversamente, visto che abbiamo sempre considerato la pratica di sabotaggio come parte del patrimonio di lotta degli sfruttati. Sarebbe stato come un rinnegare non solo il nostro modo di vedere l’anarchismo (che altri possono ben non condividere), ma anche una pratica oggettiva che gli sfruttati non possono mettere da parte.
L’iniziativa di queste organizzazioni, unanimamente schierate sul fronte del rifiuto delle pratiche di sabotaggio, si è tradotta immediatamente in una vera e propria “delazione”, costringendoci o a tacere, e implicitamente accettare una condanna, oppure a parlare correndo i rischi che ben sapevamo e che adesso si sono materializzati nell’inchiesta della procura di Milano. Abbiamo preferito seguire questa seconda strada, contro tutto e contro tutti. Contro il potere e la repressione, ma anche contro il perbenismo che si è buttato alle spalle ogni progetto e ogni speranza di rivoluzione e che non arrossisce nel diventare delatore e strumento di delazione.
[Pubblicato su “Provocazione” n. 18, dicembre 1988, p. 9 a firma Alfredo M. Bonanno]
Notizie in breve 1988
Sabotati due tralicci
Riportiamo di seguito i testi di due volantini pervenutici [gennaio 1988] che rivendicano il sabotaggio di due tralicci, siti a San Giovanni in Persiceto (BO) e a Monterenzio (BO):
“Traliccio sabotato a S. Giovanni in P.! Auguri di buone feste! dai ‘Gatti selvaggi’. Coloriamo la vita praticando l’azione diretta contro le strutture di morte, lo Stato e il capitale. 10-100-1000 tralicci!”.
“Traliccio sabotato a Monterenzio (BO), 6 gennaio 1988. Vogliamo respirare aria e non annaspare scarichi micidiali schifosi. Vogliamo bere acqua non liquami tossici e repellenti. Vogliamo mangiare cibo non ‘alimenti’ cari, radioattivi, dannosi e stomachevoli. Vogliamo lavorare per vivere non per morire e produrre plusvalore per pochi, spreco, consumismo, apparati militari e repressivi di dimensioni inaudite. Vogliamo vivere e morire con dignità e rispettando la nostra nutrice, la terra e i suoi figli. Non vogliamo vegetare in una società ‘democratica’, ‘libera’, ‘civile’, moderna che non è altro che annichilimento di tutto ciò che è bello, non è che genocidi, sofferenze, annientamento della vita. Vogliamo pace non pace sociale, che è la condizione essenziale per il quieto compiersi della fine del mondo ad opera degli imperialismi e dei popoli e Stati loro complici. Perciò: guerra e sabotaggio per riaffermare dignità. La tribù in guerra per la vita”.
Segati tralicci Enel a Caorso e Montalto
Nella notte tra il 17 e 18 febbraio [1988] – a quanto apprendiamo dai giornali, con un certo ritardo, a dire il vero – sono stati attaccati due tralicci: uno nei pressi di Montalto di Castro e uno vicino alla centrale nucleare di Caorso.
Riguardo i danni causati da questi sabotaggi le fonti sono discordi, come spesso capita: alcune parlano di gravi danni (ed altri ancora più gravi sarebbero venuti nel caso di un crollo dei tralicci), altri parlano di danni lievissimi. La confusione non è da poco e ci fa riflettere sul modo in cui sono state date queste due notizie. Evidentemente, si tratta di notizie che preoccupano perché riguardano una pratica rivoluzionaria, quella del sabotaggio, che da sempre (almeno dall’inizio delle lotte del movimento dei lavoratori) è stata difficilmente controllata dallo Stato.
Non sappiamo se i danni sono stati lievi o pesanti e, com’è ovvio, la cosa ci interessa poco. È il metodo quello che conta. Riteniamo, ancora una volta, e lo diciamo forte prima che qualche mano pesante si abbatta sulla nostra bocca, che si tratta di un metodo di grande interesse per lo sviluppo della lotta contro il nucleare (e non solo contro il nucleare). Il metodo dell’attacco diretto contro i piccoli obiettivi distribuiti nel territorio è molto più efficace delle grandi azioni spettacolari e delle grandi manifestazioni altrettanto spettacolari quanto innocue. Lo Stato sa benissimo come gestire le grandi azioni (sequestri, attacchi armati contro grandi obiettivi, insomma tutto l’apparato rivoluzionario che richiede una disponibilità notevole di mezzi e di addestramento); e sa benissimo come gestire le grandi manifestazioni che servono da valvola di sfogo quando la pressione delle masse diventa alta. Quello che non sa, e nessuno Stato può affrontare un controllo a tappeto del genere senza trasformarsi in un mostro repressivo, è controllare o prevenire attacchi semplici diretti contro la distribuzione nel territorio delle strutture responsabili dei progetti di repressione e di morte.
Un segno del non sapere che cosa fare ci viene dai commenti che i politici e i repressori di professione hanno fatto riguardo queste due azioni. Subito hanno parlato di “terrorismo”, di “provocazione” (non del nostro giornale, ovviamente), di episodi che “non hanno niente a che fare con il movimento ambientalista” (fortunatamente), di “degenerazioni mostruose”, ed altre amenità. La polizia ha fatto sapere che “ha intensificato la sorveglianza” nei pressi di Caorso e di Montalto. Non sappiamo cosa ne pensi il ministero degli interni o quello della difesa. Forse stanno studiando il modo di mettere a guardia dei piloni dell’Enel un carabiniere, un poliziotto e, di concerto con il ministero delle finanze, un finanziere (ovviamente a turno). Tutto è possibile. Ma, come appare chiaro, l’Italia è grande, i tralicci sono tanti e le seghe sono di libera vendita nei negozi di ferramenta.
Tralicci segati
Pubblichiamo di seguito il testo di un volantino pervenutoci che rivendica il danneggiamento di alcuni tralicci, avvenuto alla fine di febbraio [1988]:
“Sabotaggio a Bologna nella notte del 27-28 febbraio di tralicci Enel con dei semplici seghetti. I padroni della terra e la loro stampa mentono! Per tenersi buoni mentre fanno crepare il pianeta con tutti noi viventi. No ai padroni della terra. No al nucleare. No agli F16”.
Inoltre nella notte tra il 12 e il 13 marzo, altri due tralicci sono stati segati: uno nella zona di Roma Settebagni, a pochi metri dall’Autostrada del Sole; e un altro nelle campagne di Rogliano (CS).
I sabotaggi sono stati rivendicati con una lettera spedita all’Ansa, in cui gli ignoti compagni si sono dichiarati contro le centrali nucleari.
