Titolo dell’opera originale:
1st of May Group, Towards a Citizens’ Militia. Anarchist Altematives to Nato and the Warsaw Pact, Cienfuegos Press, 1980, Over the Water, Sanday, Orkney.
Traduzione di Andrea Chersi
Prima edizione italiana pubblicata su “Anarchismo” n. 42, marzo 1984, pp. 29-38; n. 43, giugno 1984, pp. 5-19; n. 44, dicembre 1984, pp. 15-29.
Prima edizione in volume:
Edizioni “Il Culmine” / Gas, Cuneo 1993
Seconda edizione: Trieste 2012
Ristampa della seconda edizione: Trieste 2015
First of May Group
Per una milizia cittadina
Elementi di lotta insurrezionale
Introduzione della redazione di “Anarchismo”
Princìpi della resistenza armata
Organizzazione e autorità libertaria
Basi fondamentali delle operazioni di combattimento
Le funzioni del combattimento terrestre
Tattica delle unità di guerriglia
Attacco di sorpresa a una piccola postazione
Attacco ad un sistema di comunicazione
Attacco ad una rete ferroviaria
Attacco ad una centrale di energia
Tattica delle forze di sicurezza
Organizzazione e attività del movimento civile di resistenza
Funzioni della resistenza civile
Effetti del terrorismo delle forze di sicurezza
Occultamento di armi ed esplosivi
Comportamento durante l’interrogatorio
L’ultima fase della resistenza: l’insurrezione generale
Tecniche di combattimento utilizzate dal nemico durante la repressione dell’insurrezione
Ingresso nelle città dell’aria d’insurrezione
Stato d’assedio, legge marziale
Postfazione
Per un approfondimento della lotta antimilitarista
Il ruolo dell’esercito nella società post-industriale
La fine dell’esercito operativo di massa
Le forze politiche che hanno contribuito a questa evoluzione
L’esercito e l’industria bellica
Il controllo e la sorveglianza
Movimento rivoluzionario e spazi di agibilità
Alcune conclusioni provvisorie
L’antimilitarismo in epoca di svilimento
Industrie produttrici di armi in Italia
Federazione delle aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza
Altre aziende produttrici di armi e munizioni
Corpi speciali Esercito Italiano
9º Reggimento d’assalto paracadutisti incursori “Col Moschin”
Comando Subacquei ed Incursori (COMSUBIN)
Gruppo di intervento speciale (GIS)
185º Reggimento Paracadutisti Ricognizione e Acquisizione Obiettivi “Folgore”
4º Reggimento alpini paracadutisti
26º Gruppo Squadroni Aviazione Esercito – Reparto Elicotteri Operazioni Speciali
Introduzione
Il fatto che tanta acqua sia passata sotto i ponti da quando queste annotazioni furono redatte, e incolpevoli artisti messi al lavoro per tratteggiare vignette esplicative, non significa che l’imperiosa necessità di questo documento non permanga identica.
Che le facce siano mutate, e i salamelecchi diventati più untuosi e meno rozzi, che le disavventure del capitale emergano in primo piano, non vuol dire che in ultima sede, come estrema spiaggia su cui collocarsi e difendere i privilegi e lo sfruttamento, non ci sia il nemico armato.
Questo è sempre là. Si è di molto affinato, adesso ha mezzi che prima non poteva permettersi, e ciò anche perché le difficoltà stesse del capitale convincono quest’ultimo a pagare in anticipo una difesa che potrebbe rivelarsi più urgente del previsto.
E noi? Cosa volete che vi dica? Non è che si siano fatti molti passi avanti nei problemi che a suo tempo, più di trent’anni fa, questo documento sollevava. In primo luogo la ritrosia di fronte all’organizzazione armata, che sempre dovrebbe accompagnarsi a una critica, impietosa e penetrante, delle illusioni spontaneiste riguardo “il gran giorno”, quando tutto diventerà facile per i rivoluzionari e le armate nemiche crolleranno al suono delle trombe come le mura di Gerico. Purtroppo le cose non stanno, né sono mai state, così. Ma, per converso, è stato molto comodo per tanti illudersi che qualche meccanismo occulto alla storia e alla distribuzione dei rapporti produttivi lavorasse in questo senso. Non ci sono meccanismi occulti nella Storia, e forse non c’è nemmeno una Storia. Ci sono miserabili tentativi storici e filosofici di occultare il proprio contributo ai massacri, diretto o indiretto, quest’ultimo punto è secondario.
Mettere le mani a mollo, perdio.
E farlo prima che sia troppo tardi, prima che un ulteriore colpo di ramazza ci spazzi via in qualche lager a riflettere sui nostri indugi fino al momento di essere messi al muro.
Non dico che questo testo, che insisto a presentare con protervia forse degna di migliore causa, sia esente da pecche. È, per molti aspetti, datato. Il tempo è corso veloce in questi decenni e la nostra percezione di questo trascorrere ancora di più. Ma se dobbiamo sapere in che modo va scavata una buca, e con quali preoccupazioni, per nasconderci un’arma che potrebbe, domani, salvare se non la nostra vita, almeno la nostra dignità, esso è ancora utile. E, partendo da queste minuzie – che poi tali non sono – si può raccattare una silloge di indicazioni ancora oggi valide, perché dirette a supportare le piccole azioni di attacco, di cui per tanti anni abbiamo discusso, azioni che hanno bisogno di mezzi, se vogliamo modesti, ma insostituibili. E qui ci sono indicazioni ancora oggi preziose in questo senso.
La Postfazione di Pierleone Porcu, redatta nel 1984, è incentrata su di un’analisi del nemico armato nella sua fase di passaggio dalla struttura militare fondata sull’esercito di leva a quella fondata sul professionismo, cioè la struttura che abbiamo oggi di fronte.
Infine riportiamo un elenco delle industrie che in Italia fabbricano armi, aggiornato al 2009, e l’elenco dei Corpi speciali italiani, aggiornato al 2012.
Il resto è, come sempre, affidato all’intelligenza, merce rara ma che non dovrebbe scarseggiare dalle nostre parti. Almeno, spero.
Trieste, 26 gennaio 2012
Alfredo M. Bonanno
Introduzione della redazione di “Anarchismo”
Abbiamo deciso la pubblicazione di questo scritto perché lo riteniamo di grande importanza e utilità, non tanto per i problemi che risolve e le indicazioni che fornisce – altri scritti del genere sono molto più documentati e conclusivi – quanto per ciò che propone, per le discussioni che mette sul tappeto, per ciò che lascia aperto alla riflessione e al dubbio.
Non siamo davanti al solito scritto dovuto ad uno o più tecnici della guerriglia, in cui si calano nella dimensione politica di un gruppo ristretto le conoscenze tecniche di chi ha fatto della piccola guerra il proprio mestiere. Siamo davanti allo sforzo di alcuni compagni anarchici, con una esperienza pratica di guerriglia, i quali si sono posti il problema di come gli anarchici possono affrontare i mille ostacoli di uno scontro armato, senza con ciò cadere da un lato in una facile mentalità autoritaria che sembra in grado di risolvere ogni contraddizione e, dall’altro, in una altrettanto facile fede nell’improvvisazione e nella virtù taumaturgica dei princìpi anarchici.
Ecco perché alcune affermazioni contenute in questo scritto faranno storcere il muso a molti compagni. Basta ricordare qui quella riguardante la necessità dell’unità di comando per rendersi conto dell’effettiva portata di ciò che questo scritto discute e affronta.
Abbiamo più volte polemizzato con tutti coloro che si sono fatti dell’anarchismo un soffice guanciale su cui fare tutti i sogni dorati che il loro piccolo cuore di conigli poteva desiderare. È giunto il tempo di far vedere come, nella pratica, gli anarchici non sono soltanto i grandi facitori di parole che tutti conoscono, ma sanno – al momento opportuno – passare dalle parole ai fatti, non cadendo in deliquio per non sapere superare ostacoli che sono soltanto quelli della loro fantasia.
Molto si potrà dire intorno a questo scritto, molte critiche saranno senz’altro valide. Si tratta, in fondo, di una cosa modesta che accenna su molte cose e sorvola su molti problemi. Resta però il fatto che intende aprire un discorso molto delicato, in un momento particolarmente delicato.
Nessuna intenzione di esaltare un metodo a preferenza di altri. Il lavoro di controinformazione e il lavoro politico di massa sono l’indispensabile premessa per un avvicinamento alla dimensione insurrezionale e quindi alla prospettiva rivoluzionaria. Allo stesso modo nessuna intenzione di sopravvalutare le possibilità oggettive del movimento anarchico italiano e internazionale oggi [1984], in questo momento tanto particolare.
Siamo però dell’opinione che non è mai troppo presto per affrontare alcuni argomenti di così vitale importanza. Il futuro che ci aspetta è torbido, le intenzioni dei nostri governanti sono quelle di sempre: continuare lo sfruttamento fino all’estremo limite della tollerabilità, passare poi ad un altro tipo di sfruttamento. In questo passaggio, che si prospetta molto più vicino di quanto non sembri, uno strumento fra i più probabili che i padroni useranno per rinchiodare allo sfruttamento tutti i tentativi di liberazione dei proletari sarà la guerra. Si tratta di una eventualità per nulla remota.
Non solo la grande guerra, la guerra di tutti contro tutto, la guerra nucleare decisiva per le sorti dell’umanità; ma anche la guerra tradizionale, quella di sempre, che colpisce una parte della struttura internazionale per riequilibrare un’altra parte. I diversi focolai che divampano un poco dappertutto potrebbero diffondersi a macchia d’olio e molto più vicino di quanto non si pensi. E, in quella occasione funesta, il proletariato sarà ancora una volta lasciato solo.
È per questo indispensabile che fin d’adesso si faccia il possibile per darsi gli strumenti della difesa e della resistenza.
Questo e nient’altro lo scopo del lavoro che pubblichiamo.
Catania, marzo 1984
Alfredo M. Bonanno
* * * * *
questi sono in questione. E srotola la carta nautica
prima che sia troppo tardi. Sii guardingo,
non cantare, ancora una volta il giorno giungerà chiaro
quando loro schiacceranno i resistenti al petto
e inchioderanno liste di nomi sulle porte.
Impara l’incognito, impara più di me:
a cambiare faccia, documenti, paese.
Fai l’abitudine ad ogni piccolo tradimento,
l’infido viene fuori ogni giorno e in ogni stagione.
Per i fuochi illuminanti le encicliche van bene;
e l’indifeso può sempre impiegare,
come carta oleata, i proclami di partito.
Rabbia e tenacia saranno necessarie
per soffiare nei polmoni del potere la polvere
soffocante, insidiosa, prodotta da quelli che,
istruiti dall’esperienza, sono puntuali; da te.
Hans Magnus Enzensberger
Innanzitutto
Occorre situare questo scritto nel proprio contesto, in quanto il suo contenuto certamente provocherà una reazione di ben calcolata isteria da parte degli autoritari di differenti colori politici. Qui si illustrano tattiche e metodi di resistenza perché i libertari possano cominciare a meditare seriamente su una situazione che sta diventando sempre meno ipotetica. L’implacabile avidità delle nazioni industrializzate rende sempre più prossimo il momento in cui il potere non sarà più in grado di offrire un’evasiva soluzione di materialismo come anestetico per dissimulare la condizione cancerosa della nostra società. Abbiamo già assistito ad un’improvvisa recrudescenza dei latrati della gente tutta “Legge-e-Ordine” negli ultimi anni e questo non è un fenomeno momentaneo. La facciata democratica dello Stato Parlamentare fra un po’ non sarà nulla di più che uno strato di vernice in sfaldamento. Sarebbe ingenuo meravigliarsi di questo sviluppo perché un’occhiata al modo in cui la nostra “democrazia” vira quando viene concessa in dosi graduali per stornare le profonde inquietudini, dimostra chiaramente che essa non è un “diritto naturale per ogni cittadino”. In realtà, il grande successo dell’intera manovra è venuto dall’aver convinto la maggioranza della popolazione che essa aveva tutto ciò di cui necessitava e che ogni altra concessione avrebbe condotto solo all’“anarchia” (nella accezione sprezzante della parola che loro hanno corrotto). Ma oggi il vento è mutato e con termini soggettivi quali “sicurezza pubblica” e “comune interesse nazionale” lo Stato si prepara ad attaccare.
Questo scritto non cerca (né può farlo) di definire a quale stadio la dittatura prende il posto della democrazia cosmetica, e a quale stadio un libertario è moralmente tenuto dalle sue convinzioni a prendere le armi (o ad agire con altri metodi) e a resistere contro il totalitarismo nelle sue varie forme politiche, attuato da un potere interno o da un invasore straniero. Tutto ciò che fa è riconoscere che quel momento non è lontano e che dobbiamo essere pronti a combattere prima che s’instauri il buio tunnel senza fine di uno Stato onnipotente. Comunque, non dobbiamo cadere nella trappola di due errori fatali. Uno è rappresentato dal grido di disperazione: “il momento non è ancora venuto, ma è troppo pericoloso aspettare”. L’altro è la teoria secondo cui provocare un’eccessiva reazione da parte dello Stato dà origine ad una resistenza spontanea. Queste motivazioni che spingono ad un impegno immediato nella lotta armata devono essere considerate contrarie all’ovvio e fondamentale obiettivo anarchico di sviluppare una società libertaria. Infatti non ci vuol molto a comprendere che una simile società non può nascere allorché gruppi isolati abbracciano una condotta di resistenza per il gusto della resistenza. Se non riusciamo a dimostrare innanzitutto che l’anarchismo nasce dalla creazione di comunità libertarie, il livello critico di appoggio di cui abbiamo bisogno non si concretizzerà mai, in quanto la massa dei lavoratori continuerà ad essere influenzata dalla propaganda autoritaria. Non dobbiamo dimenticare le parole di Kropotkin, secondo cui nessuna azione armata dovrebbe essere intrapresa a meno che il suo scopo non possa essere chiaramente inteso dal lavoratore medio.
L’altra ragione per sviluppare una struttura sociale e produttiva anarchica è che essa rappresenti l’unico baluardo contro i gruppi autoritari quando ci sarà l’insurrezione. Se non abbiamo ancora imparato la lezione delle rivoluzioni russa e spagnola, quando i comunisti aggredirono selvaggiamente la libertà dell’anarchismo, allora non meritiamo di esistere in quanto movimento. Noi partiamo con un grave svantaggio nei confronti dei nostri “compagni” autoritari, ed essi ci annienteranno facilmente se i germogli di libertarismo non emergeranno dai resti frananti della vecchia società.
Una delle regale fondamentali della guerriglia è quella di disseminare la lotta in ogni angolo del territorio ed in ogni aspetto della vita. Se i semi della libertà anarchica non vi sono piantati, siamo condannati a perire per quanto buona possa essere la nostra preparazione militare. Gli autoritari hanno molte più cose in comune tra di loro che con noi. Ma preparandoci in ogni cosa e mostrando il tipo di vita che la gente può costruirsi, allora potremo vincere.
First of May Group
Elementi introduttivi
Sono stati scritti parecchi libri sulla guerra irregolare, conosciuta anche come guerra non convenzionale o guerriglia. La maggior parte è stata scritta da militari impegnati nella repressione di sollevamenti in una colonia, da militari addetti a fomentare una insurrezione nelle colonie altrui, da strateghi di commando convenzionali o da comandanti militari convenzionali incaricati di organizzare la resistenza all’interno di un paese che ha in vista il fallimento di una regolare difesa militare contro un esercito d’invasione straniero. In tutti questi casi, i problemi principali da risolvere erano l’adeguamento delle tattiche militari convenzionali a nuove e difficili circostanze e l’addestramento dei civili non abituati alla disciplina o alla procedura militare. In alcuni casi una questione secondaria era la rapida produzione di piccole armi e munizioni per armare i partigiani e l’utilizzazione efficiente di ragazzi giovanissimi, di uomini considerati troppo vecchi per il servizio militare, di donne e ragazze in qualità di combattenti.
Si escludono dalle prospettive di questo scritto le esperienze di comandanti militari impegnati essenzialmente a terrorizzare le popolazioni locali o contadine (se non come esempio di quel che una guerriglia può attendersi dai suoi avversari) e le esperienze di militari incaricati di provocare insurrezioni nelle colonie altrui. Questo scritto è dedicato a coloro che, attraverso la consapevolizzazione sociale o la fede politica, devono resistere da soli contro un governo autoritario nel proprio paese. I compiti di un simile combattente per la libertà sono sostanzialmente differenti da quelli, ad esempio, di un partigiano che resiste a un invasore in nome di un governo in esilio, o di un emissario di un governo straniero che tenta di sovvertire l’ordine e l’autorità di un paese nemico.
Tradizionalmente, i movimenti e le organizzazioni di guerriglia hanno raggiunto un notevole livello di risultati quando opponevano resistenza e sabotaggio contro un esercito straniero sul proprio territorio, quando avevano abbondanti rifornimenti da un potente alleato, alla vigilia di una convenzionale invasione di massa da parte di alleati e quando un governo fantoccio del proprio paese era troppo debole per impedire che la guerriglia assumesse quella responsabilità e quei doveri che la popolazione normalmente si aspetta vengano espletati dal governo, come le funzioni di polizia, il coordinamento degli approvvigionamenti alimentari, dell’acqua e dei medicinali, l’organizzazione della sicurezza nazionale contro l’invasore, ecc.
Il carattere della motivazione sociale o della ideologia politica che guida il vero combattente per la libertà può suggerire in una certa misura i metodi attraverso cui realizzare i compiti della resistenza. Questo lavoro è stato scritto da (e dedicato a) anarchici, socialisti libertari, sindacalisti rivoluzionari e tutti coloro che amano la libertà e odiano la tirannia e l’oppressione.
Non è intenzione degli autori cercare di giustificare qui l’anarchismo. Molto è stato già scritto sulla teoria e la prassi anarchiche. L’applicazione dei princìpi libertari di organizzazione è un modo valido e intelligente per raccogliere i propri compagni allo scopo di realizzare la rivoluzione anarchica. Molti gruppi terroristi vengono fraudolentemente etichettati come anarchici. Chi definisce anarchici dei gruppi para-militari autoritari che credono nel socialismo di Stato e usano il rapimento e il terrore di massa quale veicolo per raggiungere i loro fini, dimostra la propria totale ignoranza della nostra ideologia ed anche una notevole paura della libertà.
Invitiamo tutti coloro che leggono questo scritto ad evitare atti o propaganda che contribuiscano al mito della violenza che aureola l’anarchismo nella mente del volgo. La dignità della nostra lotta deve armonizzarsi con l’importanza e la probità del nostro credo. Se dobbiamo utilizzare la “lotta armata” (eufemismo per forza fisica) che sia in chiara risposta alla spregevole azione dei nostri oppressori e non per pubblicità e notorietà o per una particolare inclinazione di qualcuno per la violenza.