Bombe in Romagna
Un traliccio dell’alta tensione è stato attaccato con una bomba in periferia di Ravenna, ma l’ordigno non è scoppiato [settembre 1988]. Un altro traliccio non è saltato, malgrado la bomba che era stata messa sotto, in una zona vicina a Ravenna, Capanno Garibaldi. Un’altra bomba è stata messa nella sede dell’associazione commercianti di Cervia e un’ultima contro la caserma dei carabinieri di Milano Marittima.
Al telefono una rivendicazione dettata parla di un gruppo ecologista che lotta contro la distruzione dell’ambiente.
L’anno scorso un traliccio dell’alta tensione saltò in aria a sud di Ravenna provocando l’interruzione dell’energia elettrica su tutta la riviera. Non ci furono rivendicazioni.
Traliccio
Alla fine di settembre [1988] un traliccio dell’alta tensione è stato segato a Vallo di Caluso, vicino Chivasso, nella linea Leini-Rondissone. L’Enel ha sospeso l’erogazione dell’energia elettrica.
Una delle azioni di sabotaggio polverizzate nel territorio che, oggi, a quanto pare, si vanno moltiplicando. Su questo fatto ci sarebbe molto da dire, e molto è stato detto, non ultime le affermazioni, chiaramente dettate da miopia rivoluzionaria, di coloro che vorrebbero (non stiamo parlando dei cavalieri di Vittorio Veneto) catalogare questi fatti come banale “teppismo”. Rinviamo comunque la discussione ad altra sede. Vogliamo invece parlare del fatto che i carabinieri della zona, collegandosi nel loro benemerito lavoro con quelli di Torino hanno trovato che tutto (taglio del traliccio e distorta mentalità che lo suggerisce) andava messo in relazione con la rivista “Anarchismo” che, a suo tempo, pubblicò un volantino tradotto dal tedesco dove si spiegavano, per filo e per segno, le tecniche per tagliare i tralicci dell’alta tensione.
La cosa non è grave in quanto, presso il Tribunale di Catania, sempre su iniziativa dei carabinieri – ma non solo di Torino – c’è già un procedimento a nostro carico (con un processo che è stato rinviato alla fine di novembre) per lo stesso motivo. C’è solo da sottolineare come anche i carabinieri, in gloriosa armonia con il giornale di Agnelli e con non pochi compagni anarchici nostri integerrimi critici, abbiano, tutti in coro, parlato di “teppismo”. Va da sé che le affinità elettive non sono solo quelle di cui parlava Goethe.
Traliccio tagliato a Ravenna
Due dei quattro piloni di un traliccio dell’Enel che portava l’energia elettrica ad alta tensione in uno stabilimento Enichem che si trova nella zona industriale di Ravenna, sono stati tagliati ai primi di novembre scorso [1988]. È stata anche danneggiata la linea di alimentazione dell’impianto di sollevamento dell’acqua del fiume Reno fino alla centrale dell’Amga dell’acquedotto di Ravenna.
Alla fine di agosto ci furono altri attacchi contro tralicci della zona e furono firmati come gruppo “Figli della terra”. Quelle azioni si indirizzavano contro il saccheggio urbanistico e turistico della città.
[“Sabotati due tralicci”, pubblicato su “Provocazione” n. 11, p. 9. “Segati tralicci Enel a Caorso e Montalto”, pubblicato su “Provocazione” n. 11, p. 12. “Tralicci segati”, pubblicato su “Provocazione” n. 12, p. 3. “Bombe in Romagna”, pubblicato su “Provocazione” n. 16, p. 12. “Traliccio”, pubblicato su “Provocazione” n. 17, p. 6. “Traliccio tagliato a Ravenna”, pubblicato su “Provocazione” n. 18, p. 6]
Quale terribile epoca in cui i ciechi sono condotti dai pazzi
Due anni dopo Chernobyl, le sue nuvole, le sue menzogne, ognuno è in grado di constatare ciò che significa l’“industria nucleare”, la quale produce accessoriamente elettricità, di cui si ha poco a che fare, e principalmente produce dipendenza sempre maggiore da coloro che ci tengono in loro potere. Spaventose esperienze in materia di evacuazione, e di distruzione della vita nelle città, si materializzano inesorabilmente e diventano una “scelta per la società”, per parlare come fanno i giornalisti, scelta tanto più singolare quanto più non si trovano tracce del genere nella memoria degli uomini e sulla cui natura si scopre abbastanza solo quando è troppo tardi per fare qualcosa.
In due anni, tutti i sofismi nuclearisti sono stati polverizzati dalle verità radioattive che un gran numero di specialisti avevano preteso giustificare all’infinito. E per altro nulla è veramente cambiato. Bisogna quindi ammettere che le ragioni del nucleare sono fuori della portata del dibattito “ragionevole” che questa società consente, perché toccano interessi essenziali dello Stato e dell’economia, sempre presentati come indiscutibili, e che restano per conseguenza da discutere.
I tanti referendum promessi o anche tenuti in questo o quel paese, non possono permettere alcuna illusione quando i mezzi per avvelenare il pianeta si accumulano in così tanti luoghi differenti, senza che nessuno possa pretendere di sapere quello che appartiene in proprio a questi famosi settori “militare” e “civile”, su cui si indirizza la propaganda nuclearista. A partire da qual momento, e da quali dosi, le conseguenze della ricerca militare cominciano ad essere civili? A partire da quale soglia la militarizzazione della vita civile diventa un incasermamento generale?
Quanto al popolo, che ha appreso come si sia mentito nei suoi confronti – speriamo che non l’abbia subito dimenticato – i più ingenui si saranno forse aspettati un sussulto di indignazione popolare, visto che non viviamo sotto una dittatura, almeno formalmente, ma si è obbligati a constatare la scomparsa del popolo e con esso della stessa democrazia. Ormai da molto tempo nessuna decisione d’importanza era presa dai degni rappresentanti del popolo ma da una burocrazia che ha realizzato la fusione controllata degli interessi ormai indistinti dell’economia e dello Stato. Da molto tempo ormai gli interessi rispettivi degli elettori e degli eletti erano irrimediabilmente divergenti, ma la questione nucleare costituisce il rivelatore flagrante di questa fondamentale verità.
La vecchia opposizione tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta è anch’essa cessata di esistere, per estinzione della prima e per la persistenza del coma statale della seconda. Non piangeremo certo la fine della cosiddetta democrazia diretta. Cominciata nell’imbroglio, essa è finita nella cripta politica dei verdi e di simile accozzaglia. Più grave è la scomparsa di quello che una volta si chiamava il popolo, e particolarmente di quelle fasce più combattive che si sono fatte costruire le centrali sotto il naso, anzi vi hanno prestato la loro opera dentro.
Ricorrere allo Stato è ridicolo, dato che questo non rincula mai salvo che non lo si obblighi con sufficiente forza. Reclamare un “avvenire denuclearizzato” è illusorio, in quanto fin da ora il nostro avvenire è nuclearizzato di già, se non altro per i depositi immensi di materiali radioattivi provenienti dalle centrali che continueranno a disseminare la loro irradiazione per i secoli a venire. Il solo realismo sarebbe, certamente, dopo l’arresto immediato di tutte le centrali, di arrivare a limitare e controllare i danni di già fatti, per restaurare progressivamente le condizioni di vita in cui non c’è bisogno di contare le casse da morto. Ci si dirà che ciò è impossibile nella società in cui viviamo. Ma ciò significa ammettere che il realismo è impraticabile in questa società: si tratta dunque di rovesciarla. E precisamente perché oggi il minimo vitale è un compito immenso, i mezzi impiegati devono rompere con tutte le illusioni delle proteste manipolate, dove una folla disorganizzata segue passivamente degli organizzatori irresponsabili e sempre pronti a negoziare il loro tradimento per un posto al ministero o una sinecura parlamentare europea.
Perché tutti coloro che non saranno capaci di liberarsi nelle loro lotte da ogni direzione o controllo esterno non potranno certo pretendere di partecipare alla liberazione della società da questo potere esterno agli individui di cui la follia nucleare è la forma estrema.
[Pubblicato su “Provocazione” n. 18, dicembre 1988, p. 5 a firma “Dimache prochain”]
Notizie in breve 1989
Sabotato un traliccio
Gli abitanti delle cascine che sorgono nelle campagne di Settimo Torinese, sono stati svegliati all’alba del 10 settembre da un boato. Si è trattato di due cariche di esplosivo che hanno tranciato due supporti centrali della struttura di un mastodontico traliccio dell’Enel da 220.000 volt. La sua caduta avrebbe potuto provocare un black-out energetico nella zona di Leinì, nel Canavese e in parte della Valle d’Aosta. Ma, pur cadendo su un fianco per circa un metro, il traliccio è rimasto in piedi.
Non è avvenuta alcuna sospensione dell’erogazione di elettricità, in quanto l’Enel ha isolato il punto in cui è avvenuto il sabotaggio, facendo passare la corrente attraverso altre linee vicine.
I carabinieri, accorsi sul posto con una squadra di artificieri, per soddisfare la curiosità dei giornalisti hanno cercato di ricostruire la meccanica dell’accaduto fornendo un’accurata descrizione del materiale usato dai sabotatori.
Il sabotaggio non è stato rivendicato, ma le sue ragioni sono evidenti, dato che il traliccio preso di mira interessa alla linea Leinì-Rondissone ed alimenta diverse fabbriche altamente inquinanti; già in passato era stata oggetto di violente contestazioni da parte di ecologisti e abitanti della zona.
Nel dare notizia, la stampa di Torino non si è fatta troppi scrupoli nemmeno questa volta, nell’avanzare ipotesi tese a criminalizzare uno specifico settore del movimento anarchico. Infatti il questurino giornalista di turno Angelo Conti ha scritto su “Stampa sera”, a conclusione del suo articolo suggeritogli dai carabinieri, quanto segue: “Anche se manca ancora la rivendicazione, è indiziato il gruppo dei ‘figli della terra’. Proprio loro hanno diffuso, nei mesi scorsi anche in Piemonte, copie della rivista ‘Anarchismo’ in cui si danno precise istruzioni sulle tecniche di abbattimento dei tralicci”.
Ogni commento ci sembra superfluo. Comunque giova ricordare che su iniziativa dei carabinieri di Torino e di altre città è stata da tempo aperta un’inchiesta nei confronti di “Anarchismo” e del suo direttore responsabile. Da notare che Alfredo è già stato processato e assolto con formula ampia in primo grado della corte di assise di Catania, proprio perché sulla rivista era stato pubblicato un volantino tradotto dal tedesco dove si spiegavano le tecniche per tagliare i tralicci dell’alta tensione. La decisione del tribunale di Catania evidentemente non deve essere stata gradita ai carabinieri, che continuano a darsi da fare con accanimento.
Noi non abbiamo problemi, siamo tranquilli; d’altra parte, come nemici dello Stato, ci piace pubblicizzare ogni atto di sabotaggio realizzato per danneggiarlo, anche se c’è chi preferisce censurarli. Forse sarà una questione di gusto, di sentirsi dentro certe pulsioni sempre vive. Comunque non abbiamo rinunciato mai alle nostre convinzioni e continueremo a pubblicare ciò che riteniamo giusto, sbattendocene del codice penale e del veleno versato dalla penna di certi scribacchini. Preferiamo battere la strada della rivolta e della libertà, piuttosto che quella dell’addomesticamento e della pacificazione sociale. Va da sé che ci auguriamo una proliferazione di queste azioni.
Vieni giù, traliccio
Segati o dinamitardi, il risultato non cambia: non riescono proprio a rimanere in piedi, questi benedetti tralicci, nonostante siano di ferrea costruzione e abbiano i piedi ben piantati nel cemento.
Ormai li possiamo paragonare alle pere mature, vista la frequenza e la facilità con cui cadono in ogni parte d’Italia.
Il 9 settembre [1989] a Bormio un traliccio della linea elettrica della Montedison, che porta energia a Casano Maderno, è stato segato in due punti d’appoggio tanto da farlo inclinare.
Dopo solo cinque giorni in Valchiavenna un traliccio della Sondel, la società elettrica della Falck, è crollato, mentre un altro, sempre della stessa linea, è stato sabotato e si è mantenuto in piedi, pur avendo due piloni segati. Il primo dei due, dopo il paziente lavoro di sega è stato imbottito di esplosivo e per questo è crollato. Per il secondo, ad un centinaio di metri dal primo, forse gli ignoti sabotatori speravano venisse trascinato dall’altro, cosa che purtroppo non è avvenuta lasciandolo in piedi.
Il 20 settembre ne hanno fatto saltare uno in Campi Bisenzio; l’eco di quella esplosione, a distanza di mesi, ha risvegliato la libidine inquisitoria dei giudici Vigna e Chelazzi di Firenze, che ancora brancolano nel buio più fitto alla ricerca dei sabotatori, nonostante le incursioni sbirresche in numerose abitazioni di militanti anarchici.