In ogni caso, la forza fisica è un mezzo coercitivo per raggiungere un fine. Ore di discussione ci hanno riportato al punto da cui eravamo partiti: una società libera è improbabile che nasca da un regime oppressivo, autoritario. Se scegliamo la forza fisica, il nostro dovere verso la società, e verso noi stessi, si centuplica per portare avanti una teoria e una prassi di organizzazione sociale che non schiavizzerà, imprigionerà, coscriverà o tasserà mai. Il nostro esempio deve essere tale da non lasciare alcuno dubbioso della sincerità del nostro scopo. Tale scopo è una società libera e un mondo di vera libertà.
Parte prima
Princìpi della resistenza armata
Organizzazione e autorità libertaria
Anche se questo scritto è inteso essenzialmente come manuale tecnico, ci sono aspetti della lotta armata che non possono essere definiti come tecnici.
Per le nostre convinzioni sociali e politiche, noi siamo portati a modi d’attività che favoriscono i nostri scopi. Il modo in cui realizziamo il nostro fine è importante quanto il fine stesso. I nostri mezzi non possono, non devono essere distinti dai nostri fini. Dobbiamo creare un modello funzionante della nuova società.
L’unità più piccola di quel m\odello è il piccolo gruppo d’affinità. Come una singola cellula contiene i cromosomi che configurano l’organismo, così il nostro gruppo deve contenere lo spirito e gli atteggiamenti di libertà che noi vogliamo realizzare quando i nostri oppressori saranno abbattuti.
È diventato di moda fra i rivoluzionari autoritari (se non anarchici) attribuire alle loro organizzazioni il nome di vari compagni caduti o incarcerati, o i titoli ufficiosi che rappresentano le loro aspirazioni politiche. Ciò ha fondamentalmente funzioni di propaganda, giacché essi mirano a figurare nei mezzi di comunicazione e il loro nome è tutto, per così dire. Anche gli anarchici si prestano a questo inflazionato gioco d’immagine e speriamo si ritorni alla linea degli anni 30 e 40 di chiamare i gruppi secondo la località, come il “Gruppo di Bruxelles”, ecc.
Mentre la propaganda rimane una funzione vitale della prassi anarchica, non bisognerebbe mai lasciare che diventi la forza motrice dell’azione armata. Se un nome distintivo è irrinunciabile, si tenga presente che la gente associerà le vostre azioni e la vostra ideologia al nome che presentate pubblicamente (o che la stampa presenterà per voi). Lo Stato farà ogni sforzo per ridurre la vostra immagine (e quindi il vostro status e la vostra ideologia) al livello del criminale contro la società. Un nome sciagurato faciliterà questo compito.
La dimensione del gruppo d’affinità è d’importanza fondamentale. Se troppo piccolo non sarete in grado di elevare le azioni al di sopra di una certa capacità militare, se troppo grande i problemi logistici e di comunicazione, uniti (come capita sempre) a conflitti di direzione e di “comando”, daranno origine a problemi tali da paralizzare l’efficienza. Affermare che il gruppo deve agire autonomamente, senza guide, alla ricerca della massima efficienza d’insieme, può sembrare banale, ma rimane vero.
È meglio essere troppo grandi che troppo piccoli. La dimensione ottimale viene raggiunta attraverso il lavoro di squadra: “dal basso in alto”. Allorché i problemi di comunicazione diventano un rischio per la sicurezza, allora è il momento di costituire due gruppi.
II gruppo fondamentale può essere chiamato Squadra di Fuoco. Il numero dei partecipanti può essere tra i cinque e i dieci. Meglio avere due squadre di fuoco composte ognuna da sei elementi piuttosto che averne una di dodici. In caso di bisogno, una squadra di fuoco può essere composta tutta da combattenti inesperti, armati con qualsiasi arma si possa reperire. In condizioni migliori, la squadra di fuoco può essere guidata da un delegato eletto, compagni novellini insieme a compagni più esperti e con un alto livello di uniformità di armamento.
Agli scopi della presente trattazione, possiamo chiamare Bande i gruppi di squadre di fuoco. Non ha importanza quali termini usiamo. I militari chiamano “plotoni” i gruppi di squadre di fuoco, e “compagnie” i gruppi di “plotoni”. Durante la guerra civile spagnola i membri della CNT erano organizzati in “centurie” (ognuna di 100 persone). In effetti non è molto astuto denunciare il numero di appartenenti per unità designando l’unita con un titolo numerico (come Dozzina, Centuria o con l’uso della definizione militare delle unità). Se il potere ha un informatore all’interno dell’organizzazione lo saprà o finirà col saperlo, ma perché aiutarlo?
Qualsiasi etichetta si scelga per designare le unità rivoluzionarie, essa non assumerà la medesima connotazione che quella etichetta (o la sua corrispondente nella terminologia militare) ha in una organizzazione militare o para-militare autoritaria. In una struttura di quest’ultimo tipo l’autorità legittima cade dall’alto verso il basso. Negli USA il Presidente è il Comandante delle Forze Armate. Questa è la gerarchia del comando. Funziona solo finché la catena non si spezza. Una volta uccisi tutti gli ufficiali di una unità, si suppone che i soldati semplici seguano i sottufficiali in ordine di grado, oppure, se restano solo soldati semplici, in ordine di anzianità. In pratica, se il combattimento è tale da annientare tutti gli ufficiali, il soldato semplice o il caporale segue chiunque sembri più capace di guidare l’unita fuori dal fuoco. In seguito, se qualcuno riesce a scampare, il “comandante” viene nominato dai superstiti. Durante la seconda guerra mondiale, spesso diverse unità combatterono per giorni o addirittura per mesi con un soldato semplice come “Comandante della Compagnia”. Quando una unità opera sotto il diretto controllo dei superiori, come i sabotatori, i commando e i ricognitori, l’unità di solito non dà troppa importanza ai gradi ma segue invece chiunque sia più competente in un particolare aspetto dell’operazione. Il comandante dell’unita è quasi un prestanome.
Queste unità agiscono in guerre non convenzionali. E da qui la loro struttura non ortodossa e la maniera di operare. Quando le stesse unità vengono impiegate per la guerra convenzionale, risultano schiacciate da una struttura di comando che limita l’iniziativa. Ogni particolare deve essere contemplato da una direttiva di comando o non può eseguirsi. I comandanti militari tradizionali controllano ogni fase di un’azione militare in via di sviluppo, tranne una: quando le truppe si scontrano col nemico, il comando va al capo del plotone e questi può modificare il piano di battaglia al punto che egli giudica necessario. Le circostanze spesso esigono una modifica sostanziale del “piano di combattimento”, ma i capi del plotone non sono passibili di censura perché il controllo del comando è stato trasferito su di loro. Nel caso in cui il capo del plotone viene ucciso o gravemente ferito, la catena del comando si modifica secondo la gerarchia. Se un plotone o una squadra di fuoco perde il contatto con la catena di comando, i suoi componenti seguono semplicemente quegli ordini che avevano prima di perdere il contatto, ma nella pratica questo è solo un gesto simbolico e di solito fanno quello che il capo del plotone o della squadra di fuoco crede opportuno nelle circostanze in cui si trova. L’esecuzione degli ordini in circostanze difficili senza supervisione del comando viene tenuta in grande considerazione in campo militare.
I comandanti militari convenzionali che utilizzano una forza d’assalto semi-autonoma, come i Royal Marines, i commando o i marines esploratori americani, hanno spesso ufficiosamente dispensato i subordinati da gran parte del regolamento spicciolo (saluto, ecc.), per ottenere uno stretto rapporto operativo tra gli ufficiali e i loro uomini. In alcuni casi, sottufficiali e caporali vengono semplicemente scelti dal gruppo a cui appartengono. Poiché caporali e sergenti sono poi i veri comandanti durante il combattimento, credere di avere il permesso di scegliersi da sé i propri sottufficiali costituisce un aiuto eccezionale per le truppe.
Le strutture militari libertarie operano in maniera opposta alle strutture militari autoritarie. L’autorità libertaria viene dalla truppa e va ai capi combattenti delegati. Senza questo aspetto dell’organizzazione di combattimento anarchica, sarebbe impossibile per piccoli gruppi di combattenti produrre le perdite che essi fanno ai più ingombranti, non motivati, eserciti regolari. La perizia tecnica è qui della massima importanza, in quanto i gruppi di guerriglia devono essere non solo più determinati e più motivati dei loro avversari, ma devono anche essere più esperti nella mansione. Qualcosa di meno sarebbe inaccettabile.
Basi fondamentali delle operazioni di combattimento
La tattica militare consiste nelle mosse e nelle azioni che l’unità militare utilizza per condurre il combattimento. Queste sono modificate e adattate, a volte rivoluzionate, dai cambiamenti e dai progressi della tecnologia, della struttura sociale e della filosofia politica. I tattici militari nei secoli hanno tentato di stabilire tali basi fondamentali in un insieme di “regole”. Alcune di queste “regole” sono rimaste immutate lungo gli anni, altre sono da tempo dimenticate. I punti fondamentali sono stati perfezionati e sono conosciuti come i “Princìpi della Guerra”.
Quale che sia il modo o lo stile di guerreggiare, queste funzioni vengono tenute sempre presenti. Vengono modificate in modo diverso per l’organizzazione sociale libertaria e per l’organizzazione sociale autoritaria, ma rimangono fondamentali. In aggiunta ai “Princìpi della Guerra”, si dovrebbero studiare le “Funzioni del combattimento terrestre”. Per uno studio dettagliato, per quanto un po’ antiquato, di entrambi, si raccomanda Clausewitz. Egli è, se non il primo, sicuramente uno dei migliori della società occidentale. È un super-autoritario, ma è anche uno dei più brillanti tattici militari.
I “Princìpi della Guerra” comprendono i principali fattori la cui adeguata applicazione è essenziale per effettuare l’attacco all’autorità e per la felice riuscita della guerra. Essi sono: Obiettivo – Offensiva – Massa – Economia di Forza – Manovra – Unità di Comando – Segretezza – Sorpresa – Semplicità.
Qui di seguito faremo una trattazione estremamente rapida di ognuno di essi. Si raccomanda vivamente uno studio più approfondito.
Obiettivo
Un obiettivo chiaro, fisico o simbolico, è necessario per qualsiasi piano d’azione efficace. Per gli anarchici è fondamentale la capacità di raggiungere rapidamente una decisione di gruppo (soprattutto sotto pressione). Si deve scegliere un bersaglio, e i motivi della decisione devono essere chiaramente compresi da tutti. Ciò è molto più difficile di quanto sembri. Si deve scegliere l’obiettivo sulla base della sua opportunità per la possibilità dei gruppi e per il suo valore per la lotta.
Offensiva
Le forze di guerriglia devono attaccare solo quando possono raggiungere il loro obiettivo e allontanarsi. Gli attacchi suicida sono l’ammissione della sconfitta. Quando l’unita è all’offensiva, i suoi combattenti devono essere decisi e fiduciosi. Una forza simile che attacca il giusto obiettivo provocherà più perdite di quante ne possa subire. I gruppi di guerriglia dovrebbero subire sempre meno del 10% di morti e feriti se si manterranno fedeli ai princìpi che regolano la loro condotta di guerra. L’imprevisto che provoca il 50% di perdite viene da un serio errore nella prima funzione del combattimento: le informazioni. L’unità di guerriglia che viene costretta alla difensiva comincerà immediatamente a subire perdite.
Massa
Concentrate sempre il grosso del vostro attacco in un solo punto. Le diversioni vengono utilizzate per distrarre il nemico dalla forza principale, mai come attacco ausiliario su un diverso obiettivo. Le diversioni sono solo questo. Se lasciate che la vostra forza venga frazionata dal nemico, avrete infranto tre princìpi: economia di forza, unità di comando e massa.
Economia di forza
Non usate più forza di quanto sia necessaria per un attacco. Si sprecheranno munizioni, i combattenti che potrebbero essere tenuti come rincalzo saranno stanchi; rifornimenti, veicoli e uomini verranno messi a repentaglio inutilmente. D’altra parte, se attaccate con una forza inadeguata al compito, correte un grosso rischio in termini di uomini e di materiali.
Manovra
Molte battaglie e guerre sono state vinte da una forza più esigua, più debole, che ha battuto strategicamente un nemico più forte, mettendolo in tale pericolo da finire con una resa, invece che con una carneficina. Le manovre militari fondamentali includono la penetrazione, l’avvolgimento, il doppio avvolgimento, l’accerchiamento e l’attacco frontale (la “carica Banzai”). In genere, più la manovra è rozza, più è costosa in uomini. L’attacco frontale deve essere assolutamente evitato nella maggior parte dei casi. La classica manovra militare è il doppio avvolgimento (si aggira il nemico da ambedue i lati della sua posizione), colpendolo d’“infilata” o nel “fianco” da due direzioni. La manovra è l’aspetto fondamentale della guerra di guerriglia, perché si è spacciati se si tarda troppo. Buone comunicazioni e una valida pianificazione preventiva delle operazioni sono un’assoluta necessità. La velocità è fondamentale e una guerriglia lenta diventa ben presto una guerriglia morta.
Unità di comando
Probabilmente gli anarchici faranno un sobbalzo a questo punto. Il “comando” di una forza militare da parte di un comitato non è consigliabile. Gente impegnata nel combattimento armato ha poco tempo per un’assemblea. Comandanti delegati scelti fra la truppa devono concordare in anticipo sulla tattica e scegliere il più capace fra di loro perché assuma il comando.
Per quanto temporaneamente, ci deve essere unità di comando durante il combattimento e la ritirata. Ogni combattente dovrebbe essere chiaramente consapevole del proprio ruolo durante l’azione e accettare di effettuare le necessarie operazioni per portarla a termine. Per ottenere unità di comando, le comunicazioni radio sono uno strumento preziosissimo. L’utilità strategica di comando ha implicazioni completamente diverse. Riguarda le operazioni a livello regionale o nazionale ed è qualcosa che va al di là dello scopo di questo lavoro, giacché concerne gli scopi ultimi di tutti gli anarchici di un’area estesa. L’unita tattica di comando deve essere raggiunta mentre un gruppo (o più gruppi) sono impegnati e riguarda la situazione immediata.
Segretezza
In un gruppo anarchico la sicurezza ha un particolare significato. Ovviamente, un gruppo anarchico deve conservare un certo grado di operazioni clandestine per potere sopravvivere. Comunque, se facciamo a meno della formale gerarchia autoritaria, allora si deve cambiare la regola della parità di informazioni ad ogni livello. Ci si può fidare che ogni membro del gruppo X mantenga la segretezza? Se il reclutamento viene effettuato direttamente all’interno di un gruppo operante (un’idea estremamente sconsigliabile) la risposta è no. C’è il problema degli informatori, naturalmente, ma più rilevante alla luce della scoperta di recenti attività della polizia, è la possibilità di arresto e di tortura. Oltre al pericolo del semplice arresto e dell’incarcerazione c’è la possibilità del tranello e delle imboscate.
La soluzione autoritaria è: “Non dire nulla alla truppa ed essa non avrà nulla da confessare”, ma una filosofia della libertà esige più alti livelli di responsabilità personale rispetto ad una totalitaria. Dobbiamo ammettere che questo problema ci pone dinanzi ad un serio dilemma e non dobbiamo mai perdere di vista la cosa.
Sorpresa
La sorpresa è l’ingrediente essenziale per il successo nella guerra di guerriglia. È unicamente un prodotto del corretto piano offensivo unito alla segretezza e alle buone informazioni. Se si fallisce la sorpresa, si fallisce tutto. La difesa principale del gruppo (ossia la segretezza in cui opera) sta nel fatto che non si hanno posizioni statiche contro cui le potenti armi dello Stato possono indirizzarsi. Tuttavia, se lo Stato può essere sicuro che noi saremo in un certo posto, in un certo momento, in una certa data, potremmo benissimo star seduti in un posto che consideriamo sicuro mentre una bomba sta per piombarci addosso.
Se manca la sorpresa viene a mancare l’unico vantaggio della guerriglia, visto che siamo più deboli come numero e come materiali.
Semplicità
Il piano operativo per una particolare azione dovrebbe essere il più semplice possibile. In combattimento, sotto il fuoco, le comunicazioni potrebbero saltare. I comandanti possono essere feriti o uccisi, il piano può essere rinviato o cancellato. C’è maggiore possibilità di portare a termine con successo l’azione se ci sono meno cose da ricordare. Si hanno così meno cose che possono andare storte, meno errori che si possono fare con un piano facile che con un piano più complicato. Ciò non significa che ogni eventuale problema non debba essere preso in considerazione e discusso, significa solo che il piano deve essere semplice. Man mano che il gruppo si fa più esperto ed acquisisce migliore addestramento, migliori armi, ecc., si possono introdurre piani più complicati.
Le funzioni del combattimento terrestre
Le “Funzioni del Combattimento Terrestre” concernono l’effettiva applicazione della forza di combattimento. Non sono regole fisse ma categorie maneggevoli. Esse comprendono: lnformazioni – Mobilità – Potenza di fuoco.
Informazioni
In un piccolo gruppo, ogni membro può essere responsabile dei compiti informativi, di approvvigionamento, ecc. È un problema del gruppo stesso. In genere, è imprudente che una sola persona conosca ogni aspetto dell’attività dei gruppi: se ognuno conosce solo una certa parte, potrà tradire solamente quella parte.
In gruppi più grandi, le funzioni informative possono essere assegnate a compagni in una situazione tale da adempiere tali compiti facilmente (ad esempio un dattilografo della polizia o un impiegato d’ufficio di un’agenzia di raccolta dati o di una compagnia di sicurezza e sorveglianza) oppure a compagni che abbiano qualche altra posizione particolare nell’ambito della comunità che consente di effettuare indagini. Si dovrebbe investigare a fondo sulle nuove reclute e su tutti i membri recenti del gruppo. Se qualcuno solleva obiezioni ad un’indagine personale, molto probabilmente è meglio non fidarsi di lui e non gli si dovrebbe permettere di avere alcun altro contatto diretto col gruppo. Sarebbe prudente comunque tenerlo sotto sorveglianza nella comunità e cercare di accertare se sia un agente di polizia. Si dovrebbe esaminare attentamente ogni momento non chiaro nella storia di una potenziale recluta, così come il suo servizio militare, eventuali carcerazioni o ricoveri in ospedale. Un curriculum fatto apposta viene facilmente confezionato dalle autorità statali, così come le biografie e le referenze. Diffidate in particolare di chiunque abbia entrate inspiegabili o strane o di chiunque si assenti regolarmente dal gruppo per un numero ricorrente di giorni. Parecchi agenti infiltrati negli USA sono stati colti sul fatto quando scomparivano a fine settimana per andare a trovare la famiglia.
Un falso documento d’identità che superi l’ispezione di un casuale controllo di polizia dovrebbe essere ottenuto per ogni membro del gruppo, soprattutto per coloro che sono addetti all’approvvigionamento delle munizioni, all’affitto degli alberghi o degli appartamenti, o in genere a qualsiasi attività che possa far conoscere la propria identità, alla polizia.