Meno di un mese dopo, in quel di Mezzana, nei pressi del casello autostradale di Prato Est, ne hanno mandato giù un altro più grosso, da 380 mila volt; mentre un altro ancora a poche decine di metri, pur danneggiato, riusciva miracolosamente a tenersi in piedi.
A Mezzana i sabotatori hanno lavorato di fino, stando a quanto riferito dai giornali. Prima hanno segato alla base uno dei supporti servendosi di un filo di carbonio, poi, dopo aver rimosso la terra circostante con una palla trovata in un vicino casolare, hanno piazzato l’esplosivo alla base di un altro montante. Il seguito ve lo lasciamo immaginare.
Le linee prese di mira sono state la 336 e la 328. La prima, che collega Calenzano a Poggio a Caiano, è quella del traliccio caduto, l’interruzione della quale ha provocato un black out in un’ampia zona di Prato.
L’altra, invece, quella del traliccio rimasto in piedi, collega Calenzano a Suvereto.
Sia Poggio a Caiano che Suvereto sono linee importanti, infatti portano energia dal Nord Europa fino al Sud dell’Italia.
Se il sabotaggio fosse pienamente riuscito, avrebbe fatto mancare l’energia elettrica a gran parte dell’Italia meridionale.
Il 18 novembre 1989, infine, un’altra esplosione ha rotto il silenzio dei campi di Castelnuovo in provincia di Milano.
Ma quando i carabinieri sono giunti sul posto chiamati da alcune telefonate, ormai era troppo tardi: adagiati nel mais, c’erano due tralicci, che nella caduta si erano trascinati dietro i cavi dell’alta tensione.
A spiegare ai giornalisti le modalità del sabotaggio ci ha pensato il capitano Lavigna: “...prima un lavoro di sega sui montanti, poi due piccole cariche di esplosivo”.
Piccole ma efficaci, evidentemente.
A meno di 10 km dal luogo in cui è avvenuto il sabotaggio, sorge la centrare nucleare di Caorso, dove in passato si sono verificati incidenti a catena che hanno fatto correre seri pericoli alla popolazione.
Pericoli tuttora presenti, dal momento che la centrale non è stata smantellata com’era stato deciso: 400 operai, infatti, ne curano ancora la manutenzione.
[“Sabotato un traliccio”, pubblicato su “Provocazione” n. 22, novembre 1989, p. 20; “Vieni giù, traliccio”, pubblicato su “Provocazione” n. 23, febbraio 1990, p. 8]
Dinamite antinucleare
Nel quadro di una ininterrotta lotta ecologica e antinucleare condotta contro l’Enel, il 10 settembre 1990 venivano abbattuti con cariche esplosive due maxitralicci dell’elettrodotto da 380 mila volt che collega l’impianto di smistamento di Albertville situato vicino a Lione con l’analogo impianto di Rondissone. Il fatto è avvenuto nella zona del comune di Baldissero Canavese, a 40 km da Torino.
Questa è anche la linea più usata dall’Enel per il trasporto in Italia, attraverso il Piccolo San Bernardo, di parte dell’energia elettrica prodotta dalla centrale nucleare francese di CreysMalvile, meglio conosciuta come Superphenix. Al momento del fatto la centrale era ferma da due mesi per lavori di manutenzione.
I mass media in questa occasione si sono scatenati dando ampio rilievo di cronaca all’accaduto, contornato da una ricchezza di particolari tecnici davvero impressionante.
Sappiamo pressoché tutto sulle modalità usate per portare a compimento questo sabotaggio antinucleare, da l’ora, intorno alle 6.22, al fatto che sono state fatte brillare tre cariche esplosive, a distanza di poche decine di secondi, che hanno completamente divelto i maxitralicci 223 e 224, distanti l’uno dall’altro poco più di 300 metri, abbattendo circa 1 km di linea elettrica.
Il primo a schiantarsi al suolo è stato quello vicino alla pianura. Dopo averlo debitamente reso invalido, vale a dire segato le due “zampe” a valle, le altre due restanti a monte venivano con amorevole cura minate con 200 grammi di esplosivo gelatinoso da cava. In tal modo il poveretto non ha molto sofferto restando in quella scomoda posizione, in equilibrio assai instabile. L’esplosione, liberatrice di ogni sofferenza, per lui come per il suo gemello situato a monte, ridotto nelle stesse condizioni, è stata pressoché contemporanea, circa 30 secondi dopo. Quest’ultimo, caduto nel sottostante vallone, rovinava addosso ad una linea secondaria da 15 mila volt, mettendola fuori uso. Quest’ultima serviva all’erogazione elettrica per i paesi della zona.
Il bilancio dei danni provocati da questo sabotaggio antinucleare ai danni dell’Enel è stato ingente: oltre i due miliardi di lire.
Per chi ama la statistica, questo è il quarto sabotaggio in ordine di tempo compiuto contro questo elettrodotto, costruito nonostante le innumerevoli proteste della gente del luogo ed entrato in funzione nel 1987.
Il primo attacco antinucleare è stato quello del 18 settembre ’88 a Vallo Caluso; il secondo, quello del 10 settembre ’89 a Settimo Torinese; il terzo, quello del 3 marzo ’90 ad Arè di Caluso. I primi due tentativi erano andati a vuoto, in quanto il traliccio, segato con dovizia e presi accorgimenti ingegnosi, aveva resistito. In quello effettuato a Settimo venne impiegato per la prima volta anche l’esplosivo. In quello effettuato in zona Arè di Caluso, in una zona pianeggiante, venne per la prima volta abbattuto il maxitraliccio attaccato, alto 45 metri, peso 6 tonnellate, simile a quelli abbattuti a Baldissero. Giova qui ricordare che nel 1988 e nel 1989 furono attaccati anche gli elettrodotti che partivano dalla centrale nucleare di Caorso. Analoga la tecnica.
Per chi ama conoscere la tecnica più collaudata e di sicura riuscita impiegata per abbattere i tralicci: si segano alla base due dei quattro montanti che sorreggono il traliccio e si minano gli altri due. L’esplosione li trancia e il peso dei cavi completa l’opera facendolo schiantare al suolo.
La moderna tecnologia, per una volta sembra possa servire a scopi contrari a se stessa. Questa infatti fornisce oggi un tipo di sega elettrica alimentata da un gruppo elettrogeno che può essere silenziato. L’esplosivo più usato, a detta degli esperti, comune gelatina a base di nitroglicerina contenuta in cartucce, più nota col termine di candelotti di dinamite, con un detonatore e miccia a lenta combustione. Secondo un esperto, per tracciare un montante dell’Enel, da 45 metri, è sufficiente una carica di 250-300 grammi. Probabilmente per sicurezza sempre secondo questo esperto i sabotatori antinucleari che hanno fatto schiantare al suolo questi ultimi due maxitralicci, pare ne abbiano usata almeno il doppio. Una tecnica, secondo costui, tutto sommato rozza. Ma piuttosto efficace, visti i risultati che raccoglie chi la mette in pratica.