I vari metodi per ottenere documenti d’identità sono:
Furto – I documenti d’identità rubati sono i più affidabili. Tanto per cominciare assicurarsi che l’individuo cui li si ruba non sia un pregiudicato. Non utilizzate mai carte di credito o assegni rubati, perché mettereste in moto un controllo sistematico d’archivio che può andare avanti per mesi e potrebbe finire con l’arresto di un compagno che sta utilizzando quel documento d’identità per qualcosa che non riguarda la lotta. In Inghilterra, l’Angry Brigade fece questo errore e di conseguenza tutto il gruppo venne arrestato e imprigionato. Sono stati catturati più gruppi di guerriglia urbana attraverso le indagini anti-truffa che a seguito di azioni d’attacco andate male.
Certificato di nascita contraffatto – Anche se questo metodo sta diventando sempre più difficile, è ancora possibile guardare nella pagina dei necrologi sul giornale e richiedere una copia del certificato di nascita di una persona deceduta. Scegliete una persona all’incirca coetanea vostra. Con il certificato potete quindi ottenere la carta d’identità, una copia della patente di guida, aprire un conto in banca, ecc. Le ricevute dei certificati elettorali sono una valida prova di cittadinanza.
Fabbricazione – Questa richiede parecchia abilità per la fotografia e la stampa, ma è più veloce da ottenere, una volta che ci si è fatta la mano, rispetto al furto e alla falsificazione. Un documento d’identità completamente contraffatto da un valido artigiano, può alla fine essere migliore di quello rilasciato dallo Stato. Un gruppo di New York utilizzava una macchina fotografica Polaroid ed una grande riproduzione del modulo della patente di guida secondo proporzioni reali delle foto della persona. Poi ci scrivevano a macchina le informazioni e bagnavano la foto nella plastica. Sembrava quasi identica alla patente di guida dello Stato di New York.
Non si dovrebbero mai tenere annotazioni scritte. La prova a carico più grave possibile in tribunale è un diario di mano dell’imputato. Non permettete mai che qualcuno registri i dati tratti dai documenti su nastro o su qualche altro mezzo meccanico. Se i documenti finanziari sono assolutamente necessari, mescolateli con quelli di qualche impresa d’affari legale per renderne più difficile il riconoscimento. Qualsiasi acquisto legale di armi o di munizioni dovrebbe essere fatto in modo da nascondere il loro eventuale uso o attraverso l’impiego di pseudonimi o utilizzando un prestanome, qualcuno che compri l’occorrente dietro compenso, senza che sappia a chi è destinato.
Alloggi segreti, arsenali e metodi di comunicazione dovrebbero essere tenuti strettamente nascosti. Anche riunioni, convegni e sedute di pianificazione operative dovrebbero essere tenuti ben segreti. Non lasciate in giro disegni con scritto l’orario o il luogo in cui si tengono le riunioni. Una volta iniziate le operazioni è prudente evitare di riunirsi in più di due o tre membri alla volta in un posto, ad eccezione che nelle operazioni vere e proprie.
Mobilità
La mobilità è un aspetto fondamentale della guerra di guerriglia. I componenti del gruppo dovrebbero addestrarsi sulla meccanica di base delle auto e dei camion. Essere capaci di effettuare piccole riparazioni e un’adeguata abilità di guida sono un dovere per ogni membro. Un’abilità di guida più perfezionata in caso di pericolo è indispensabile. I compagni addetti ai trasporti vanno cercati fra coloro che conoscono i motori diesel e a benzina. Gli autisti dovrebbero sempre avere carte di circolazione debitamente contraffatte per i veicoli che stanno utilizzando. Una rete di alloggi sicuri, di simpatizzanti e di contatti in altre città e paesi dovrebbe essere mantenuta e ampliata per consentire lo spostamento clandestino di fuggitivi ricercati attraverso il paese e i confini internazionali se necessario. Si dovrebbe disporre di veicoli da trasporto adatti a nascondere armi più pesanti, come mitragliatrici leggere, mortai o lanciarazzi, nella eventualità di spostare simile materiale. Gli esplosivi non dovrebbero essere mai trasportati su mezzi pubblici come gli autobus o i treni. Il rischio di un’esplosione in un’area affollata o popolata deve essere evitato. Le autovetture dovrebbero essere rubate o rapinate a mano armata subito prima dell’azione, o portate via per strada alla più opportuna occasione. Un’auto con le chiavi dentro è il massimo, ma è sufficiente una col contatto a fili. I vecchi modelli di solito possono essere messi in moto in fretta con poco più che un paio di cavi come attrezzi. I modelli d’auto più recenti con accensione al volante possono essere espropriati utilizzando un martello pesante per spaccare la serratura sul piantone di guida e infilando un grosso cacciavite nell’apertura così prodotta per tentare l’accensione. Poiché la polizia è in grado di controllare ogni veicolo in meno di 30 secondi attraverso il computer, laddove possibile si dovrebbe sempre utilizzare un veicolo “legale”. Le moto sono un’utile alternativa.
La mobilità è la base della sopravvivenza nella guerriglia urbana. Se la polizia è capace di impedire la vostra capacità di spostarvi da un luogo all’altro, può anche, con un’indagine selettiva, arrivare a delimitare l’area in cui siete. In ogni caso non è una buona idea “chiudersi” in un determinato luogo. Dato che in una situazione statica attacco-difesa il potere vince sempre per maggiore potenza di fuoco e per numero, dobbiamo evitare ad ogni costo di trovarci in simile situazione: o affrontare la cattura o morire.
L’altra faccia della medaglia è il gruppo che opera con tale segretezza effettiva che i suoi membri possono continuare la loro vita perfettamente normale alla luce del sole e agire come guerriglieri durante parte della notte. Con adeguati nascondigli per le armi, questi compagni saranno al sicuro nel caso di perquisizioni, dato che la loro identità è sconosciuta alla polizia. Ovviamente questi compagni devono evitare qualsiasi contatto con quello che potrebbe definirsi il movimento o l’organizzazione “alla luce del sole”, “ufficiale”. Essi devono rimanere assolutamente al di sopra di qualsiasi sospetto.
La mobilità e il morale sono ambedue dipendenti dalle perdite subite. Il trasporto di un compagno ferito è un’eventualità che ogni gruppo di guerriglia deve essere preparato ad affrontare. Nessuna persona colpita dovrebbe essere abbandonata a meno che non sia evidentemente morta o morente e l’estrazione di una pallottola significhi cattura certa o morte per qualsiasi squadra di soccorso. I compagni dovrebbero addestrarsi nel pronto soccorso in combattimento (il pronto soccorso di ferite causate da pallottole è notevolmente diverso dalle solite esercitazioni di fasciatura di arti fratturati) e fare costantemente pratica. La formula da tenere a mente è: “Fermare l’emorragia, ripristinare la respirazione, bendare la ferita, curare il collasso”. La sopravvivenza del gruppo e il successo dell’operazione hanno priorità sull’evacuazione dei feriti. Non fate fallire l’operazione e non ritiratevi a meno che il gruppo subisca perdite (che potrebbero sopravvivere) al di sopra del 40% dei combattenti. Le riserve si devono utilizzare solo se la loro partecipazione può dare nuovo impulso alla riuscita dell’azione e riportare indietro i feriti. Se l’obiettivo originario non può essere raggiunto in ogni caso, le riserve dovrebbero essere utilizzate solo per proteggere la ritirata, per azioni di continui attacchi sugli inseguitori o come diversione, oppure per innescare esplosivi mentre ci si ritira. Impiegare le riserve in combattimento diretto nel caso di una missione fallita costituisce un ingiustificato rischio per combattenti e materiali.
Abbandonare un compagno ferito è azione grave. Il fatto di abbandonare i propri compagni è demoralizzante in sé, ma c’è l’ulteriore considerazione che il compagno ferito verrà ucciso sul posto dalla polizia, o il suo trasporto in ospedale verrà ritardato finché non muore, oppure verrà torturato per avere informazioni subito dopo la cattura o più tardi, dopo il suo trasferimento in prigione.
I compagni che hanno ricevuto gravi ferite alla testa, al torace con compromissione del sistema respiratorio oppure ferite addominali di qualsiasi tipo, probabilmente non sopravviveranno più di un’ora o due senza cure chirurgiche. Il collasso conseguente a ferite alla testa o all’addome è spesso grave. Il collasso uccide più spesso che le conseguenze della ferita stessa. Il trattamento del collasso (una volta fermata l’emorragia e ripristinata la respirazione) consiste nel sollevare i piedi (nel caso di una ferita alla testa, sollevare la testa e la parte superiore del torso), ricoprire con una coperta o altro indumento e tranquillizzare la vittima. È improbabile che si trovino a portata di un’operazione di guerriglia le condizioni adatte ad un trattamento dello shock, quindi trasportate il ferito prima possibile. La decisione di trasportare i feriti dovrebbe essere presa tenendo bene in mente queste cose:
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il compagno è cosciente?
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può camminare con l’aiuto di qualcuno?
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le ferite sono superficiali o gravemente traumatiche?
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il compagno soffre molto o si può riuscire a portarlo da un medico?
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è più probabile che il compagno sopravviva trasportandolo o lasciandolo sul posto?
I compagni che hanno subito una ferita alla colonna vertebrale devono essere lasciati immobili, perché qualsiasi spostamento porterà sicuramente alla paralisi se la ferita stessa non l’ha già provocata. La possibilità di subire perdite deve sempre essere tenuta presente da tutti durante la pianificazione dell’operazione. È molto probabile che si subiscano perdite. La questione è se il gruppo riuscirà a proseguire il combattimento nonostante queste perdite. Se la possibilità di essere feriti senza alcuna assistenza preoccupa i compagni fino ad intaccarne lo stato d’animo e a ridurne così sostanzialmente l’efficienza di combattimento, allora, ovviamente, occorre fare qualcosa per procurarsi tale assistenza.
Potenza di fuoco
La potenza di fuoco determina in gran parte le possibilità di combattimento e l’efficacia di una forza di guerriglia. L’approvvigionamento di armi e munizioni adeguate e il corretto addestramento all’uso ed all’applicazione di tali armi è il risultato e il coronamento cui tendono la nostra organizzazione e i nostri sforzi di pianificazione. La logistica e gli approvvigionamenti sono le basi del combattimento.
Quel che vogliamo e progettiamo e quel che nella realtà realizziamo sono spesso due cose diverse. Dobbiamo porre degli obiettivi e cercare di raggiungerli. Non sempre ci riusciamo, ma il tentativo migliorerà le nostre capacità complessive. Alcune cose fondamentali da considerare riguardo il problema dell’armamento:
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Uniformare tutti i calibri e i modelli di armi. Ciò significa che ogni gruppo cerca di ottenere armi che sparino esattamente le munizioni del medesimo calibro per ogni tipo di arma. Esempio: tutte le pistole il calibro .45 ACP, tutte le carabine il calibro US .30 Ml, tutti i fucili il calibro 7,62 NATO, tutti i fucili da caccia il 12. Nella pratica, questo può essere difficile da ottenere, soprattutto se le armi sono scarse o illegali. Ma, se c’è possibilità di scelta, procuratevi armi che si adeguino alla formula di uniformità che avete scelto.
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Utilizzare pistole di grosso calibro. Tatticamente le pistole di piccolo calibro sono inferiori. Le armi di piccolo calibro non hanno gli effetti devastanti di quelle di grosso calibro. Il calibro .32 ACP è forse il calibro più piccolo accettabile per scopi militari. Altri calibri per pistole (in ordine di preferenza) sono: .45 ACP (11,25 mm); .38 Special o 357 Magnum, 9 mm Parabellum, utilizzabile anche sui mitra, 9 mm Kurz (9 mm corto o .380), .32 ACP (7,65 mm). Bisogna assolutamente evitare le armi antiquate perché è difficile procurare i calibri.
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Adattare per la guerriglia le armi sportive e legali. Innanzitutto bisognerebbe procurarsi armi legalmente in vendita. Molte armi sportive si possono adattare per gli scopi della guerriglia. Si può accorciare la canna, segare il calcio, aggiungere ganci per facilitare l’occultamento sotto gli abiti. La carabina US .30 MI è particolarmente adatta per queste modifiche. Si può modificare il dente d’arresto del cane e la sicura di moltissime armi semi-automatiche ad auto-caricamento in modo da farne mitra automatici o SMG. Le versioni sportive di molti fucili da guerra (o “automatici”) possono essere modificate in modo analogo per trasformarle in fucili da guerra automatici (AR). Ad esemplari di armi militari per la vendita commerciale civile di solito si adattano caricatori militari di maggiore capacità. Fare una conversione non significa semplicemente modificare il dente d’arresto del cane dell’arma. Di solito il dente d’arresto del cane e la sicura funzionano in sincronia per fornire una specifica velocità di fuoco propria di quell’arma e ci si deve premunire contro il ritardo dell’accensione delle cartucce finché il meccanismo è sicuramente bloccato per garantire la sicurezza del funzionamento. Oltre a ciò non modificare il dente d’arresto può voler dire non riuscire più a fermare l’arma, che continua a sparare finché si inceppa o esaurisce le proprie munizioni.
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Procurarsi armi militari o fabbricarsele da sé. Prima di tutto cercate di comprarle. Se non sono disponibili armi e munizioni legali, allora procurate sul mercato clandestino o rubate delle armi militari che potrete usare per prendere altre armi. Questo è sempre stato un metodo classico per i movimenti di resistenza.
La capacità militare del gruppo può essere insufficiente a organizzare una spedizione in un arsenale della polizia o in un deposito o in un veicolo dell’esercito, e allora fabbricarsi da sé le armi è il modo più adeguato per rifornirsi. La più semplice arma a ripetizione e il mitra blow-back. Progetto e fabbricazione di quest’arma sono stati realizzati dai movimenti resistenziali in Danimarca, Svezia, Norvegia, Russia, Germania e Cina nella seconda guerra mondiale. In tempi più recenti, armi artigianali basate sullo Sten britannico sono state prodotte in Indonesia, Vietnam, Irlanda del Nord e vari altri paesi in cui si è avuta guerriglia contadina e urbana. Durante la guerra, oltre due milioni di Sten britannici sono stati costruiti a 9 mm. Un numero notevole è ancora disponibile in Europa.
Si raccomandano due libri: Improvised Weapons of the American Underground della Desert Publications, P.O. Box 22005, Phoenix, AZ 85028 e Home Workshop Guns for Defence and Resistance di Bill Holmes, Paladin Press, Box 1307, Boulder, Colorado. Si tratta di libri che riportano esatti piani particolareggiati per la fabbricazione il primo di un fucile calibro .45 un po’ sul modelle dello Sten, il secondo contiene disegni per una versione a 9 mm. dello Sten secondo il modello dell’US M3A1 (“grease gun”). Dei due, il libro di Holmes è superiore, ma quello della Desert Publications è valido e merita la lettura.
Parte seconda
Scopo
Lo scopo della guerra di guerriglia è di proseguire la resistenza nelle città e nelle campagne dopo l’invasione di un paese da parte di una forza di occupazione nemica, oppure a seguito della caduta del consenso politico con un corrispondente aumento dei poteri repressivi dello Stato e relativa criminalizzazione dell’opposizione anti-autoritaria.
I distaccamenti della guerriglia provocano paura e confusione dietro le linee nemiche; costringono il nemico a intraprendere complesse misure di protezione, sprecando così le sue energie; causano perdite sia in uomini che in materiali.
Le aree occupate da unità di guerriglia devono essere mantenute in uno stato di costante agitazione in modo che nessuna delle forze di sicurezza vi si possa muovere liberamente.
La fase finale consisterà in una generale, aperta insurrezione. Bersagli specifici saranno:
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Vie di trasporto (strade e linee ferroviarie).
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Comunicazioni (linee telefoniche, aeree e sotterranee, centrali telefoniche, stazioni radio e televisive).
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Sistemi d’energia (centrali elettriche, depositi di carbone, centrali nucleari).
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Impianti industriali di vitale importanza.
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Officine e magazzini riparazioni.
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Quartieri generali e basi delle forze di sicurezza.
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Convogli di trasporto.
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Messaggeri, corrieri e addetti ai collegamenti.
Durante la guerra convenzionale le forze di opposizione vengono rifornite da fabbriche, magazzini e depositi di provviste; le unità guerrigliere, invece, vivono della guerra.
Ogni unità guerrigliera ha un’autonomia e una libertà d’azione ben maggiore di quanta ne avrebbe come componente di un esercito permanente in una guerra convenzionale.
Organizzazione
Formazione
Senza il sostegno della popolazione civile, alla lunga la guerra di guerriglia soccombe.
All’inizio, le forze di sicurezza non impiegheranno le loro unità più forti e più preparate contro le prime azioni guerrigliere. Esse infatti tenderanno a sottovalutare il peso delle unità guerrigliere che così riescono, anche solo in parte, a correggere le proprie debolezze all’inizio della resistenza. Tuttavia, col crescere della resistenza guerrigliera, le forze di sicurezza predisporranno gruppi specialistici addestrati alla tattica antisovversiva. Ne sono prova i numerosi programmi AID costituiti in Sud America negli anni 60 da parte degli USA per addestrare le locali forze di sicurezza nella strategia contro-insurrezionale.
L’idea che la guerra di guerriglia sottende è quella di effettuare locali operazioni di resistenza, in particolare il sabotaggio e la contro-propaganda. Contemporaneamente, è necessario creare alcune aree liberate tenute da unità di guerriglia mobili. Tuttavia, non si devono tenere rigidamente tali aree. Esse saranno cambiate costantemente secondo la regola fondamentale della guerra di guerriglia che stabilisce che “nessuna zona viene tenuta in permanenza”.
Di regola, le aree liberate possono essere difese solo per poche settimane o mesi, finché le forze di sicurezza hanno concentrato sufficienti truppe per iniziare operazioni di contro-guerriglia su vasta scala.
Attraverso continue operazioni su scala ridotta, le forze di sicurezza verranno disperse e si proteggerà lo sviluppo delle unità mobili di guerriglia.
Fase organizzativa
Le forze di sicurezza lasceranno determinate aree non occupate per la loro scarsa importanza per insufficienza di personale.
Le unità di guerriglia devono muoversi in tali aree. Esse devono rimanere inattive finché ogni unità non sarà bene organizzata.
È essenziale un breve periodo di addestramento. Serve ai membri dell’unità per conoscersi reciprocamente. L’addestramento inoltre permette ai membri dell’unità di familiarizzare con le tattiche e le tecniche fondamentali della guerra di guerriglia come anche di imparare a vivere di quel che offre il paese, conoscere le comunicazioni, la clandestinità, l’esplorazione, le tecniche di sabotaggio e demolizione e l’uso delle armi.
Questo addestramento può durare uno o due mesi, a seconda che l’unità si stia ancora organizzando indisturbata oppure che si debbano effettuare immediatamente delle operazioni. I tupamaro dell’Uruguay impiegarono un certo numero di anni per questa fase organizzativa. Più lungo è il periodo organizzativo, maggiori sono le probabilità di successo, in quanto ci saranno minori perdite durante i futuri scontri. Questo a sua volta accresce la fiducia in se stessi.
La ricognizione su futuri obiettivi e l’osservazione sistematica delle forze di sicurezza possono essere effettuate contemporaneamente all’organizzazione e all’addestramento.
Armi, munizioni ed esplosivi
Alcune armi, come i fucili ad aria compressa, si possono ottenere legalmente. Altre armi, invece, dovranno essere procurate o dai negozi d’armi o dalle basi delle forze di sicurezza per mezzo di azioni di guerriglia durante la fase organizzativa (o possono essere fabbricate abbastanza facilmente in laboratori artigianali). Altre armi, come le bombe a mano, le mine, i lanciarazzi, possono essere procurati con lo stesso sistema. Esplosivi e detonatori si possono trovare nelle cave. Altri tipi di esplosivo possono essere fabbricati dalle stesse unità di guerriglia.
È comunque estremamente importante predisporre un nascondiglio mimetizzato per armi e munizioni. L’umidità è il grande nemico delle munizioni: pertanto, il nascondiglio dev’essere costruito con cura. Le armi che non saranno immediatamente necessarie dovrebbero essere ingrassate e avvolte in sacchi a tenuta d’aria. Munizioni, esplosivi e prodotti chimici devono essere accuratamente avvolti e riposti in casse. Costruite una grata utilizzando assi e travi, in modo che le casse non giacciano al suolo.
Lasciate uno spazio di circa un palmo tra casse e contenitori per permettere la circolazione d’aria. Se possibile, arieggiate il nascondiglio togliendo spesso la copertura.
Delle cariche pronte e concentrate possono essere utilizzate per distruggere obiettivi fissi (binari ferroviari, pali di linee elettriche, trasformatori, ecc.).
Le mine anticarro sono cariche eccellenti, pronte, concentrate. Il peso dell’esplosivo contenutovi è sempre di tre o quattro chili.
I proiettili d’artiglieria, le cariche da mortaio e le bombe aeree possono essere utilizzate come cariche pronte e concentrate per distruggere obiettivi consistenti.
È meglio legare il proiettile ad un asse con un filo. Come innesco usare una piccola carica che va sempre attaccata vicino al detonatore.
Manutenzione
Utilizzare le amicizie in negozi di riparazione legali per lavori particolari. Oppure, meglio, l’unità di guerriglia dovrebbe avere accesso a un laboratorio di riparazioni clandestino dove poter effettuare col minimo di attrezzatura piccoli lavori (come la saldatura di cariche fatte in casa).
Cibo
Le unità guerrigliere di solito vivono con quel che offre il suolo oppure con quanto offerto dalla popolazione o rubato dai negozi.
Il problema dei rifornimenti di viveri (problema difficile) ha notevole peso sulla tattica delle unità.
Se l’unità ha rifornimenti abbondanti di alimentari non deperibili, occorre conservarli per il difficile periodo invernale. Ad esempio: latte in scatola, cioccolato, carne affumicata, lardo affumicato e insaccati. È prudente conservare tutto ciò in depositi ben nascosti.
Consigli per gli approvvigionamenti: quando viene rifornita dalla popolazione, dovrebbe aver cura di non esporsi più del tempo necessario. D’estate, si dovrebbe mandare avanti qualcuno a chiedere che la popolazione prepari gli approvvigionamenti. Poi raccoglierli e farli portare fuori dell’abitato o della città in modo che l’unità mangi all’aperto. D’inverno, aspettate al riparo ed entrate nelle case per mangiare al caldo solo quando il cibo è gia pronto.
Cure mediche
È difficile dire se sia un errore istituire un elaborato servizio medico o se si tratti di un vantaggio effettivo. Nel caso in cui le unità guerrigliere nelle campagne non hanno una base centrale di operazioni, allora ciò è chiaramente impossibile a causa dei continui spostamenti. La base istituita dal movimento guerrigliero boliviano nel 1967 era attrezzata con un piccolo ospedale da campo, compresi tavoli operatori e una strumentazione chirurgica. Ma non se ne può ricavare un esempio generale.
In moltissime circostanze, quindi, organizzate solo un pronto soccorso. Portate i feriti e gli ammalati a persone di fiducia tra la popolazione. Medicinali e strumenti dovrebbero essere presi da: 1. medici; 2. farmacie; 3. ospedali; 4. centri di pronto soccorso in grandi stabilimenti industriali; 5. case private (portare via sempre poca roba); 6. industrie farmaceutiche (come distribuzione clandestina alla popolazione).
La popolazione
La popolazione è il vostro grande amico. Senza la sua simpatia e il suo sostegno attivo, l’unità guerrigliera non riuscirebbe a vivere per lunghi periodi. Di conseguenza, le forze guerrigliere devono fare molta attenzione a non alienarsela con azioni che possono essere fatali alla sua sicurezza. Non deve mai verificarsi una simile provocazione. In questo caso le unità guerrigliere sarebbero un male forse peggiore delle forze di sicurezza.
Se l’unità di guerriglia deve portare via qualcosa, lo dovrebbe fare non dietro la minaccia di un mitra ma attraverso un appello all’obiettivo comune.
Date le caratteristiche particolari della guerra di guerriglia, ogni membro della popolazione se lo vuole può causare un grave danno all’unità, oppure, se troppe cose gli sono state rivelate può parlare nel corso di un interrogatorio delle forze di sicurezza. L’unità di guerriglia è in grande misura dipendente dalla buona disposizione della popolazione.
All’inizio la gente sarà intimorita e non motivata. Col rafforzamento delle unità guerrigliere attraverso il conflitto prolungato, la situazione cambierà.
Una popolazione sveglia, attenta, può aiutare la guerriglia in molti modi:
Sostegno passivo:
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osservare le forze di sicurezza in maniera continua e sistematica;
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costituire una rete clandestina di protezione per i guerriglieri;
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procurare rifornimenti;
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nascondere e curare i feriti e gli ammalati;
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nascondere materiali e munizioni;
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fare da guida ai guerriglieri;
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fare da rete di collegamento tra la guerriglia e la popolazione;
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predisporre alloggi sicuri.
Sostegno attivo:
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fornire tecnici alle unità guerrigliere;
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sostituire i feriti o i morti;
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sabotare le vie di comunicazione;
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sistemare congegni esplosivi.
Anche se la popolazione dovesse agire solo in modo tiepido a favore delle unità guerrigliere, ci sarà sempre qualcuno che si offrirà come informatore, esploratore o messaggero.
I membri dell’unità guerrigliera che tengono i contatti coi simpatizzanti tra la popolazione dovrebbero essere estremamente prudenti, anche in quelle zone sotto il controllo della guerriglia. L’unità deve cambiare sempre la sua area d’attività, mentre quelli che non vi si sono ancora uniti rimangono nella loro area locale. Svelare il loro rifugio significherebbe certamente il loro annientamento.
Tattica delle unità di guerriglia
Prime operazioni
È importante che le prime azioni dell’unità abbiano bersagli semplici che possono essere colpiti senza alcuna difficoltà. Un buon esempio è rappresentato dalla distruzione di un pilone dell’elettricità.
Solo dopo che si è creata la fiducia nell’unità con la realizzazione di qualche semplice operazione, si dovrebbero intraprendere azioni più importanti, come assalti a ponti, stazioni ferroviarie oppure un’imboscata alle forze di sicurezza.
Sicurezza operativa
Della sicurezza delle unità guerrigliere si incaricheranno i simpatizzanti con l’indagine e l’osservazione. Si possono controllare le conversazioni radiofoniche e telefoniche (l’esercito britannico in Irlanda del Nord si accorse con sorpresa ed allarme che l’IRA Provisional aveva installato degli apparecchi per l’intercettazione sui suoi telefoni al Quartier Generale di Lisburn). Si dovrebbero sempre tenere sotto osservazione strade, ferrovie ed aeroporti per prevenire l’arrivo di forze contro-insurrezionali. Le informazioni raccolte dovrebbero essere riferite all’unità guerrigliera operante via radio o attraverso un messaggero.
Comportamento generale
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Agire con discrezione, attenzione e accortezza;
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usare la forza solo quando l’unità guerrigliera è in superiorità di forze;
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evitare qualsiasi azione che possa metterne a repentaglio l’esistenza;
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la più importante misura di sicurezza è la segretezza;
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imboscate e incursioni sono le armi principali di combattimento dell’unità;
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non impegnare mai un nemico forte e non accettare mai un combattimento aperto;
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quando ci si imbatte in una forza superiore, dividersi in piccoli gruppi, evitare lo scontro e ricongiungersi poi in un punto prestabilito.
Se non si può evitare uno scontro con le forze inseguitrici, non impegnarsi in nessun caso in un combattimento decisivo. Adottare piuttosto tattiche di disturbo e sganciarsi più velocemente possibile, senza comunque far passare la notte che serve a nascondere i movimenti dell’unità di guerriglia.
Una volta che le forze di sicurezza si sono rassicurate con uno scontro vittorioso e sono ritornate alla loro base, disturbatele ancora. Le unità di guerriglia dovrebbero saltar fuori dai nascondigli appena le forze di sicurezza sono scomparse.
Marcia
Dopo una grossa operazione riuscita, spostatevi in un’altra zona. Prima di muovervi, stabilite contatti con gente fidata nella nuova zona. Un piccolo gruppo dovrebbe perlustrare tutta l’area.
Evitate le strade principali e i villaggi durante il trasferimento.
Se non sono necessari lunghi preparativi (come il trasporto di scorte di munizioni e di cibo o una perlustrazione su vasta scala), l’esatta localizzazione della nuova zona non dovrebbe essere rivelata.
Per intercettare persone che potrebbero informare le forze di sicurezza sui piani dell’unità guerrigliera, qualche ora prima della partenza si dovrebbero fare uscire delle pattuglie per tendere imboscate nelle strade e nei sentieri. Durante il periodo critico esse fermeranno chiunque passi di lì. Se necessario si taglieranno i fili del telefono.
Non si dovrebbe permettere che qualcuno conosca da dove viene l’unità o dove sta andando. La futura area di operazioni dovrebbe essere tenuta segreta a chiunque non faccia parte dell’unità stessa.
Ingannate la popolazione riguardo la forza dell’unità. Date sempre l’impressione che sia maggiore di quanto è in realtà (ad es.: “... siamo solo un gruppo di un’unità più grande che seguirà”). Se possibile, viaggiate solo di notte per minimizzare il pericolo di essere scoperti.
Poiché il trasferimento avverrà a piedi, data la necessità di evitare le strade, ci sarà parecchio da camminare. Comunque, evitate marce forzate non necessarie. Mantenetevi freschi e conservate le forze per qualsiasi evenienza.
Se possibile, marciate sempre in formazione chiusa. Quando si è tutti vicini, si possono prendere decisioni rapide ed effettuarle meglio e più in fretta. Disporre in testa e in coda uomini a protezione, che siano a parecchie centinaia di metri dalle estremità.
Riposo
Muovetevi di notte e riposate nei boschi durante il giorno.
Scegliete i boschi come riparo. Se siete costretti ad accamparvi all’aperto, utilizzate punti elevati che permettano una buona osservazione.
La sicurezza è massima quando vengono piazzate dalle sentinelle nelle vicinanze dell’accampamento.
Di giorno, fate attenzione agli elicotteri. Di notte, sorvegliate ogni possibile via di accesso.
Se vi accampate dopo il tramonto, tenete uniti gli uomini e mettete sentinelle a 50 o al massimo 100 metri dal campo. Poiché la visibilità aumenta dopo l’alba, si deve aumentare la sorveglianza. Non utilizzate lo stesso campo due notti di seguito. Non passate mai la notte nello stesso posto in cui siete stati di giorno. Fate in modo che ci sia un punto di riunione concordato per i ritardatari o per i dispersi. Questo anche per gli uomini che sono piazzati altrove.
Comunicazioni di fortuna
Ogni tanto, l’unita di guerriglia dovrà entrare in città o in paesi per:
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ricostituire le provviste alimentari;
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affidare feriti e ammalati a simpatizzanti;
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utilizzare il telefono o la posta.
I simpatizzanti non combattenti possono comunicare coi guerriglieri coi seguenti mezzi di fortuna:
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aprendo o chiudendo delle finestre in mode concordato in precedenza;
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appendendo all’esterno degli abiti;
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esponendo o nascondendo qualcosa di visibile.
Su questo ci si può sbizzarrire quanto si vuole, ma qualsiasi metodo deve rimanere segreto.
Blocchi stradali
Il metodo migliore per i blocchi stradali è di servirsi di alberi caduti o abbattuti. Non cercate di abbattere un albero troppo grosso colla speranza di far fare maggiore fatica alle forze di sicurezza. È una cosa che porterà solo a farvi sprecare un sacco di tempo e di esplosivo.
Se l’unità non può predisporre trappole antiuomo, almeno che vengano simulate. Dei fili staccati e seminascosti che vanno dai rami dell’albero fino a terra simulano degli inneschi di cariche nascoste. Zolle di terra staccate e solo parzialmente coperte vicino alla strada fan sospettare che questa possa essere minata.
Istituite blocchi stradali su tratti aperti di strada, dove le forze di sicurezza si debbono esporre al fuoco mentre li rimuovono. Le trappole antiuomo su improvvisati blocchi stradali sono la cosa più importante e non gli alberi in sé.
Le forze di sicurezza non li rimuoveranno a mano ma il trasporteranno via con veicoli. Dove sono installate (o almeno dove sono visibili) le trappole anti-uomo, sarà necessario un veicolo blindato per eseguire il trasporto, oppure si dovranno chiamare degli specialisti per disinnescarle. In ogni modo, ci vorrà del tempo.
Si deve tuttavia osservare che i blocchi stradali sulle strade sono meno efficaci dei blocchi su linee ferroviarie in quanto i primi possono essere facilmente superati deviando il traffico.
Sabotaggio sulle strade
Distruggete, cambiate o spostate i segnali stradali. Mettete chiodi sulla strada. Sono efficaci solo se utilizzati in gran quantità. Per questo tipo di operazioni si può ricorrere ai simpatizzanti. L’obiettivo è fare perdere tempo alle forze di sicurezza. È indispensabile il coordinamento di questo tipo di operazioni con azioni fatte altrove, in quanto un simile sabotaggio serve solo se le forze di sicurezza devono utilizzare la strada di continuo.
Anche i veicoli possono essere sabotati nei seguenti modi:
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zucchero nel serbatoio del combustibile;
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acqua nel serbatoio del combustibile;
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allentare la vite di scarico dell’olio;
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allentare la vite sul filtro dell’olio;
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allentare la spia della pressione dell’olio.
Il sabotaggio, in questi casi, provoca lunghe e complicate riparazioni. D’altra parte, le auto si possono distruggere semplicemente aprendo il tappo del serbatoio di carburante, piegando l’auto da quel lato e gettando un fiammifero sul carburante che fuoriesce. I veicoli più grossi si possono distruggere incendiando giornali sotto il cofano o imbevendo stracci nel carburante o nell’olio e gettandoli accesi sotto il cofano. Naturalmente, gli esplosivi funzionano molto meglio che gli stracci incendiati, ma perché usare preziosi esplosivi quando si può ottenere lo stesso effetto con un metodo molto più semplice?
Si possono fare chiodi metallici per bucare le gomme con un piccolo pezzo di acciaio lungo dai 12 ai 15 cm. e tra 5 e 8 mm. di diametro. Limate i due capi per rendere più aguzze le punte. Tagliate i due capi con un seghetto per 3 o 5 cm. e le quattro parti (che sono tenute insieme solo nella parte mediana per circa 5 cm.) vanno piegate verso l’esterno. Il chiodo può ora cadere a terra in qualsiasi posizione e una punta sarà sempre in alto. La resistenza del chiodo e la lunghezza di ogni punta sono sufficienti per bucare anche le gomme più pesanti.
Imboscata a un solo veicolo
Sparare all’autista e ai passeggeri con un fucile ad aria compressa. È difficile sentire il rumore dei colpi di questo tipo di arma.
Riducendo al minimo il rumore, si guadagna tempo e si può portare via il materiale del veicolo con minore fretta. Se possibile, portare il veicolo in un luogo nascosto. Gli appartenenti alla forza di sicurezza uccisi devono essere rimossi e seppelliti.
Un plotone di recupero dovrebbe seguire la squadra d’assalto. Esso rimuoverà tutto il materiale riutilizzabile e si ritirerà velocemente in un luogo concordato, spesso prima che lo scontro sia del tutto terminato. Così la ritirata di questo plotone sarà coperta dal procedere dello scontro a fuoco.
All’inizio, le forze di sicurezza non saranno in grado di rispondere immediatamente ad un’azione di questo tipo. Ma occorre tenere in considerazione la possibilità di una qualche forma di risposta.
Di conseguenza, l’unità guerrigliera deve avere una via di ritirata sicura, o attraverso un terreno accidentato oppure sabotando le strade. Su un terreno montuoso, possono avere ottima riuscita le incursioni con mitra leggeri, mitragliatrici e mortai contro colonne di trasporti, colonne appiedate e treni.
Dev’essere comunque ben chiaro, prima dell’azione, in qual modo questa verrà condotta. Ad esempio, se il fuoco dev’essere aperto:
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a comando;
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dopo il fuoco di un’arma stabilita;
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automaticamente, quando la testa della colonna ha raggiunto un certo punto sul terreno;
come si deve fermare il veicolo di testa:
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abbattendo un albero;
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con mine;
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sparandogli addosso;
come distribuire il fuoco sulla colonna:
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chi deve sparare sulla parte iniziale;
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chi deve sparare al centro;
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chi deve sparare alla coda;
(quando si utilizzino mortai, lo si faccia solo dopo che la colonna si è fermata); quando si deve cessare il fuoco:
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allo scoppio di razzi;
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secondo il tempo (a es.: cinque minuti dopo l’inizio del fuoco).
Dopo essersi accertati che tutte le strade di ritirata sono ben vigilate, i membri dell’unità guerrigliera dovrebbero fare ritorno individualmente, per sentieri diversi, in un punto prestabilito.
Attacchi di sorpresa
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Generalità:
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l’obiettivo dell’attacco dovrebbe essere completamente perlustrato col binocolo, con l’aiuto di foto, mappe e disegni e con informazioni ottenute da chi ha lavorato alla sua costruzione (i punti più critici, calcolare la quantità di esplosivo necessario, le posizioni di fuoco più vantaggiose).
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Piano operativo:
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dovrebbe essere il più semplice possibile;
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ci saranno di solito tre gruppi: una squadra d’assalto per eliminare le sentinelle o almeno farle stendere al suolo; una squadra tecnica, responsabile delle demolizioni; una di riserva, per isolare la scena dell’azione, per far fuoco sui rinforzi da posizioni ben nascoste.