L’importanza assunta da quest’ultimo sabotaggio antinucleare, è dovuta al fatto che questo impianto è un collegamento chiave per il trasporto di energia dall’estero al nostro paese. Transita da qui circa il 40% dell’energia elettrica che l’Enel acquista annualmente in Europa. La sua potenzialità di trasporto è 3 mila megawatt all’anno.
Questo è stato indubbiamente un sabotaggio antinucleare pesante, in quanto ha colpito uno dei gangli della rete di interconnessione, mettendo in crisi per qualche ora l’intero sistema nazionale. Il sistema di trasporto dell’energia elettrica impiegato dall’Enel si avvale della costruzione a rete, che rende possibile bypassare il guasto e collegarsi ad altri fornitori che possono essere, in questo caso: Svizzera, Jugoslavia [scritto nel 1991], Austria.
Neanche questa volta, dopo il fatto, sono mancati i giornali che privi di fantasia, in modo assai scontato, hanno rispolverato la rivista “Anarchismo”.
Ricordiamo che questo costante riferimento la rivista, riguarda il fatto che, nella primavera ’88 [si tratta invece del n. 55, dicembre 1986, ndr] si è resa “rea” di aver pubblicato una ricetta dell’arte culinaria anarchica in materia di sabotaggio. In pratica, si trattava delle istruzioni per abbattere un traliccio, a firma di un gruppo anarchico operante nel settore suddetto.
Non dimentichiamo infine che sull’onda dei recenti rincari del petrolio sulle incertezze dovute ad un quadro Opec ormai allo sbando a causa del conflitto armato in corso nel Golfo Persico, da più parti si è ripreso a parlare di un uso dell’energia nucleare nel nostro paese. Il governo stesso, nel mese di novembre [1990], per mezzo del suo primo ministro Giulio Andreotti, faceva sapere che intendeva rivedere il piano seguito sulla politica energetica, dando ad intendere che il sì all’atomo non era più un tabù. Sulla stessa scia, l’attuale ministro dell’industria Adolfo Battaglia, comunicava che erano stati scremati dal bilancio 150 miliardi da destinare all’Enea esclusivamente per le ricerche, nelle quali è già impegnato, sul nucleare sicuro (sic!). Esistono poi accordi industriali con l’Ansaldo per la ristrutturazione di 16 centrali sovietiche con turbine a gas, questo nel quadro di una fornitura di energia elettrica dall’Urss.
Infine, il consiglio dei ministri prevede un emendamento alla legge finanziaria per recuperare 1300 miliardi e un emendamento alla legge sul risparmio in discussione al senato per altri 1300 o 1400 miliardi soprattutto con un’imposta sull’anidride carbonica. Una tassa insieme energetica ed ecologica. Spesa a carico in prevalenza dell’Enel che l’ha già scaricata sui consumatori. Quindi la bolletta è rincarata a danno di quest’ultimi.
Ma forse tutto questo è un bene, dato che cade anche qui il velo di ipocrisia che si è creato dopo il referendum.
Non è mai cessato il nucleare come ricerca di laboratorio. Col finanziare in questo senso l’Enea, non si fa altro che mettere a frutto questa ricerca condotta sotterraneamente nel frattempo. Così come non passerà molto tempo che si annuncerà la costruzione di una nuova centrale nucleare con reattori della seconda generazione contrabbandati naturalmente come “supersicuri”.
È evidente, dopo quanto detto, che la lotta condotta dai sabotatori antinucleari contro l’Enel è la sola valida scelta metodologica contro quelle proreferendarie e istituzionaliste dei pacifisti. Contrariamente a quanto vogliono far credere i giornali e coloro che lavorano alla conservazione di questo sistema di dominio, questo di cui abbiamo parlato risulta essere, senza equivoci di sorta, il solo metodo pratico per mettere fuori uso tutte le produzione di morte.
L’uso del sabotaggio come azione diretta rivoluzionaria è lo spartiacque che separa i coerenti ecologisti antinuclearisti da tutta la melma paraistituzionale che mira attraverso petizioni o referendum pubblici a rendere inoffensiva qualsiasi reale opposizione contro progetti di dominio attuati sul territorio dal capitale e dallo Stato.
[Pubblicato su “Provocazione” n. 26, febbraio 1991, pp. 1-2]
Notizie in breve 1990-1992
Sabotaggio preventivo
Povero traliccio, non gli hanno dato neppure il tempo di entrare in funzione.
Il 3 febbraio [1990], infatti, i soliti “terroristi” l’hanno fatto saltare a gambe all’aria, mentre se ne stava tutto solo e malinconico nella zona di via Civoli di Sopra, alla periferia di Cascina in Toscana.
Da fonti attendibili siamo venuti a sapere che un giudice di Firenze, svegliatasi di soprassalto in seguito all’esplosione, è rotolato giù dal letto fratturandosi un braccio. Chi sarà, il giudice in questione?
Sabotata l’Enel di Desio
Un modo diverso di sabotare l’Enel l’hanno realizzato due giovani rimasti ignoti che la sera del 21 gennaio scorso [1991] hanno reso inattivo per parecchie ore l’impianto di illuminazione della città.
Hanno versato alcuni litri di benzina in un tombino del centralissimo corso Italia e hanno appiccato il fuoco.
A causa della pressione esercitata dal calore, cinque tombini sono esplosi e le condutture elettriche sono rimaste gravemente danneggiate.
Salta, traliccio, salta
Le autorità francesi dell’ente dell’energia hanno scoperto l’acqua calda, anzi l’acqua radioattiva.
“Le nostre centrali nucleari”, affermano infatti questi assassini in un loro rapporto, “fanno acqua da tutte le parti; e se non si corre ai ripari, nei prossimi anni potrebbe prodursi un incidente nucleare grave quanto quello di Chernobyl”. Allegria!
Le prime avvisaglie di questa catastrofe annunciata si sono avute nel 1989, quando i reattori nucleari di Gravelines e Dampierre hanno continuato a funzionare nonostante il blocco dei sistemi di sicurezza.
Minori garanzie offrono anche le nuove centrali a 1300 megawatt. Infatti si è scoperto che subiscono un invecchiamento molto più rapido del previsto.
Inoltre, è stata riscontrata una tendenza molto forte all’incrostazione dei generatori di vapore sui reattori, che potrebbe comportare la rottura improvvisa di uno o più tubi dei generatori di vapore.
La conseguenza sarebbe la dispersione di acqua radioattiva nelle zone circostanti alla centrale. Altro che ripari! Le centrali nucleari vanno smantellate! Ciò nonostante, l’80% dell’energia elettrica continua a essere prodotta dalle centrali nucleari; e una parte consistente di queste energia arriva anche in Italia, portata da centinaia di tralicci collegati al famigerato reattore nucleare italo francese Superphenix, che nel corso di questi anni ha subito decine di guasti, con fuoriuscita di acqua radioattiva.
All’alba del 3 marzo scorso [1990], uno dei soliti tralicci, e precisamente il numero 269 del maxi elettrodotto che collega Alberteville alla stazione Enel di Rossindone, alle porte di Torino, si è improvvisamente sentito male, accasciandosi in un campo di granturco. Quando sono arrivati i soccorsi (leggi: Digos e tecnici dell’Enel), era ormai troppo tardi: il traliccio non dava più segni di vita.
Un altro traliccio
Per ben sei volte negli ultimi mesi sono stati fatti saltare tralicci nella zona di confine tra Liguria e Toscana. Ai primi di marzo [1991] è saltato il traliccio che collega la centrale Enel di La Spezia con le regioni dell’Italia centrale. Sul posto sono stati trovati dei volantini con l’indicazione: “No ai morti nel golfo”. “No ai morti in autostrada”.
Sabotaggio con sorpresa
Un altro traliccio dell’Enel è stato fatto saltare in Toscana, precisamente nella zona di Montignoso, la notte del 10 luglio [1991].
Le cariche di cheddite (che hanno svegliato gli abitanti delle frazioni montane e della vallata di Strettoia), collocate ai piedi di due dei quattro piloni, precedentemente segati, hanno abbattuto il traliccio che collega la centrale Enel di Livorno con la sottostazione di Avenza di Carrara mediante un by-pass per Vinchiana di Lucca.
La linea danneggiata, della potenza di 220 mila volt, viene utilizzata per allacciamenti industriali e fino a qualche anno fa era collegata con la Selm di Milano alla quale faceva capo la Montedison.
Ma la diversità di questo sabotaggio rispetto a quelli precedenti sta nel fatto che questa volta i sabotatori hanno lasciato sul posto un “regalino” alle forze dell’ordine: due ordigni rudimentali nascosti dietro a una roccia e collegati con una miccia detonante ad un circuito elettrico il quale si andava a chiudere su un seghetto per il ferro abbandonato insieme a pezzi di miccia poco distante dal traliccio abbatuto. Ma il carabiniere di turno a cui era toccato il privilegio di sperimentare il funzionamento di questo elementare circuito, fattosi furbo, non ha raccolto il seghetto e l’ordigno è stato scoperto e disinnescato. Davvero burloni questi sabotatori.
Due esplosioni nella notte
Domenica 10 novembre [1991], durante la notte, è stata fatta esplodere una carica di cheddite contro un megatraliccio dell’Enel della linea 314 Spezia-Acciaiolo (linea non ancora in funzione e da anni al centro della contestazione degli abitanti del luogo).
L’altra bomba è stata fatta esplodere contro il Park Hotel di Cinquale, nella stessa notte. In entrambi i casi i danni sono stati lievi.
Irrefrenabile moria di tralicci
Mercoledì 4 marzo [1992] al confine tra i comuni di Massa e di Carrara è caduto, in virtù di una carica di esplosivo collocata su di un pilastro, un altro dei tralicci Enel sulle Alpi Apuane.
È il ventunesimo a collassare dal maggio ’90.
[“Sabotaggio preventivo”, pubblicato su “Provocazione” n. 24, giugno 1990, p. 3; “Sabotata l’Enel di Desio”, pubblicato su “Provocazione” n. 27, maggio 1991, p. 4; “Salta, traliccio, salta”, pubblicato su “Provocazione” n. 24, giugno 1990, p. 3; “Un altro traliccio”, pubblicato su “Provocazione” n. 27, maggio 1991, p. 2; “Sabotaggio con sorpresa”, pubblicato su “Provocazione” n. 29, dicembre 1991, p. 1; “Due esplosioni nella notte”, ib.; “Irrefrenabile moria di tralicci”, pubblicato su “Gas” n. estemporaneo estivo, agosto 1992, p. 3]
Sabotaggio dei tralicci dell’Enel
Un po’ dappertutto continuano a cadere i tralicci in Italia e altrove [giugno 1991]. Il problema sta diventando tanto grosso che il ministero della difesa sembra aver preso in considerazione l’ipotesi di fare sorvegliare gli impianti più importanti dai carabinieri o dall’esercito. Molte di queste notizie non vengono registrate dai giornali, forse allo scopo di non determinare quell’allarme sociale che più di tutto viene temuto da chi fonda il proprio potere sul consenso e sull’ignoranza. Il resto, è cronaca.
Hanno coniato il termine “ecoterroristi”, ma a prescindere dall’ottusità comica dei giornalisti in cerca di scandali, non sembra che il concetto trovi la medesima rispondenza del suo confratello precedente, quello che ormai viene usato anche senza virgolette all’interno dello stesso movimento rivoluzionario.
Qualche volta gli inquirenti con i megafoni autorizzati del potere si abbandonano a illazioni altrettanto comiche, se non fossero pericolose per chi potrebbe subirne gratuitamente le conseguenze, che parlano di strutture clandestine centralizzate, di disponibilità di mezzi e di armi, di ipotesi teoriche imposte a tavolino e applicate nei dettagli da eserciti di esecutori.
Particolarmente prese di mira sembra, a quel che apprendiamo dai giornali, la zona di confine tra Liguria e Toscana, dove nel giro di nove mesi ci sono stati sei attacchi o forse anche di più non essendo le nostre informazioni – chiaramente di seconda mano – all’altezza della bisogna.
Le rivendicazioni sono varie e spesso non esistono nemmeno. Ci permettiamo avanzare l’ipotesi che non hanno importanza in quanto tali, cioè in quanto documenti rivendicativi. Si tratta di attacchi che parlano da soli, nel linguaggio appunto dell’azione diretta. Andare a cercare dietro queste azioni, che vengono decise ed attuate da individui singoli o da piccoli gruppi di individui che hanno preso coscienza del problema dell’attuale ristrutturazione del potere politico ed economico a livello mondiale, è pertanto inutile, ed ogni costruzione in tal senso resterà opera degli inquirenti, fantasia diretta a coprire l’incapacità a comprendere un fenomeno spontaneo diffuso capillarmente sul territorio.