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Realizzazione:
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non si dovrebbe rivelare il piano a tutto il distaccamento guerrigliero se non immediatamente prima dell’operazione;
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avvicinarsi velocemente all’obiettivo di notte, evitando le strade;
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occupare una posizione ben nascosta vicino all’obiettivo in attesa della notte seguente (per l’attacco);
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il momento più favorevole per iniziare l’operazione è subito dopo il calare della notte. Ogni distaccamento della guerriglia dovrebbe essere messo al corrente dell’operazione al buio. Si condurrà l’operazione con la protezione delle tenebre. La parte maggiore della notte sarà quindi utilizzabile per la ritirata.
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Ricognizione del sistema di sicurezza:
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individuare la posizione della postazione delle sentinelle;
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determinare i cambi di guardia. Osservare i cambi della guardia di giorno a distanza o di notte da vicino (appartamento d’affitto);
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individuare l’ubicazione delle armi.
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Attacco di sorpresa a una piccola postazione
Dividete l’unità guerrigliera in tre gruppi:
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gruppo di fuoco di supporto;
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gruppo d’attacco;
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gruppo tecnico (tagliare i fili, demolizione di ostacoli, rimozione mine);
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demolizione;
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gruppo di raccolta materiale (veicoli a motore leggeri, animali, sacchi da montagna).
Con l’inizio dell’attacco, tutte le comunicazioni tra le forze di sicurezza e le installazioni circostanti dovrebbero essere interrotte in modo che non possano chiamare i rinforzi. Smantellate ogni centralina telefonica al di fuori dell’installazione o provocate un corto circuito. Naturalmente, non si possono interrompere le comunicazioni radio. Pertanto, cercate di mettere fuori uso l’apparecchio radio o la stazione. Bisognerebbe aver fatto un’ispezione per sapere dov’è.
Attacco ad un sistema di comunicazione
Ci sono diversi metodi per sabotare una rete telefonica e devono essere tenuti presenti diversi tipi di comunicazione telefonica.
I cavi sotterranei sono costituiti da numerosi fili isolati tra loro e con l’esterno.
La distruzione dei cavi sotterranei è complicata e pericolosa, soprattutto se i cavi sono inseriti in tubi di ferro o scatole rigide per ulteriore protezione. Bisogna scavare una buca e i cavi di solito giacciono lungo le arterie stradali.
Per ottenere risultati durevoli procedere come segue:
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Procedimento completo: raggiungere il cavo che si trova solitamente a 80 cm. sottoterra. Togliere l’isolante e tagliare in due il cavo. Rimettere l’isolante, riempire la buca ed eliminare qualsiasi traccia di scavo.
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Procedimento rapido: raggiungere il cavo e tagliarlo. Prima di riempire di nuovo la buca lasciare le estremità del cavo in modo tale (se necessario, appesantitelo con delle pietre) che non si tocchino tra loro. Ricoprite la buca e nascondete ogni traccia di scavo. Di media, una simile interruzione durerà tre o quattro giorni.
In termini tecnici, i punti migliori per il sabotaggio sono dove i cavi attraversano un fiume. Per lo più vengono sollevati al di sopra, oppure fatti passare sotto un ponte e si possono facilmente tagliare. L’inconveniente, naturalmente, è che i ponti sono spesso sorvegliati o quanto meno tanto trafficati che è difficile effettuare il sabotaggio.
Per interrompere i fili aerei del telefono, tagliate o fate saltare i pali in modo che i fili si spezzino. Abbattete o fate saltare un albero in modo che cada sui fili. Piazzate qualche mina anti-uomo in modo che la bonifica e la riparazione siano fonte di pericolo per le forze di sicurezza.
Un metodo semplice per danneggiare le linee telefoniche è quello di legare un pezzo di metallo o un sasso all’estremità di una corda lunga e robusta e gettarla al di sopra dei fili. La corda si avvolgerà attorno ai fili e sarà sufficiente tirare per spezzarli. È meglio farlo nella parte mediana, tra i due pali, perché lì i fili si spezzeranno più facilmente.
Per danneggiare i cavi d’alta tensione basta collegarli al suolo, se non c’è esplosivo sufficiente per distruggere i piloni.
In questo caso, occorre un cavo con attaccata ad una sua estremità una pietra o un pezzo di ferro. L’altro capo dev’essere inserito in terra umida. Fate bene attenzione a lasciare il cavo subito dopo averlo gettato.
Per evitare incidenti, distinguete chiaramente tra linee telefoniche e cavi d’alta tensione. Nelle prime, il filo singolo corre parallelo al suolo e nei secondi i fili ondeggiano, s’imbarcano tra un pilone e l’altro.
Attacco ad una rete ferroviaria
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– Danneggiare i fili elettrici: da un cavalcavia, collegare la grata protettiva coi binari per mezzo di un cavo resistente. Agganciate il cavo (5-8 mm.) alla grata protettiva e attaccate all’altro capo un pezzo di ferro (20 cm.) per far peso. Gettate il cavo sui fili elettrici del cavalcavia, lasciandolo immediatamente dopo averlo tirato. Utilizzate solo cavi resistenti, in quanto quelli normali si fondono immediatamente provocando solamente una scarsa riduzione di voltaggio.
Si può effettuare questa operazione anche su un tratto scoperto di binari, attaccando il cavo appesantito ad un’estremità al binario, gettando poi il capo appesantito sui fili aerei. Lo svantaggio, naturalmente, consiste nel fatto che i fili aerei sono di solito molto alti, rendendo difficile il lancio per raggiungerli. Dove possibile, servitevi di un cavalcavia.
Si può danneggiare il sistema anche spaccando gli isolatori. Se possibile, fatelo in un tratto all’aperto e lontano dalle stazioni. Scopo di questo metodo è di abbattere i cavi di sostegno distruggendo gli isolatori sulla struttura di sostegno (ad esempio il pilone). Mantenere una distanza di sicurezza (dai 30 ai 50 metri). Su binari doppi, si devono distruggere ambedue i cavi.
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– Sabotaggio sul binario stesso: staccare la testa delle viti. Lo si può fare in modo relativamente semplice con l’aiuto di una mazza, soprattutto quando fa molto freddo. Anche se questo non farà deragliare i treni, ci vorrà tempo ed energie per rimetterle. Gli esplosivi sono più efficaci. In una zona aperta, distruggere i binari in curva. Far saltare sempre il binario esterno. Se il macchinista non si è accorto del sabotaggio ed entra in curva senza correzioni il treno può superare brecce fino a 60 cm.
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– Sabotaggio dei binari con grasso: ungere un tratto in pendio con grasso, olio o sapone liquido. Ungere sempre tutti e due i binari per un tratto di almeno 150 m., altrimenti le ruote del treno slitteranno sul posto seguendo lo slancio, oppure brevi tratti potranno essere facilmente ripuliti.
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– Trappole per treni: sono costituite da cariche nascoste che vengono fatte saltare nel momento in cui il locomotore supera il punto in cui sono piazzate le cariche.
In un tratto libero dovete distruggere i binari in curva: i binari curvi sono molto più difficili da sostituire rispetto a quelli rettilinei; i treni deragliano più facilmente in curva. Far saltare sempre i binari esterni. La forza centrifuga di un treno in corsa lo farà deragliare più facilmente e scaglierà i detriti sui binari vicini.
Si può fare deragliare il treno allentando le rotaie. Per far ciò allentare i supporti (bietta, vite, chiodi) di otto traversine successive, oppure togliere il coprigiunto o far leva e spostare una rotaia verso l’interno e stringere il coprigiunto in mezzo.
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– Distruzione delle automotrici: spaccare gli isolatori oppure rompere gli strumenti nella cabina con una mazza, oppure distruggere i recipienti di olio del trasformatore nel motore (forare la parete con un piccone e incendiare l’olio che ne esce).
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– Distruzione di macchine a vapore: lanciare una carica di uno o due chili nel focolare della caldaia, distruggere il meccanismo di guida con una mazza, far fuoco dentro la caldaia con un mitra leggero (bersaglio nella parte centrale del locomotore, a circa un metro e mezzo dalla cabina).
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– Sabotaggio del materiale rotabile: gettare un pugno di sabbia, di polveri abrasive o di trucioli metallici in ogni tanica di lubrificante. Non si vedrà alcun risultato immediato, ma le conseguenze non tarderanno a mostrarsi.
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– Incursione in una stazione ferroviaria: questa ha i seguenti bersagli: edificio della stazione, binari, rete aerea, segnali e centro di comunicazioni. L’unità guerrigliera sarà divisa in tre gruppi:
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squadra incursori, per interrompere le comunicazioni, tenere sotto controllo il personale ferroviario ed eliminare le sentinelle;
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squadra demolizione, per distruggere le installazioni tecniche;
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riserva, per isolare l’obiettivo, tendere un’imboscata ai rinforzi e provvedere alla copertura durante la ritirata.
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Se il tempo è limitato, dapprima distruggere gli scambi con una carica da un chilo e la scatola segnali con una bomba a mano. Se c’è tempo, distruggere anche il pilone principale della linea e altri segnali. Tagliare i fili che vanno agli scambi, ai segnali e alle barriere.
Si può distruggere il pilone principale della linea o sparando sull’isolatore a olio o con una carica esplosiva.
È importante creare confusione nel sistema ferroviario provocando orari di traffico anormali per crescenti periodi di tempo. Lo si può ottenere mantenendo continuamente occupate le squadre di riparazione con azioni giornaliere. A lungo andare, è molto più demoralizzante e fonte di nervosismo per le forze di sicurezza compiere numerose piccole riparazioni senza interruzione che più importanti ma rare.
È un errore distruggere i binari in quattro punti diversi lo stesso giorno e durante la stessa operazione. Le forze di sicurezza non faranno che riparare un punto dopo l’altro.
È molto più efficace interrompere un tratto di binari per quattro giorni consecutivi. L’intera organizzazione delle riparazioni deve ricominciare daccapo ogni volta. Il flusso di traffico viene impedito per quattro giorni. La confusione è così maggiore e il periodo totale di interruzione dura quasi il doppio.
Attacco ad una centrale di energia
La centrale può essere attaccata direttamente e indirettamente. Direttamente, si possono far saltare i grossi cavi dell’alta tensione che attraversano i campi oppure, quando si è in presenza di cavi locali di alta tensione, si possono spaccare gli isolatori, provocare un corto circuito e abbattere i piloni tagliandoli o facendoli saltare. Indirettamente, si possono fare saltare le turbine nelle centrali oppure fare saltare le linee elettromotrici.
In un assalto ad una centrale di trasformazione di impianto tradizionale, l’unità guerrigliera dovrebbe dividersi in tre gruppi:
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gruppo d’assalto: apre un varco nella cinta tagliandola o facendola saltare, interrompe le comunicazioni, mette fuori uso riflettori o lampade di sorveglianza di grande potenza, elimina sentinelle e impiegati di turno;
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gruppo di demolizione: distrugge le installazioni tecniche;
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gruppo di protezione: isola l’installazione e copre la ritirata.
Se il tempo è limitato, distruggete i trasformatori. Sono il centro nervoso di tutta la centrale; poiché i trasformatori sono relativamente pochi, non ci vorrà molto tempo. I trasformatori sono protetti da una parete metallica spessa una decina di mm. Distruggeteli con piccole armi da fuoco (o lanciarazzi) o facendo esplodere 4 chili di esplosivo sul trasformatore.
Se si dispone di più tempo per l’azione, distruggete anche gli elementi di raffreddamento con piccole armi da fuoco o con 2 chili di esplosivo che si possono attaccare con una corda, fili di ferro o ganci a metà tra la parte superiore e quella inferiore dell’elemento di raffreddamento.
Se c’è tempo a sufficienza, distruggete anche gli isolatori. Poiché ce ne sono parecchi, occorrerà molto tempo. Sono fatti di porcellana, spessa circa 3 cm. Distruggeteli con piccole armi da fuoco, a colpi di mazza o facendo esplodere 200 grammi di esplosivo piazzato tra ogni disco isolatore.
Se possibile, distruggete anche l’installazione del commutatore e i cavi ad alta tensione che conducono l’energia dell’intera installazione facendo esplodere tre cariche singole di un chilo di esplosivo per ogni commutatore.
Un deposito carburanti
Parliamo di serbatoi di carburante sottoterra. Di norma, i depositi di carburante sono sistemati in vicinanza di stazioni ferroviarie e sono collegati ad esse attraverso binari di raccordo.
L’unità di guerriglia si dividerà in tre gruppi per realizzare i seguenti obiettivi: assalto, demolizione e protezione.
Come sempre, la scelta della dimensione dell’installazione che si può distruggere dipende in larga misura dal tempo di cui l’unità di guerriglia dispone per effettuare l’azione. Se c’è poco tempo, distruggete le installazioni dei serbatoi in superficie e sottoterra. Se possibile distruggete anche il sistema di rifornimento del carburante per cisterne e i carri ferroviari.
Distruggete le installazioni dei depositi e le cisterne all’aperto con fucili anticarro o lanciarazzi, oppure fate scoppiare almeno 4 chili di esplosivo in cima ad ogni serbatoio. Se il serbatoio non esplode, sarà necessario dare fuoco al carburante. Si può farlo utilizzando proiettili traccianti, razzi, bombe a meno, armi anticarro o lanciarazzi.
Normalmente, i serbatoi sono interrati da uno a tre metri sottoterra. Fate scoppiare una carica nel pozzetto, direttamente sulla parete del serbatoio. Se il serbatoio è pieno, l’esplosione squarcerà le pareti del serbatoio, in quanto il liquido non può essere compresso. Se il serbatoio non è completamente pieno, lo spazio vuoto contiene spesso una miscela aria-vapore che può esplodere.
Attacco a un aeroporto
Incarichi dell’unità di guerriglia:
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gruppo di assalto:
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interromperà le comunicazioni;
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eliminerà le sentinelle;
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eliminerà il personale di volo e di terra degli alloggiamenti;
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distruggerà le installazioni anti-aeree e i riflettori;
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gli elementi di demolizione:
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distruggeranno gli aerei e le installazioni tecniche;
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il gruppo di protezione:
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isolerà l’aeroporto al momento dell’attacco;
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impegnerà i rinforzi;
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coprirà la ritirata.
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Priorità di distruzione: se incalzati dal tempo, distruggete solo gli aerei a terra. Se avete tempo sufficiente, distruggete anche le apparecchiature radar e radio, i depositi di carburante e le officine di riparazione.
Metodi di distruzione equipaggiamento e materiali:
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aerei: fate scoppiare un carica da un chilo sull’abitacolo subito dietro la cupola. (Sarà necessaria una scala lunga almeno 3 metri);
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apparecchiature radar: fate scoppiare una carica da 3 chili sul meccanismo di rotazione dell’antenna; una carica da 2 chili sul cruscotto di strumentazione;
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officine di riparazione: fate scoppiare una carica di almeno 5 chili nel mezzo dell’officina, oppure incendiatela utilizzando petrolio, olio e lubrificante;
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cannoni antiaerei: gettate una bomba a mano dentro la canna;
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proiettori: sparate nello specchio; piazzate una carica da 1 chilo sul meccanismo di rotazione; distruggete il generatore con una carica da 2 o 3 chili.
Distruzione di un ponte
Le travi sono i punti cruciali dei ponti in legno e metallici. Quando si dispone di esplosivo, obiettivi da far saltare sono: ambedue le travi inferiori, una trave superiore, un montante diagonale dallo stesso lato e i supporti del piano stradale. Non distruggendo una delle travi superiori, il ponte s’attorciglia prima di cadere. La rimozione dei detriti da parte delle forze di sicurezza sarà in questo modo molto più difficile e il riutilizzo delle travi maestre impossibile.
Si deve tuttavia osservare che con l’attrezzatura di cui si dispone oggi per la costruzione di un ponte, l’interruzione provocata sarà relativamente breve. È più importante distruggere un ponte prima di un’azione decisiva, anche se ciò viene fatto in modo tecnicamente approssimativo.
Parte terza
Tattica delle forze di sicurezza
A lungo termine, per avere successo nella controguerriglia, le forze di sicurezza dovranno occupare o sorvegliare contemporaneamente tutti i punti importanti e allo stesso tempo effettuare sistematicamente operazioni di disturbo in quelle aree occupate dalla guerriglia. Con la loro superiore mobilità, soprattutto con l’uso di elicotteri, le forze di sicurezza possono controllare le strade senza dover mantenere un grosso concentramento di uomini.
È essenziale una ricognizione dettagliata e costante.
Le unità inseguitrici di solito consistono di 30 o 35 uomini equipaggiati con armi leggere (fucili d’assalto, mitra leggeri, bombe a mano). Ogni unità ha l’obiettivo di scovare e annientare un distaccamento di guerriglieri. Per ogni ricerca ci vogliono settimane. L’unità delle forze di sicurezza, quindi, sarà costretta a nascondere i suoi spostamenti e per fare questo dovrà vivere esattamente come un distaccamento.
Il distaccamento guerrigliero, attraverso le sue stesse azioni, inevitabilmente rivelerà la sua posizione.
Una volta scoperto il gruppo e localizzata la zona, gli elicotteri terranno il distaccamento sotto osservazione e le unità di inseguimento verranno indirizzate sul luogo esatto. Nello stesso tempo arriveranno riserve aerotrasportate.
Inevitabilmente il distaccamento dovrà scontrarsi con l’unità di inseguitori oppure sarà spinto in una posizione di accerchiamento, predisposta in anticipo. Di solito l’accerchiamento viene realizzato in una zona da cui è difficile uscire, come un fiume o una catena montuosa.
Fu in una posizione simile che il distaccamento guerrigliero condotto da Che Guevara venne intrappolato e annientato: la gola di El Yuro, nell’ottobre del 1967.
Se scoperto, il distaccamento guerrigliero non dovrà tentare di fuggire all’inizio di un’operazione di rastrellamento, perché quello è un momento in cui le forze di sicurezza hanno il morale elevato.
Più tardi saranno meno attenti, più trascurati. Tenderanno ad evitare le zone difficili e faticose. Il buio offrirà le migliori possibilità per fuggire. Occasionalmente, le unità di inseguimento si riuniranno per mangiare e riorganizzarsi. In quei momenti avranno solo uno scarso numero di sentinelle, il che aumenterà le possibilità di fuga.
Si può fare un tentativo per spezzare l’accerchiamento, se ciò è impossibile si dovrebbero predisporre nascondigli ben mimetizzati.
Dopo una fuga riuscita, riunitevi in punti predeterminati e allontanatevi più velocemente possibile dalla zona individuata.
Computer
Si deve osservare in questo capitolo sulle tattiche delle forze di sicurezza che la sola, importantissima, arma utilizzata per raccoglie informazioni riguardo e contro le unità di guerriglia è oggi il computer.