Il sabotaggio è stato da sempre l’arma degli sfruttati, non diciamo l’arma privilegiata ma certamente quella che in alcuni momenti è stata scelta per attaccare gli interessi padronali. La tesi di coloro che considerano criticamente queste azioni perché finalizzate a se stesse, esclusivamente distruttive, incomprensibili ai più, pericolose ed altro, non sembra smontare la ferma convinzione di coloro che hanno intrapreso questa strada. Per il momento, l’unica conclusione prevedibile è quella di uno sviluppo di questa attività. Nell’attuale fase di transizione ad un’economia radicalmente diversa da quella cristallizzata nell’industrialismo, il movimento reale manifesta in questo modo la sua sensibilità rivoluzionaria e perfino politica, indirizzandosi verso gli strumenti più adeguati alla lotta che si profila.
[Pubblicato su “Provocazione” n. 28, giugno 1991, p. 1]
Appendici
Mururoa è anche qui
Tutte le protesti legali contro gli esperimenti nucleari hanno una bomba sopra. L’illusione che un governo democratico non possa agire contro la cosiddetta volontà popolare ha una bomba sopra. La speranza che altri Stati si oppongano alle decisioni di Chirac ha una bomba sopra. La fede in una causa umana che tutti – governanti e governati, sfruttatori e sfruttati – devono difendere ha una bomba sopra.
Mururoa è l’immagine del mondo intero racchiuso in poche mani. Rappresenta il potere totale che ogni Stato ha di disporre della vita e della morte di ciascuno di noi. Ma Mururoa è dappertutto. Perché tutti i governi hanno i loro depositi di radioattività, i loro missili a testata nucleare, le loro armi atomiche. Perché gli esperimenti nel Pacifico sono il risultato di una organizzazione economica e politica che decide per noi in ogni momento. Perché sospesi i test in quella sperduta parte di oceano non sarà diminuito il potere di chi li ha votati e realizzati.
Sembra che di fronte a tutto questo non rimanga che il gesto impotente della testimonianza, la marcia funebre di uno stuolo di cassandre. Ma chi governa ha armi, capitali, strutture di controllo e repressione che vengono creati, accettati e fatti funzionare da chi li subisce. Se gli esperimenti di Mururoa sono lontani, gli interessi del potere economico e politico francese sono a due passi da noi: tanti piccoli obiettivi che possono essere ostacolati, attaccati, distrutti con i mezzi che ognuno preferisce.
La condizione di chi fornisce armi ai propri aggressori perché non le usino – ecco ciò che nemmeno una esplosione nucleare riesce a scuotere. Di esplosioni ce ne vogliono ben altre, di libertà e di rivolta.
Anarchici d’ovunque
[Volantino del 9/9/95]
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RENZI ALBERTO, Via Roma 11, 13049 Tronzano Vercellese (VC), Tel. 0161.911463
ROLLE spa, Via delle Industrie 35, 35020 Albignasego (PD), Tel. 049.8624111
RUBINETTERIA WEBERT srl, Via Beltrami 11, 28014 Maggiora (NO), Tel. 0322.870180
RU.CA. srl, Via Randaccio 122, 70131 Bari, Tel. 080.5321008
SAES GETTERS spa, V.le Italia 77, 20020 Lainate (MI), Tel. 02.931781
S.A.I. ELECTRIC srl, Via D. Ferrari 46, 41053 Maranello (MO), Tel. 0536.941415
SAOM srl, Via del Fornaccio 12, Z.I. Vallina, 50012 Bagno a Ripoli (FI), Tel. 055.696130
S.A.S.I.T. srl, Via Vittorio Veneto 42, 09123 Cagliari, Tel. 070.271396
SATI srl, Via Monfalcone 35, 09122 Cagliari, Tel. 070.275559
SCAI spa, C.so Claudio 9, 84083 Castel S. Giorgio (SA), Tel. 081.9535056
SCHNEEBERGER spa, Via S. Gottardo 10, 21021 Angera (VA), Tel. 0331.932010
S.C.I.E. srl (Società Costruzioni Impianti Elettrici), Via Bellini 66, 73048 Nardò (LE), Tel. 0833.871623
S.E.C.A.T. snc, Via Ricostruzione 88/b, 44100 Loc. Pontelagoscuro (FE), Tel. 0532.464902
S.E.D. srl, Via delle Regioni 265, 50052 Certaldo (FI), Tel. 0571.664012
SETTI FERRAMENTA srl, Via M.L. King 8, 41100 Modena, Tel. 059.251706
SFAP srl, Via al Quarto Miglio 22, 00178 Roma, Tel. 06.7180151
SICME MOTORI spa, S.da del Francese 126/130, 10156 Torino, Tel. 011.4076311
SICURMAX snc, Via Dante Alighieri 19, 37051 Bovolone (VR), Tel. 045.6900922
SIDER PIOMBINO spA, Via Po 4, Loc. Montegemoli, 57025 Piombino (LI), Tel. 0565.276528
SILD srl, Via Adige 42/2, 21010 Ferno (VA), Tel. 0331.240896
SIMONAZZI ARNALDO, Via Sardegna 5, 42100 Reggio Emilia, Tel. 0522.551240
SIPI spa, Via Torino 103, 10088 Volpiano (TO), Tel. 011.9884477
S.I.R.Z. spa, Via Vò Di Placca 4, Fraz. Terradura, 35020 Due Carrare (PD), Tel. 049.9199811
SITEC srl, Via Romagnosi 13, 20021 Bollate (MI), Tel. 02.33300543
SITI srl, Via della Quaglia – Z.I., 04012 Cisterna di Latina (LT), Tel. 06.9682139
SOLDI & C. IMPIANTI srl, Via Scopino 31, 50019 Sesto Fiorentino (FI), Tel. 055.4219414
SO.L.E.S, spa, Via Gramadora 5, Loc. Villa Selva, 47100 Forlì (FC), Tel. 0543.781120