Non esiste teoricamente limite alcuno alla quantità di informazioni che possono essere immagazzinate. Ad esempio, in Gran Bretagna [1980], l’Impianto Nazionale della Polizia ad Hendon utilizza tre Burroughs 7700 che contengono dati su circa trenta milioni di individui e ventitre milioni di impronte digitali. I computer vengono anche usati per la decodificazione di messaggi intercettati, come l’IBM 370/195 del Quartier Generale di Cheltenham; e possono servire per simulare cose come gli esperimenti nella galleria del vento e le esplosioni di bombe a neutroni. Un computer altamente sofisticato, il Cray-1 deve essere installato anche al Centro Ricerche Armi Nucleari di Aldermaston, forse per aiutare la progettazione dei missili Cruise in Gran Bretagna. Naturalmente, i computer assolveranno un ruolo meno specializzato nelle tattiche delle forze di sicurezza contro le unità guerrigliere.
[In questa direzione questi ultimi trenta anni (stiamo preparando questa nuova edizione del presente testo nel 2012) hanno fatto passi repressivi che non era possibile prevedere nemmeno in minima parte].
Organizzazione e attività del movimento civile di resistenza
Funzioni della resistenza civile
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Raccogliere e nascondere armi ed esplosivi per il movimento di guerriglia e per il momento in cui potrà realizzarsi un’insurrezione aperta.
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Sviluppare un sistema informativo che affiancherà le unità guerrigliere.
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Pubblicare un giornale clandestino, manifesti e la stampa di tutte le comunicazioni della guerriglia.
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Trasmettere propaganda da stazioni radio illegali.
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Costituire una rete di nascondigli e un’efficiente organizzazione di fuga.
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Fabbricare denaro contraffatto e documenti d’identità falsi.
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Organizzare il sabotaggio e l’uccisione di torturatori.
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Organizzare le unità di combattenti civili per la futura insurrezione.
Reclutamento
Non tutti sono adatti alla partecipazione attiva al movimento di resistenza. Si dovrà porre estrema cura nella selezione, perché il successo della campagna di guerriglia dipenderà in fondo da una accurata scelta.
Le forze di sicurezza, se sono consapevoli della formazione del movimento di resistenza, non tarderanno a selezionare le loro reclute da infiltrare nel movimento. Ci sono numerosi esempi nella storia della guerra di guerriglia che testimoniano degli effetti profondamente demoralizzanti di tale infiltrazione.
Un vaglio accurato sarà quindi necessario, anche se non potrà essere privo di rischi. Si possono utilizzare legami di amicizia e di affinità, si possono avvicinare organizzazioni che simpatizzano cogli obiettivi della resistenza e si possono costituire dei fronti comuni per attirare potenziali reclute.
Attività
Uno dei primi obiettivi sarà la raccolta di fondi per il nascente movimento di guerriglia e di resistenza civile. Le azioni per reperire fondi dovranno necessariamente essere effettuate quando gli attivisti non sono completamente addestrati e (in genere) inesperti. È quindi inevitabile attendersi delle perdite in questa fase. Si possono integrare le incursioni in banca e simili con la falsificazione di denaro per mantenere i primi elementi che entrano in clandestinità.
Durante la fase organizzativa iniziale o quando ci saranno fondi sufficienti, si deve trovare un tipografo fidato, con l’attrezzatura adatta, per provvedere alla falsificazione di passaporti, carte d’identità, patenti di guida e altri documenti. In questa fase è importante che gli stessi membri dell’unità di guerriglia non si occupino di tali faccende; ogni collegamento sarà tenuto da compagni della resistenza civile.
Effetti del terrorismo delle forze di sicurezza
Se il richiamo dell’ideologia non riuscirà a convincere la gente, i servizi di sicurezza utilizzeranno il terrore per incutere paura. Il terrore viene utilizzato per costringere la popolazione civile a smettere di fornire volontari alle unità guerrigliere e a rimanere estranea al movimento di resistenza.
Per un accurato piano terroristico statale verranno utilizzati i seguenti sistemi: sorveglianza telefonica e postale, arresti arbitrari, sentenze di condanna sproporzionate alle accuse, brutalità e torture contro i detenuti e puntuale e premeditato assassinio di membri influenti della popolazione unitamente a omicidi a caso. I membri di organizzazioni fiancheggiatrici della resistenza saranno incarcerati, uccisi o semplicemente fatti sparire. È oggi sempre più frequente il “suicidio” in prigione degli oppositori dei sistemi repressivi.
I metodi di tortura variano nel mondo. In alcuni paesi sono rozzi, a base di pestaggi, privazione di cibo e acqua, di sonno e ricorso al trattamento con scosse elettriche. Altri sistemi sono divenuti più sofisticati, meno primitivamente inumani, come l’incappucciamento e le tecniche del rumore o la privazione sensoriale con l’uso di celle e mobili bianchi, unità di segregazione insonorizzate e altre forme di tortura psicologica. Questi sistemi sono molto più efficaci per ridurre la resistenza dei prigionieri e possono essere giustificati con il ricorso a procedure “legali”. Un recente rapporto citava l’uso di un derivato del curaro, associato a Pentothal sodico. Dopo una prima seduta di pestaggio e scosse elettriche, il prigioniero viene incappucciato e sottoposto al “rumore bianco” che induce un mondo di incubi e allucinazioni. Quindi viene iniettato il Pentothal. I muscoli cominciano a contrarsi dalla testa ai piedi finché la paralisi è totale. La respirazione si fa sempre più debole e alla fine solo un impercettibile movimento del diaframma dà segno di vita. In tutto questo tempo il prigioniero rimane completamente cosciente. La sua vita dipende dalla somministrazione di ossigeno, che fa effetto solo dopo dieci minuti. Dopo tutto ciò, una iniezione di piccole dosi di un sedativo riduce le difese coscienti tanto da permettere un interrogatorio veloce e semplice.
In questo modo le forze di sicurezza possono avere informazioni in modo facile ed efficace, con l’aggiunta del fatto che il prigioniero che è stato costretto a subire tale trattamento di solito avrà anche attacchi cardiaci, convulsioni epilettiche, paralisi e disturbi mentali.
Le forze di sicurezza agiscono usualmente al di fuori delle strutture “legali” riconosciute. La loro creazione porta allo sviluppo di una situazione in cui i confini di responsabilità sono tanto vaghi da consentire l’eliminazione delle restrizioni alla tortura: l’uso del terrore comincia allora a svilupparsi in tutta la sua ampiezza.
Azioni della resistenza
Occultamento di armi ed esplosivi
Il metodo migliore per nascondere munizioni è quello di seppellirle. Le armi devono essere protette dai danni provocati dall’umidità. Assicuratevi che l’arma sia completamente asciutta prima di coprirla con uno spesso strato di grasso. Tappare l’imboccatura della canna con grasso o cera. Avvolgere uno straccio imbevuto d’olio attorno all’otturatore. Avvolgere tutta l’arma in un panno grande. Annodare strettamente il panno. Riporre l’arma in una cassetta di legno. Ricoprire le giunture della cassetta con cera ed avvolgervi attorno un pezzo di carta catramata.
Sotterrate la cassetta in una zona asciutta, preferibilmente nella cantina di una casa sicura. Controllate, ripulite e ingrassate l’arma ogni due o tre mesi circa. Le confezioni singole di munizioni dovrebbero essere avvolte in una decina di fogli di carta di giornale. Riporre la confezione in una cassetta di legno che abbia circa 5 cm. di segnatura asciutta al di sopra. Chiudete ed avvolgete la cassetta allo stesso modo del contenitore delle armi. Le munizioni sono particolarmente sensibili all’umidità. Pertanto, cambiate i giornali e la segatura ogni due mesi e mettere all’aria le munizioni per qualche istante.
Stampa clandestina
Individualmente si possono produrre parecchie centinaia di copie di volantini con una macchina da scrivere e con un ciclostile. Una simile attrezzatura è abbastanza piccola e non ingombrante e si può facilmente nascondere. I vantaggi di questo tipo di operazione sono che il materiale di base necessario (inchiostro e carta) si trova facilmente. Utilizzandola si fa relativamente poco rumore. Lavorando da solo l’individuo è abbastanza sicuro. La diffusione sarà necessariamente limitata ma con un certo numero di persone che lavorano insieme, questo svantaggio può essere superato. L’arresto di una persona non comprometterà gli altri.
Macchine più grosse saranno più difficili da nascondere per il tipo di procedimento che comportano; la silenziosità non sarà sempre garantita. Ma ci sono dei vantaggi. Si può ottenere una grande diffusione in breve tempo. La pubblicazione non sarà limitata ad un singolo foglio.
La clandestinità sarà più difficile da mantenere se più persone saranno coinvolte nell’operazione. Non sarà facile procurarsi la quantità necessaria di carta, inchiostro, caratteri tipografici (se utilizzati) ed equipaggiamento fotografico.
Dopo la produzione è importane che ogni traccia venga fatta sparire. Si dovranno bruciare le carte carbone, così come le matrici, le bozze e i manoscritti. Smuovete le ceneri perché possono ancora essere lette in quelle condizioni.
Nella progettazione è da osservare che chiunque abbia uno stile di lavoro riconoscibile dovrebbe essere utilizzato solo nelle prime fasi, a livello di idee e abbozzi. Un’altra persona sconosciuta preparerà la matrice se contiene un disegno o uno scritto.
La produzione e la distribuzione sono d’importanza fondamentale in qualsiasi periodo della resistenza. Con la censura della radio, della televisione e della stampa, è essenziale un regolare flusso di controinformazione. Le bugie e le deformazioni delle forze di sicurezza devono trovare risposta nella verità riferita obiettivamente.
Propaganda
Per ovvi motivi non si dovranno distribuire volantini alle persone per la strada. È meglio infilarli nelle cassette postali delle abitazioni. La cosa potrà facilmente essere fatta da qualcuno in uniforme da portalettere. Possono essere lasciati sui tetti e il vento penserà poi a spargerli dappertutto, oppure come in un caso famoso potranno essere sparati con un mortaio.
I giornali che devono uscire clandestinamente dovrebbero passare da mano in mano da un amico all’altro. Gli articoli possono essere poi riprodotti col ciclostile per distribuirli ancora più ampiamente.
Le scritte murali sono il metodo più diretto di comunicazione. Se viene usato il materiale adatto sono molto difficili da cancellare se non coprendole con una mano di colore. Comparendo una notte dopo l’altra, le scritte murali possono costituire un amplificatore morale molto efficace.
Contemporaneamente si dovranno rimuovere e distruggere il più rapidamente possibile i manifesti delle forze di sicurezza (come gli avvisi di ricerca). Rendere spiritosamente illeggibile la propaganda delle forze di sicurezza più essere utile quanto distruggerla completamente.
Protezione dei nascondigli
Si devono fornire indicazioni che permettano a chi conosce l’ubicazione di un nascondiglio e a chi voglia andarci di sapere se è ancora “sicuro”. Progettate un sistema di segnali semplici.
Nessun membro della resistenza deve conoscere l’ubicazione di tutti i nascondigli. Se possibile, non vi si deve trovare alcun materiale scritto e se viene progettato secondo il sistema dei tupamaro uruguagi (una casa dentro una casa), allora si dovrà approvvigionare il posto con acqua e cibo in modo che gli attivisti vi si possano nascondere per giorni.
Le riunioni (o la presenza di un certo numero di persone della resistenza) non si dovrebbero tenere in case isolate: queste possono essere facilmente circondate e assediate. Utilizzate invece una casa adiacente ad altre, dove le ricerche saranno più difficili e più lunghe per i servizi di sicurezza.
Le regole per camminare per strada o per utilizzare i trasporti e i servizi pubblici sono semplici. L’importante è passare inosservati e agire come qualsiasi altro membro della comunità. Assicuratevi che la vostra casa non sia sotto sorveglianza e che non siate seguiti quando camminate o viaggiate. Qui si dovrebbe osservare che i capelli corti e abiti di taglio borghese attraggono meno l’attenzione. I servizi di sicurezza in passato hanno fatto passare membri dei gruppi di resistenza, nonostante il fatto che fossero sotto sorveglianza, proprio perché il loro aspetto fisico era troppo “rispettabile” per un membro di un simile gruppo.
Quando vi riunite in un luogo si deve decidere prima quale risposta adottare se ci sarà un’irruzione. Ci devono essere vie di fuga prestabilite.
Comunicazioni
È fondamentale creare un sistema di comunicazioni. Si possono usare radio trasmittenti clandestine se l’apparato logistico della resistenza è sufficientemente sofisticato. È più sicuro usare qualche sistema cifrato. Non usare mai le radio durante una situazione tattica. L’intercettazione delle trasmissioni radio è un procedimento relativamente semplice e basta un piccolo numero di persone per intercettare una intera rete di trasmettitori.
Può essere rischioso utilizzare i telefoni pubblici. Non usare mai la stessa cabina telefonica più volte di seguito. Se possibile usare un telefono che ne abbia un altro direttamente vicino, in modo che quando si attende una telefonata in un momento prestabilito ci sia sempre un’alternativa per chi chiama se quel telefono viene usato da qualcun altro.
I messaggeri devono avere una giustificazione accettabile per i loro viaggi per allontanare sospetti. Ad esempio, se viaggiano in zone di campagna, possono presentarsi come commessi viaggiatori o veterinari. Nelle aree urbane possono essere esattori per compagnie del gas o elettriche, autisti di furgoni, impiegati delle poste, ecc.
È importante che il messaggero che si deve esporre durante l’operazione non conosca chi spedisce e chi riceve il messaggio.
Gli appartenenti alle forze di sicurezza che si sono infiltrati nella resistenza, se scoperti, possono essere neutralizzati passando false informazioni. Se le forze di sicurezza reclutano qualcuno che è già all’interno della resistenza, allora è praticamente impossibile scoprirlo, se non per caso. Il loro ruolo di provocatori non si limiterà al momento puramente verbale, ma sicuramente si estenderà al sostegno logistico.
Comportamento durante l’interrogatorio
Se durante l’interrogatorio venite sopraffatti dagli sbirri non restate in mezzo a loro, possono picchiarvi tutti contemporaneamente. Cercate di raggiungere un angolo della stanza dove possono colpirvi soltanto in due.
Non cercate di rimanere in piedi il più a lungo possibile. Fate la parte del “morto” o del “ferito”. Cadete sul pavimento e rotolate sullo stomaco. In questa posizione i calci e le bastonate provocano meno danni. Cercate anche di ritrarre il mento e proteggere i reni facendovi aderire i gomiti.
Rispondete sempre in modo vago e indeterminato. Dite il meno possibile. Negate e respingete qualsiasi cosa, anche quando le accuse possono essere provate. Evitate di fare nomi. Se siete un avversario delle forze di sicurezza, allora chiunque nominate lo diventa anche lui. Grida, minacce e maltrattamenti sono tutti metodi utilizzati durante gli interrogatori. I membri della resistenza devono rendersene conto e accettarlo. È solo una tecnica per farvi abbassare la guardia, il loro vero volto si rivelerà presto.
Comportamento in prigione
Prendetevi cura dei nuovi arrivati. Sono naturalmente i più demoralizzati. Metteteli al corrente delle condizioni generali della prigione e del comportamento da tenere. Se verranno lasciati soli, la loro volontà di resistere crollerà. Questo, naturalmente, è lo scopo delle forze di sicurezza. I prigionieri esperti dovrebbero perciò prendere misure preventive. È importantissimo far sentire un senso di solidarietà.
Stabilite dei “gruppi-razioni” in cui ogni membro metterà le proprie razioni e i pacchi a disposizione del gruppo. Anche coloro che sono maggiormente isolati avranno allora tabacco e cibo e forse anche vestiario.
Le notizie sulla situazione politica generale dell’esterno dovranno essere diffuse e si dovrà anche concordare un comportamento per l’immediato futuro. I prigionieri non politici non dovranno essere evitati, ma occorrerà fare attenzione ed assicurarsi sulle loro intenzioni.
Organizzate qualche forma di assistenza medica. Questo è più che altro un problema psicologico e l’assenza di equipaggiamento medico non è tanto importante. Se non ci sono attrezzature disponibili e i malati non vengono curati, allora può essere utile quanto segue:
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d’estate cedete al malato il posto più fresco; d’inverno quello più caldo della prigione;
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cibo ed acqua che sono stati tenuti da parte da quelli che stanno bene;
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date loro qualcosa da fumare;
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rinfrescate i malati con panni inumiditi oppure date loro coperte in più di quelli che sono in migliori condizioni di salute;
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scegliete per loro le mansioni più leggere se anche i malati devono lavorare;
in genere, abbiate cura di loro.
Di solito c’è qualcuno con un minimo di esperienza medica che può dare istruzioni sulle cure migliori.
Le guardie sono di due tipi: i sadici e quelli che se ne fregano di tutto perché non hanno alternative. I prigionieri ne devono approfittare. Inserite un cuneo morale tra i due tipi di guardie. Trovate chi è ragionevole e parlategli, preferibilmente durante il lavoro. Non parlate mai ad un gruppo di guardie. I gruppi sono sempre più aggressivi degli individui. In un gruppo, l’individuo è prima un “membro di un’organizzazione” e solo dopo un “essere umano”. Individualmente alcune guardie sono più sensibili alla conversazione.
Azioni da parte dei civili
Di regola, la resistenza civile agisce principalmente come retroguardia urbana, fornendo sostegno logistico, nuovo personale e un sistema informativo. Qualche volta però essa può realizzare delle azioni specifiche come, ad esempio, la liberazione di un membro detenuto dell’unità guerrigliera, la liberazione di ostaggi, il furto di schedari o la distruzione di installazioni industriali fondamentali e di mezzi di trasporto.
Tutti i partecipanti all’azione devono avere buoni motivi per restare assenti dal lavoro e un documento medico (possibilmente firmato da un membro della resistenza stessa).
In una città abbastanza grande il sistema fognario potrebbe essere predisposto come nascondiglio se le cose dovessero andare male. Vi si potrebbe collocare cibo, bevande, equipaggiamento di pronto soccorso, vestiario, munizioni, mappe, ecc.
Si dovrebbe predisporre una particolareggiata indagine della zona e predisporre le vie di ritirata.
Gli elementi di sostegno devono reperire delle case vicine agli obiettivi. A questo scopo si possono prendere in affitto appartamenti e negozi. Se necessario gli elementi di sostegno devono occupare queste postazioni parecchi giorni prima dell’azione e viverci dentro.
Si possono trasportare fino alle postazioni prescelte mitragliatrici smontate, mitra, fucili, pistole, bombe a mano e munizioni utilizzando borse, cassette per gli attrezzi o valigie.
All’inizio dell’azione bloccate il traffico stradale simulando un incidente o lavori stradali in modo che il veicolo predisposto per la fuga abbia via libera. I piani di ritirata dovranno prendere in considerazione anche possibili avarie. Le strade della fuga dovranno essere sorvegliate da gente della resistenza. La reazione delle forze di sicurezza all’inseguimento sarà indubbiamente prolungata con numerosi arresti e perquisizioni. I membri della resistenza devono essere preparati a questa eventualità.
Per proteggere l’autista del veicolo di fuga occorre rinforzare lo schienale del posto di guida con una blindatura: una lastra di acciaio di circa 10 mm. sarà sufficiente.
L’ultima fase della resistenza: l’insurrezione generale
I paesi confinanti, alleati della resistenza, potrebbero offrire aiuto con rifornimenti di armi e di munizioni, oppure permettendo agli elementi della guerriglia di passare attraverso il loro territorio.
Durante la fase dell’“insurrezione aperta”, la resistenza civile costituirà le unità combattenti fisse locali, la guerriglia invece costituirà le unità combattenti mobili.
La popolazione tenterà di bloccare le vie di comunicazione delle forze di sicurezza e le vie di accesso e di fuga mentre le unità mobili di guerriglia le sconfiggeranno in combattimento aperto.
Si deve sfruttare al massimo il terreno. Le sollevazioni si devono concentrare nelle grandi città e nelle zone metropolitane che sono più difficili da reprimere per le forze di sicurezza. Sfruttando al massimo il terreno, il movimento di guerriglia si assicurerà che le forze di sicurezza non possano sfruttare le loro massime potenzialità.
Tutte le unità dovranno procurarsi mappe della città. Gli incroci importanti dovranno essere vigilati da persone che abbiamo preso in affitto appartamenti o negozi nelle vicinanze.
Si dovranno utilizzare come posti di osservazione i campanili delle chiese e i fabbricati alti. Predisporre e mimetizzare alcuni di questi punti. Ad esempio, si possono stabilire collegamenti telefonici interni all’organizzazione di resistenza. Rastrelliere di armi saranno sistemate ad adeguata altezza in edifici d’importanza strategica.
Durante un’insurrezione non è indispensabile occupare tutti gli edifici. Si istituiranno postazioni agli incroci più importanti, sui ponti, nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti e nei depositi di carburante.
Nelle postazioni più importanti si concentreranno tutte le mitragliatrici, le bombe molotov, gli esplosivi e le mine per la difesa anticarro, all’incirca un quinto delle munizioni disponibili e circa un quinto delle bombe a mano.
Le squadre di incursori dovranno avere la maggior parte delle mitragliatrici e dei mitra, dei lanciarazzi, circa un quinto delle munizioni disponibili, tre quinti delle bombe a mano.
Il grosso della riserva avrà tutti i veicoli e le armi catturate, ecc., all’incirca tre quinti di tutte le munizioni e un quinto delle bombe.
Delle reti dovranno essere applicate alle finestre degli edifici utilizzati dalle postazioni per respingere le bombe a mano e i candelotti di gas.
Come ostacoli anticarro dovranno utilizzarsi veicoli, autobus, camion. Scavare la strada con mezzi meccanici e costruire ostacoli. Nelle posizioni strategiche occorre erigere delle barricate. Munizioni e cibo dovranno essere immagazzinati nelle postazioni e si fabbricheranno bombe molotov.
Per le postazioni occupare solo gli stabili che abbiano un solido impianto come le scuole, gli edifici amministrativi e le fabbriche. Evitare le costruzioni moderne a mattoni forati. Strutture rinforzate di cemento armato resisteranno meglio al fuoco delle forze di sicurezza.
I vari edifici che costituiranno le postazioni dovranno essere in grado di darsi un sostegno reciproco di fuoco e anche riuscire a controllare contemporaneamente un determinato punto importante.
Tecniche di combattimento utilizzate dal nemico durante la repressione dell’insurrezione
Ingresso nelle città dell’aria d’insurrezione
Il nemico innanzi tutto sceglierà le prime ore del mattino, tra le 2 e le 4. Gli ultimi “gozzovigliatori notturni” saranno in quel momento andati a letto e coloro che devono andare al lavoro nei primi turni non saranno ancora svegli. La città e i paesi vengono in questo modo sorpresi “a letto”, per così dire.
Se per qualche ragione non può sfruttare le ore del mattino, ad esempio per difficoltà di trasporto, il nemico sceglierà le ultime ore del mattino (10-11) quando la gente è al lavoro.
Al momento del suo ingresso il nemico taglierà il sistema telefonico civile per evitare che voi possiate riferire sulla sua forza, sulla sua organizzazione e sulla direzione di marcia, rendendo edotto il movimento clandestino.
Stato d’assedio, legge marziale
Immediatamente dopo l’ingresso nella zona in rivolta il nemico promulgherà la legge marziale. Anche voi dovete avere un’idea di cosa significa questa situazione in modo da non impressionarvi o sorprendervi troppo.
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Assunzione del comando:
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Un comando militare sostituirà l’amministrazione civile o l’amministrazione “fantoccio” e istituirà le seguenti:
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Disposizioni:
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Ristoranti e locali pubblici saranno costretti a chiudere prima del buio.
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Coprifuoco notturno. Nel suo stesso interesse il nemico deve rilasciare dei “lasciapassare” validi per le ore di coprifuoco ai medici e agli impiegati indispensabili per le installazioni pubbliche, officine del gas, centrali e acquedotti, ospedali, ecc. Con abili contraffazioni riuscirete a riprodurre tali lasciapassare e così potrete circolare più o meno liberamente secondo i piani del movimento di resistenza. Questo compito di contraffazione deve essere svolto dal gruppo specializzato già precedentemente costituito.
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Saranno proibiti assembramenti di più di dieci persone, chiusi circoli e associazioni, istituiti corti marziali e processi per direttissima. Verrà annunciato pubblicamente che chiunque è trovato in possesso di armi sarà fucilato sul posto.
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Tutti i proprietari di case e i custodi dei palazzi saranno responsabili della chiusura dei portoni, delle cantine e delle altre aperture. Gli estranei potranno entrare solo previo controllo. Il proprietario e il custode saranno corresponsabili di qualsiasi atto ostile commesso nelle loro case da estranei contro le forze di occupazione (regola fondamentale che viene impiegata dal nemico: ognuno deve controllare e spiare l’altro per paura e auto-conservazione).
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Tutte le persiane e le tende che danno sulla strada devono rimanere chiuse. Le pattuglie spareranno senza preavviso contro le finestre aperte.
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Proclamazione dello stato d’assedio:
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Verrà fatta attraverso manifesti, altoparlanti, camion, radio e volantini lanciati da aerei.
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Blocco di un’area in rivolta
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– In generale:
Truppe blindate e meccanizzate accerchieranno la città bloccando le principali arterie viarie per evitare una fuga degli insorti e per ostacolare aiuti e rifornimenti dall’esterno.
Gruppi d’assalto corazzati attaccheranno lungo le strade principali in direzione del centro della città per occupare singoli obiettivi importanti e frazionare gli insorti in vari gruppi combattenti separati.
La maggior parte della fanteria nemica rastrellerà i diversi quartieri della città, gli isolati e gli edifici, lentamente e sistematicamente.
Una riserva, numericamente importante e motorizzata, sarà tenuta pronta fuori della città per respingere tentativi di fuga, rilevare le unità stanche, rimpiazzare le perdite, rinforzare, se necessario, le unità di sfondamento e soprattutto per eliminare le ultime sacche di resistenza. Il coordinamento e la direzione delle operazioni saranno effettuati da radio, elicotteri e aerei leggeri.
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– Organizzazione particolareggiata:
Le forze di occupazione organizzeranno le loro unità fondamentalmente in questo modo: “forze d’assedio”, “forze esterne al perimetro”, “forze interne al perimetro” e “forze di rastrellamento”.
Tutte le forze (militari, milizie di partito, forze regolari di polizia, servizi di sicurezza dello Stato) sono poste sotto un unico comando.
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– Struttura di comando:
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Comandante di tutta l’operazione: alto comandante militare, forse comandante di polizia o Servizi di sicurezza dello Stato. Se l’ufficiale comandante viene dai quadri militari, allora sarà “seguace” di un partito e sarà assolutamente fedele alla linea politica di quest’ultimo.
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Comandante dell’operazione di rastrellamento: dispone delle forze militari e dei servizi di sicurezza dello Stato.
La “forza all’esterno del perimetro” impedirà il traffico non autorizzato nell’area della rivolta (deviazioni di traffico), proteggerà le truppe di rastrellamento contro le operazioni dall’esterno, ad esempio attacchi di unità di guerriglia in aiuto agli insorti. L’elemento principale della forza di blocco esterna è la milizia di partito rinforzata da singoli poliziotti che regolano il traffico e controllano le persone ed i veicoli circolanti. Singoli carri armati ed elementi di fanteria della forza di occupazione costituiscono un elemento dello schieramento repressivo pronto al combattimento. La “forza di blocco esterna” sorveglia solo le vie principali di accesso alla periferia della zona insorta. Si tratta di una rete che si può superare utilizzando le strade secondarie.
La “forza perimetrale interna” impedirà la fuga degli insorti. Ha una struttura quanto più stretta e impenetrabile possibile. Il suo possibile elemento tattico è la fanteria. Verranno scelte delle zone con ampio campo di tiro (parchi, canali, larghi viali, piazze) per ammassarvi gli uomini per le operazioni di blocco, in quanto perlustrare l’intera area richiede troppi uomini.
Le “forze di rastrellamento” sono costituite da elementi d’assalto (fanteria e singoli veicoli blindati per trasporto truppe) ed hanno lo scopo di eliminare le sacche di resistenza. Elementi di fuoco di riserva sosterranno l’avanzata di queste truppe, ossia cannoni semoventi, carri armati, mortai, mitragliatrici. Distaccamenti di perlustrazione saranno composti da fanteria e specialisti dei servizi di sicurezza dello Stato. Le riserve sosterranno l’attacco e fungeranno da vigilanza e trasporto dei prigionieri.
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Zona di raccolta del nemico
Il nemico solitamente utilizza aree aperte, facilmente controllabili (stazioni di smistamento ferroviarie, grandi parchi collegati tra loro, ecc.) come zona di raccolta. Esso riuscirà a farlo se voi non possedete alcuna arma pesante (artiglieria, aerei, mortai) per colpire le zone di riunione e le concentrazioni di truppe. La riunione in aree aperte e facilmente controllate semplificherà al nemico il compito di organizzare le proprie unità, impartire istruzioni relative all’operazione ai comandanti subordinati e piazzare armi pesanti di sostegno (cannoni, mortai) che nonostante l’alto “angolo di tiro” non potrebbero essere efficaci in strade strette.
Da ricordare quindi che le grandi aree aperte vicine al proprio fronte difensivo sono pericolose. Finché si è in tempo collocarsi in modo che queste aree (parchi, spazi aperti, linee ferroviarie) rimangano dietro. In caso di impossibilità concentrare i pochi mortai che si hanno a disposizione su questi punti.
Punto di penetrazione
La regola tattica nel combattimento urbano è di scegliere il punto di penetrazione in modo tale che la profondità dell’aria in cui entrare sia minima.
Dovete contiuamente aggiornare la vostra mappa della situazione con tutti i rapporti che riferiscono sui nuovi posti di blocco del nemico. Col passare del tempo avrete un ottimo quadro dello sviluppo del perimetro interno. Si potrà vedere così il punto in cui la vostra area mostra la profondità minore. Organizzate i preparativi in direzione di quel punto, approfondendo sempre con ulteriori indagini i dati in vostro possesso, organizzando le riserve, ecc.
Avanzare nelle strade
Il nemico userà di norma una compagnia rinforzata per ogni strada principale.
Probabilmente due plotoni avanzeranno insieme vicini l’uno all’altro; uno lungo la strada stessa, l’altro attraverso i giardini e i cortili. Il nemico sceglierà quel lato della strada che offre la migliore copertura. Il terzo plotone segue di riserva, bloccando e perlustrando l’area.
Sulla strada principale, una squadra avanzerà in fila indiana a sinistra e a destra lungo gli edifici. Un’altra squadra seguirà di riserva sul lato che offre maggiore copertura. Uno o due carri armati o cannoni d’assalto avanzeranno con la fanteria per dare sostegno all’attacco.
Almeno una squadra del plotone di riserva avrà l’incarico di perquisire le case man mano che il plotone avanza per impedire il riaccendersi del combattimento alle spalle. Anche singoli ufficiali del servizio di sicurezza vengono assegnati al plotone di riserva come specialisti. Poiché la perquisizione delle case richiede più tempo dell’avanzata del plotone si possono avere degli scollamenti. Quando gli elementi di punta impegnano uno scontro a fuoco, la truppa in coda alla colonna arretra entrando nelle case per evitare perdite.
Ad ogni incrocio l’avanzata si arresta e le unità si raggruppano. Si capisce da quanto detto che l’avanzata del nemico sarà difficile e molto lenta.
Eliminazione delle barricate
Il nemico cercherà di distruggere le barricate da notevole distanza con le armi pesanti, cioè i carri armati, i cannoni d’assalto e il fuoco diretto dell’artiglieria.
Se le barricate sono state fatte in modo da impedire l’uso di queste armi il nemico non le attaccherà frontalmente ma avanzerà sulla sinistra e sulla destra attraverso le case con la fanteria (gruppi d’assalto). La barricata in questo modo cade quasi da sé.
Sgombero di grandi edifici
Tutta l’area interessata verrà circondata. Si bloccheranno le vie di accesso con filo spinato (filo a rotoli) e con soldati armati di mitra. I carri armati si avvicineranno e vigileranno sugli edifici interessati con mitragliatrici e cannoni. Armi automatiche verranno piazzate sugli edifici circostanti per controllare i tetti dell’area in questione.
Un gruppo d’assalto, ad esempio elementi del servizio di sicurezza, penetra negli edifici, li perquisisce e li fa sgomberare sistematicamente. Verranno portate via immediatamente le persone sospette. Camion e ufficiali del servizio di sicurezza saranno tenuti pronti per il trasporto dei prigionieri. Un elemento di riserva aspetterà al coperto per prendersi in carico le persone arrestate o rinforzare l’elemento d’assalto. Altoparlanti trasmetteranno annunci ed appelli al “nemico”. Riflettori verranno piazzati per sostenere l’operazione anche di notte.
Sgombero di un’area aperta
Per disperdere dimostrazioni di massa della popolazione esasperata, fatte davanti ad edifici governativi, sedi di partito e uffici amministrativi, monumenti, ecc., il nemico agirà come segue:
Le truppe della forza di occupazione intimeranno alla folla riunita di allontanarsi il più presto possibile e senza intralci.
Di conseguenza:
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Daranno ordini con altoparlanti montati su camion perché rimangano aperte le porte delle case circondate, mentre le finestre che danno sulla piazza dovranno restare chiuse, per fare in modo che una notevole parte della folla si disperda nelle case e non sia possibile sparare dalle finestre chiuse sulle truppe o sulla polizia.
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Terranno sgombere molte strade in modo da lasciare via di fuga alla folla.
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Sgombereranno la piazza da un solo lato, scegliendo quello con minore numero di strade che portano alla piazza.
Per lo sgombero il nemico userà soprattutto carri o blindati per trasporto di persone o, quanto meno, dei camion. Essi avanzeranno lentamente su un’unica linea ad andatura uniforme, spesso con una parte leggermente più avanti per facilitare l’osservazione e costringere la folla ad arretrare.
La fanteria sarà montata su veicoli per impedire che la folla faccia a pezzi antenne, strumenti, bandiere, ecc., o getti bottiglie molotov.
Dietro i carri avanzeranno gli elementi di riserva a qualche distanza con i camion. Questi hanno l’obiettivo:
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Di bloccare immediatamente le strade laterali superate dai carri armati con cavalli di frisia e sentinelle allo scopo di impedire alla folla di ritornare ed attaccare alle spalle.
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Di prendere le persone arrestate e trasportarle nelle retrovie con camion.
Occupazione di una città
Ultimate le operazioni di entrata e di sgombero si istituiranno “aree riservate” per accantonare le truppe di occupazione. Queste aree saranno rigidamente separate dalla popolazione. In tal modo le truppe possono essere protette e tenute lontano dall’influenza politica della popolazione.
Le aree adiacenti alle “aree riservate” saranno pattugliate da fanteria e carri armati. Le pattuglie si nasconderanno in blindati per il trasporto di persone o, almeno, in camion con mitragliatrici.
Postazioni importanti saranno piazzate nelle aree adiacenti per sostenere le pattuglie. Saranno poche di numero per non disperdere le forze, ma in grado di sostenere un attacco.
Queste posizioni saranno sempre installate in edifici solidi facilmente difendibili. Spesso situate in posti che comunque andavano controllati, come compagnie elettriche, arsenali, ponti, ecc.
Le pattuglie, al comando di ufficiali, nelle vicinanze dell’“area riservata” saranno rinforzate da una squadra. In ogni caso saranno costituite almeno da un plotone con una mitragliatrice montata su camion.
Gli ufficiali che comandano le pattuglie sono di solito il meglio che il nemico ha da offrire (ossia i più spietati e sadici).
Essi devono soprattutto evitare qualsiasi contatto tra la popolazione e i soldati e assicurarsi che questi ultimi non vengano disarmati dalla popolazione. Non esiteranno a far fuoco neppure su donne e bambini.
Le pattuglie sono pericolose soprattutto perché sparano subito per paura. Più piccola è una pattuglia e più lontana si trova da un’“aria riservata” e prima sparerà.
Le sentinelle singole lungo la periferia dell’“area riservata” saranno sostituite prima possibile da reticolati di filo spinato. Ciò risparmierà persone e sarà anche più efficace.
Disarmo
Verrà stabilita una data limite per la consegna delle armi, munizioni, esplosivi e bombe a mano; fino ad allora si garantirà a chiunque la non punibilità se restituirà questi armi. Tale garanzia, almeno all’inizio, sarà rispettata in modo da non spaventare la gente.
Se vi fidate e restituite le vostre armi sarete comunque messi in una “lista nera”. Il nemico avrà sempre bisogno di ostaggi o di lavoratori coatti in seguito ed utilizzerà con piacere questa lista.
Dopo la scadenza saranno fatte perquisizioni domiciliari e controlli per le strade.
Perquisizioni
La sera precedente o durante la notte, una guida in abiti civili (ufficiale del servizio di sicurezza, militare, ecc.) condurrà una perlustrazione per individuare le strade adatte per l’avvicinamento, i blocchi stradali che occorreranno, il numero di persone necessarie.
L’avvicinamento, l’accerchiamento e il blocco dell’area verrà eseguito all’alba. Il nemico condurrà questa operazione il più rapidamente possibile per evitare che prendiate contromisure quali cercare rifugi, organizzare la resistenza, fuggire, ecc.
La perquisizione domiciliare comincia all’alba prima che la gente vada al lavoro (ai primi chiarori del giorno).
Ovunque sia possibile saranno utilizzati cavalli di frisia mobili per proteggere la truppa. Questa barriera serve ad impedire il passaggio di persone da una parte all’altra. Nello stesso tempo il nemico copre la propria perquisizione utilizzando barriere.