SPIC spa, Via dei Sansovino 6, 00196 Roma, Tel. 06.3221703
STF spa, Via Robecco 20, 20013 Magenta (MI), Tel. 02.972091
STUDIO E ROMA srl, Via della Bufalotta 845, 00138 Roma, Tel. 06.87134423
TEAM srl, Via Marconi 102/1, 21027 Ispra (VA), Tel. 0332.781777
TECNEL SYSTEM spa, Via Brunico 15, 20126 Milano, Tel. 02.2578803
TECNOMETAL, Srl, S.S. 16 Nord Km 509,000 – Z.I., 66054 Vasto (CH), Tel. 0873.310497
TECNOPLAN srl, Via F. Ferruccio 6, 20145 Milano, Tel. 02.34938017
TECNO SERVICE s.coop., Via Sammichele – Z.I. Lotto 25, 70021 Acquaviva delle Fonti (BA), Tel. 080.769809
TEKTRONIX spa, Via XI febbraio 99, 20090 Vimodrone (MI), Tel. 02.250861
TEMA SINERGIE srl, Via Malpighi 120, 48018 Faenza (RA), Tel. 0546.622663
TERMOKIMIK CORPORATION spa, Via Flumendosa 13, 20132 Milano, Tel. 02.25871
TNE srl, Via Leonardo da Vinci 11, 20060 Cassina de’ Pecchi (MI), Tel. 02.95299309
TORNINFER snc, Via G. Puccini 13, Z.I. Valcanoro, 50021 Barberino Val D’Elsa (FI), Tel. 055.8079000
TRUMPF-HOMBERGER srl, Via del Commercio 6, 20090 Buccinasco (MI), Tel. 02.484891
TRUMPF-HOMBERGER srl, Via Pavese 21, 20090 Opera (MI), Tel. 02.576951
TSE srl, Via Galileo Galilei 18, 50021 Barberino Val d’Elsa (FI), Tel. 055.8078416
VANZIN srl, Via Sotto il Mur del Brolo 12, Fraz. San Vito, 31049 Valdobbiadene (TV), Tel. 0423.972650
VILLAURA spa, Via dei cantieri 26, 90142 Palermo, Tel. 091.6376262
ZETA 3 srl, Piano del Corvo Consorzio Asi, Loc. Campo Calabro, 89018 Villa S. Giovanni (RC), Tel. 0965.795196
ZUGLIANI srl, Localita’ Casa Bianca 8/a, 38050 Imer (TN), Tel. 0439.678124
Lubrificanti per l’industria nucleare
DEUTRA spa, Via Navone 3/b, 16012 Busalla (GE), Tel. 010.9760431
EUROPETROLI spa, Via di Brava, 00163 Roma, Tel. 06.66417151
GENNARO SPADAFORA, Via Melisurgo 4, 80133 Napoli, Tel. 081.5802059
ILS srl, Località Macerone, 67061 Carsoli (AQ), Tel. 0863.995925
LUBRIBRESCIA srl, Via Fratelli Rosselli 8, Zona Industriale, 25050 Passirano (BS), Tel. 030.6857435
LUBRITALIA spa, Zona Industriale, Loc. Marco dei Lupini, 74019 Palagiano (TA), Tel. 099.8885353
MASCHERPA EMANUELE spa, Via Natale Battaglia 39, 20127 Milano, Tel. 02.280031
NILS spa, Via Stazione 30, 39014 Postal (BZ), Tel. 0473.292400
OIL srl (Organizzazione Italiana Lubrificanti), L.go Promessi Sposi 6, 20142 Milano, Tel. 02.89512851
PETROLCOKE srl, Via Calderaro 3, Zona Industriale, 93100 Caltanisetta, Tel. 0934.584555
PREMIUM OIL DISTRIBUZIONE spa, Via Lavandaro 5, 12050 Castagnito (CN), Tel. 0173.211341
SATI srl, Via Monfalcone 35, 09122 Cagliari, Tel. 070.275559
TECNOLUBE SEAL snc, Via Galilei 7, 37029 S. Pietro in Cariano (VR), Tel. 045.7702389
VISCOL spa, Via Isolabuona 24, 16019 Ronco Scrivia (GE), Tel. 010.9657011
Porte e infissi per centrali nucleari
DOOR 2000 srl, Via Galoppat 96, Fraz. Cecchini, 33087 Pasiano di Pordenone (PN), Tel. 0434.628739
FBS srl, V.le del lavoro 19/a, 37036 S. Martino Buon Albergo (VR), Tel. 045.8781070
FRATELLI BERARDO srl, Via Chiossone 15, 00169 Roma, Tel. 06.2677519
IMAG srl, Via Pieve Torina 51/53, 00156 Roma, Tel. 06.4115742
MASSARI & MASSARI srl, Via E. Amaldi 46, 00015 Monterotondo (Roma), Tel. 06.9060890
MASTERPORTE srl, C.so Novara 39, 10154 Torino, Tel. 011.2487435
Materiali edili per l’industria nucleare
COLORIFICIO C.A.T. snc, Via Bruno Capponi 86, 05100 Terni, Tel. 0744.300174
ECOPOLIFIX srl, Via Strada del Confine 41, 36056 Tezze sul Brenta (VI), Tel. 0424.848555
EREDI BERNARDO snc, Contrada Scarnata, 85010 Armento (PZ), Tel. 0971.751351
FICES spa, Strada provinciale Lecce Novoli Km 4, 73100 Lecce, Tel. 0832.351095
METALCROM srl, Via Pindemonte 17 – Angolo Terraglio, 31030 Casier (TV), Tel. 0422.402466
MUSILLI spa, Via Casilina Km 147,700, 03040 S. Vittore del Lazio (FR), Tel. 0776.33411
S.I.P.C. SOLAI VARESE srl, Via Molina 76, 20060 Vignate (MI), Tel. 02.9566583
STAMPAGGIO GOMMA snc, Via Mottarone 6, 21020 Bodio Lomnago (VA), Tel. 0332.948626
TECHNICAL PLAST srl, via Arluno 29/31, 20010 Casorezzo (MI), Tel. 02.9010751
Editori di pubblicazioni professionali sull’industria nucleare
EQUIPE, Via Casalueghe 20, 20043 Arcore (MI), Tel. 045.6100181
ITER (Innovare: Tecnologie, Esperienze, Ricerche), Via Rovetta 18, 20127 Milano, Tel. 02.2831161
EDITING SERVICE C.A.E.S.A.R., Via dei Sardi 28, 00185 Roma, Tel. 06.4460622
Corsi di formazione in tecnologia nucleare
AM srl (Servizi Integrativi Aziendali), Via dei Rossi 86/1, 50018 Scandicci (FI), Tel. 055.2571213
GRECO & PARTNERS srl, Via Cantore 8/G, 16149 Genova, Tel. 010.6591179
HELIANTUS srl, Via Mater Domini 31, 73018 Squinzano (LE)
Questo sito, oltre a informare i compagni sulle pubblicazioni delle Edizioni Anarchismo, archivia in formato elettronico, quando possibile, i testi delle varie collane.
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