Edifici isolati (ville, ecc.) non offrono particolari difficoltà. Le case unite, invece, sono più complicate. Qui il nemico dovrà bloccare contemporaneamente parecchi edifici su due lati dell’“obiettivo”.
Naturalmente ogni squadra di fanteria di dieci o dodici uomini sarà accompagnata da uno o due membri del servizio di sicurezza. Due sentinelle verranno piazzate direttamente nell’attico per impedire fughe attraverso i tetti. Una guardia verrà posta sul pianerottolo ad ogni piano per sorvegliare le porte. Tre uomini resteranno a pianterreno, due per sorvegliare l’entrata principale e quella secondaria, il terzo per sorvegliare l’entrata alle cantine.
Di regola, tutti gli abitanti saranno raccolti in un punto che possa essere facilmente sorvegliato (cortile, angolo di muro), il proprietario o il portinaio dovranno indicare se sono presenti tutti, chi manca o chi è estraneo agli inquilini.
Poi gli abitanti verranno chiamati individualmente quando arriverà il turno di perquisire il loro appartamento. Verranno sfondate le porte che non si riuscirà ad aprire. La perquisizione sistematica richiede un sacco di tempo. In tale situazione gli specialisti del servizio di sicurezza faranno un “buon lavoro”.
La sola presenza dell’odiato e temuto organo della polizia politica avrà un effetto intimidatorio sugli abitanti.
Il singolo soldato, in fondo completamente indifferente all’intera operazione, viene costretto alla massima attività e severità dalla presenza dei rappresentanti del regime se non vuole correre il rischio di essere considerato politicamente infido.
Saranno oggetto di ricerca accurata: piccoli serbatoi d’acqua, gabinetti, bagni, valige, scatole, cucine, canne fumarie (possibili nascondigli di armi), camini (nascondigli per persone), letti, ecc. Si controlleranno anche i pavimenti per vedere se sono stati manomessi.
Verranno anche esplorati mucchi di pietrisco, macerie, legna o carbone nelle cantine e nei cortili.
Osservazioni conclusive
Questo libro sfiora soltanto la superficie di un argomento finora considerato da molti come dominio specifico di una incontrastata elite professionale dalla cui affidabilità tecnica e politica dipendeva la salvezza e la sicurezza di tutti i popoli del mondo.
La tattica e la strategia abbozzate potrebbero non dover mai servire (noi lo speriamo, in quanto ogni atto di violenza è una diminuzione della nostra umanità), ma sappiamo che la possibilità di un conflitto esiste (dopo tutto, ogni Stato spende una notevole parte del suo bilancio per prepararsi ad una simile eventualità). Ne consegue che quando i giochi diplomatici, gli equilibri, la discussione, la persuasione saranno falliti l’unica arma di difesa per la popolazione sarà sempre la guerra di guerriglia e la resistenza civile (ambedue armate).
In conclusione, la responsabilità di difendere le nostre vite, la nostra libertà e le nostre speranze per un mondo migliore, è nelle nostre stesse mani, non in quelle di un’elite militare professionale soggetta ai ghiribizzi del potere politico.
Postfazione
Per un approfondimento della lotta antimilitarista
Nota introduttiva
Al di là e contro un pacifismo radicale meramente simbolico che cerca di esorcizzare la violenza indirizzando le tendenze di liberazione della gente verso una “resistenza passiva”, si pongono le necessità di un approfondimento della funzione del militarismo oggi [1988], in una società che si avvia a perfezionare la sua struttura post-industriale, e di un perfezionamento dei metodi e delle prospettive della lotta antimilitarista. L’analisi delle forme e dei progetti del militarismo deve necessariamente essere più approfondita, anche in considerazione delle sempre maggiori implicazioni dell’economia con il tradizionale (e non più circoscritto) campo di interessi del settore militare. Da questa analisi vengono fuori connessioni e rapporti che non sarebbero emersi se ci si fosse fermati alla tradizionale concezione dell’esercito, così come è stata sviluppata da più di un secolo di teoria e di pratica antimilitariste. Le proposte, contro un simile stato di cose, possono apparire modeste e, sotto certi aspetti, non adeguate. Certo, sono piccole cose, se rapportate alla compattezza e alla monoliticità del nemico, ma sono piccole cose che si possono estendere, allargare, moltiplicare, diversificare. E questa pratica, può essere difficilmente recuperata.
Alfredo M. Bonanno
Premessa
Se diamo uno sguardo al di là delle deformanti lenti ideologiche all’arcipelago antimilitarista filo pacifista, notiamo che nella sua frastagliata e composita realtà questo sembra un moderno gulag di integrazione socialdemocratica, un cadavere alimentato da una folta schiera di morti viventi. Per rendersene conto basta riflettere sul fatto che esso costituisce oggi un marginale e, nello stesso tempo, alternativo mercato del consenso sociale istituzionale. A darne un’idea è il desolante spettacolo di posizioni radical-chic-riformiste che offre.
I suoi soggetti-zombie recitano la parte di coloro che si oppongono ai piani di guerra degli Stati attraverso il proprio pacifismo radicale che consiste nel mettere in pratica tutta una serie di azioni simboliche basate su modalità religiose che esorcizzano la violenza, spingendo la gente a far proprie le forme di “resistenza passiva”. Su questo modello, volto ad ibernare ogni conflitto sociale, essi officiano i propri riti sacrificali e masochisti, bruciando innocui feticci rappresentanti il potere o recitando funerei spettacoli teatrali, volti a coinvolgere in una orgia collettiva di impotenza la massa che si accalca incuriosita nella piazza.
Fuori da ogni pratica di trasformazione dell’esistente, questi sacerdoti-attori della pace vendono illusioni “antimilitariste”, giocano ad ingannare se stessi e lo stuolo di sprovveduti che li segue circa gli esiti di quella che definiscono lotta al militarismo. I gestori del potere beffardamente li plaudono e talvolta li sostengono apertamente in queste loro innocue performance contro la guerra, concedendo loro tutti gli strumenti per allestire sulle piazze queste carnevalate. La cosa che più stupisce è quella di vedere questo loro bagaglio culturale adottato anche da alcune componenti del nostro movimento, che cedendo al fascino della società dello spettacolo, uniformizzano il loro attuale agire adeguandolo a questo allucinante schema di integrazione sociale. Queste componenti, piuttosto che elaborare proprie analisi e strategie, inseguono di fatto passivamente i sussulti del disarmato e disarmante cadavere dell’antimilitarismo pacifista senza fornire una coerente risposta rivoluzionaria ai problemi posti dalla realtà militarista contemporanea.
Non vogliamo, né pretendiamo, presentarci nelle vesti di coloro che avendo elaborato in ogni più piccolo dettaglio una coerente strategia antimilitarista rivoluzionaria, ora la presentano al movimento, come una ricetta capace d’un tratto di fornire un’adeguata soluzione a tutti questi problemi. Ci interessa però fuori da ogni illusione idealista, presentare qui alcuni elementi di analisi che possono fin d’ora contribuire a chiarire il ruolo assunto dal militarismo all’interno della società post-industriale, sgombrando così il campo da tutti quei tanti equivoci dovuti al persistere di obsolete vedute legate a questo problema, trattato spesso solo da un punto di vista strettamente ideologico.
Pensiamo quindi che sia urgente che all’interno del movimento si inizi un’effettiva ricerca conoscitiva della realtà militarista contemporanea, perché è partendo da questa che possiamo costruire una critica radicale capace di proiettarci fuori da questo letamaio, ed incamminarci propositivamente verso la rielaborazione di un progetto autonomo antimilitarista, anarchico ed insurrezionalista. Insomma, ci interessava far sì che si riprenda a battere strade lastricate da interventi sociali rivoluzionari, ben differenziate da quelle finora battute. Questo vuol essere un modesto contributo dato in questa direzione partendo dal considerare l’esercito non solo come un’istituzione totale, un luogo di coercizione e detenzione assoluta per migliaia di giovani proletari costretti ogni anno ad indossare la divisa, ma soprattutto come una struttura di controllo e di deterrenza sociale dislocata sul territorio che nel quadro dei progetti di dominio del capitale e dello Stato assolve a precise funzioni di contenimento dei conflitti di classe in corso.
Il ruolo dell’esercito nella società post-industriale
Nella società post-industriale, appare profondamente modificata, rispetto al passato, non solo la struttura dell’esercito, ma anche il suo ruolo, in quanto non va dimenticato che la grande rivoluzione tecnologica attuata dal capitale e dallo Stato è strettamente legata agli sviluppi maturati nel campo della ricerca militare.
Ogni esercito si trova strutturato su due piani distinti, da un lato ci stanno i suoi corpi speciali incorporati ormai in un esercito multinazionale (vedi le forze NATO in Europa), che assolvono operativamente a compiti importanti dal punto di vista strategico della difesa militare, dall’altra ci stanno invece i reparti di massa, da questo punto di vista del tutto inefficienti, ma perfettamente funzionali ai compiti richiesti dallo Stato che, in funzione di ordine pubblico, interno alla struttura sociale, ha necessità di mobilitare, come controllo e deterrenza, questa enorme forza-apparato su tutto il territorio nazionale. I compiti sono quelli assolti in funzione antisciopero nel passato ciclo di lotte degli anni 70 (vedi lotte condotte dai lavoratori ospedalieri o dai ferrovieri, sostituiti dai militari nelle loro mansioni) o quei compiti più conosciuti assolti in caso di calamità naturale (vedi quando accaduto nei terremoti del Belice ed in Irpinia). In pratica questa parte dell’esercito viene a costituire la rete di protezione civile e, nel contempo, di controllo sociale, in funzione antisommossa, rete allestita dallo Stato preventivamente.
Inoltre, quest’avvenuta ristrutturazione dell’esercito risulta perfettamente funzionale alle esigenze tecnologiche e produttive espresse dal capitale nel campo dell’industria bellica e nucleare, in quanto i sofisticati armamenti che si producono vengono impiegati solo dagli specialisti che compongono i vari corpi speciali delle Forze Armate, poi il mantenimento obbligatorio del servizio di leva [destinato a scomparire dopo pochi anni, nota del 2012] arreca indubbi vantaggi in quanto allenta la pressione occupazionale sul mercato del lavoro. Sotto quest’aspetto l’esercito, da istituzione chiusa, è diventato un’istituzione aperta sul sociale che di fatto si trova proiettata in pieno all’interno delle condizioni generali del conflitto di classe in corso. Per comprendere l’avvenuto processo di colonizzazione militarista di ogni spazio sociale, compresi quelli inerenti alla “società civile”, considerati fino a ieri sacri e inviolabili dall’ideologia liberale e democratica, bisogna sempre rifarsi a questo processo.
Tutte le procedure di controllo informatizzato dislocate sul territorio capillarmente non sono che applicazioni teorico-pratiche che discendono dallo studio condotto dalla scienza militare cibernetica.
L’avvenuto processo di militarizzazione del corpo sociale legato all’uso delle nuove tecnologie di base provenienti dal campo militare, ha, come abbiamo visto, modificato la struttura e il ruolo assolto oggi dalle Forze Armate.
Questo fatto mette in luce i limiti e le debolezze contenuti nelle teorie e nelle pratiche antimilitariste di coloro che prescindendo da ogni analisi e critica radicale, portate contro la struttura della società attuale nel suo insieme, così com’è dominata dagli apparati tecnologici del capitale e dello Stato, continuano imperterriti a combattere secondo schemi e logiche legati a scenari sociali del passato. Nel far ciò non agitano prospettive di trasformazione ma sono soltanto preda dei propri fantasmi ideologici e invece di combattere l’attuale realtà militarista, finiscono per combattere una idea astratta di militarismo.
La fine dell’esercito operativo di massa
Nella società post-industriale tramonta definitivamente il sogno autoritario dittatoriale delle cariatidi del marxismo-leninismo. Il moderno Stato democratico, fondato sugli apparati tecnologici, ha distrutto il mito dei “proletari in divisa”, in quanto all’esercito operativo di massa è succeduto quello costituito sui corpi speciali.
I militari di leva non formano più la spina dorsale operativa dell’esercito attuale. Questo fatto brucia ogni illusione nutrita da coloro che intendevano costruire il sedicente futuro esercito di liberazione sociale.
Dal punto di vista dell’efficientismo, la novità nell’esercito è data dal fatto che la ristrutturazione e il riammodernamento hanno stravolto il ruolo storicamente assolto dal militare di leva. Oggi quest’ultimo non può più essere considerato un “soldato”. Ciò nonostante che a livello di immagine, l’esercito faccia apparire come non cambiata la figura del soldato di truppa, dato che continua a vestirlo ed equipaggiarlo oltre che a dargli la stessa misera paga di un tempo. In realtà, il militare di leva si trova privato di tutte le vecchie funzioni operative che era chiamato ad assolvere nella vecchia macchina da guerra dello Stato.
Non a caso le attività più diffuse oggi fra i coscritti sono nell’ambito dei servizi di pulizia interna delle caserme, con aggiunti compiti di sorveglianza marginale. I più servizievoli vengono premiati con l’esonero delle pulizie e imboscati negli uffici. Altri vengono assunti come aiutanti personali degli ufficiali. Oltre il 50 per cento dei militari di leva non vengono impiegati in reparti operativi.
Le esercitazioni e gli addestramenti sono pochi e del tutto insignificanti sotto il profilo dell’efficienza bellica. Le famose “grandi manovre” simulate, vengono spesso pagate con la vita dei militari di leva e il loro scopo è principalmente quello di soddisfare il gusto estetico di questo o quel generale che si diverte a giocare alla guerra.
A questa dequalificazione delle reclute corrisponde una ristrutturazione della struttura che tende a concentrare la propria funzionalità nei corpi speciali i quali detengono l’uso di sofisticate armi prodotte dallo sviluppo tecnologico.
In questo modo l’esercito non corre il rischio di consegnare le armi a coloro che prendendo coscienza potrebbero utilizzarle contro i comandanti e i padroni, come storicamente è avvenuto molte volte.
Le forze politiche che hanno contribuito a questa evoluzione
Oltre ai partiti, presenti in parlamento, a questa evoluzione hanno contribuito gli estremismi istituzionali. Da un lato, quello socialdemocratico di sinistra, che sotto la spinta di un ciclo di lotte condotte nelle caserme, ha incanalato la protesta volgendola verso una democratizzazione dell’esercito (da Lotta Continua, attraverso il Movimento Democratico dei Soldati, al Partito Radicale, fino a DP). Ciò è avvenuto con richieste di miglioramenti salariali e di vita nelle caserme, fino all’instaurazione del “servizio civile”. Costoro non hanno mai cercato di distruggere l’esercito, ma sempre di riammodernarlo, parlando di umanizzare uno strumento di morte ma, con la scusa di essere realisti, facendo in modo di rafforzarlo anche a livello di immagine, nascondendo la generale disumanità che costituisce la base di tutti gli eserciti.
In questo modo, oltre ad avere prodotto molte illusioni nella massa degli antimilitaristi, stornandola dal suo problema reale, cioè la distruzione dell’esercito, hanno accelerato il processo interno di ristrutturazione, facendo diventare la struttura militare un efficiente strumento di terrore e deterrenza sociale, il quale agisce all’interno della società.
Dall’altro lato, l’estremismo fascista nostrano ha contributo, con la sua richiesta di un efficiente esercito professionale di volontari, al processo di ristrutturazione.
Da questi giochi di mediazione politico-istituzionale, è scaturito il servizio civile sostitutivo, che costituisce il fiore all’occhiello di questa repubblica democratica.
La maggior parte degli antimilitaristi pacifisti prestano servizio all’interno di enti locali e para-istituzionali, ospedali, cliniche, ecc.; nonché in strutture statali di carattere detentivo alternativo (ad esempio, i centri di recupero per tossicodipendenti, ecc.). Questi servizi sociali umanitari usano i falsi portatori di pratiche antimilitariste, che diventano così funzionari volontari del controllo militarizzato messo in atto dallo Stato, il quale tiene molto a favorire chi sceglie oggi di fare il servizio civile.
L’opposizione radicale al militarismo, sotto questo aspetto, mette in luce la validità della pratica dell’obiezione totale e della diserzione, come scelte coerentemente antimilitariste. Attualmente, queste pratiche, pur essendo minoritarie, costituiscono, senza equivoci di sorta, un preciso punto di partenza rivoluzionario su cui andare ad elaborare una conseguente strategia insurrezionalista anarchica di attacco sociale diffuso: dal sabotaggio portato contro tutte le strutture militariste e del controllo sociale dislocate sul territorio, fino a creare situazioni di insubordinazione di massa nelle caserme divenute oggetto di attacco proletario finalizzato unicamente alla loro pura e semplice distruzione.
La funzione interna
L’importanza dell’esercito italiano è data dalla funzione che assolve all’interno della struttura sociale, in quanto forza permanente antisovversiva mobilitata contro i proletari. Anche la costituzione dei suoi corpi speciali, corrisponde a questa esigenza di controllo e repressione da parte dello Stato. Questi sono infatti corpi addestrati alla guerra non convenzionale.
Nel campo della guerra sociale l’Italia è fra i paesi più avanzati in Europa occidentale in quanto dispone di un consistente ed attrezzato apparato di polizia (più di 200.000 unità, nel 1984) senza contare i corpi speciali dell’esercito. Oggi, su di un afflusso annuale di oltre 200.000 coscritti, il contingente in servizio permanente si aggira su 350.000. Poi va considerato il personale civile che lavora all’interno delle strutture militari. Questo, pur non indossando la divisa, contribuisce al funzionamento dell’apparato.
I reparti speciali (“Folgore”, “Lagunare”, “Tesei”, “Centauro”, “Ariete”, ecc.), costituiscono la spina dorsale dell’operatività militare con un numero pressoché insignificante di uomini se rapportato all’insieme dei militari in servizio. Anche in questi reparti, ritenuti strategicamente importanti, si sono verificati casi di indisciplina e ingovernabilità.
L’esercito e la NATO
Mentre tutti scendono in piazza in grandi manifestazioni pacifiste contro le due superpotenze, nessuno le attacca seriamente. Più che altro tutte le proteste fatte finora sono prese di posizione simboliche contro la guerra, le quali non ostacolano minimamente i progetti di dominio del capitale e degli Stati. Anzi, una simile opposizione fittizia, torna utile per meglio razionalizzare il loro intervento militare. Il pacifismo antimilitarista è divenuto un’ulteriore arma di dominio e controllo sociale all’interno dei paesi economicamente e tecnologicamente più avanzati. Questo terreno è gestito oggi dai racket politici del riformismo di sinistra, volti a legittimare il presente stato di cose.
Ma torniamo a discutere dell’esercito italiano e dei suoi rapporti con la NATO. Attualmente una parte dei corpi speciali italiani si trova inserita nell’esercito multinazionale delle forze NATO, stanziato in Europa occidentale. Un’altra parte svolge compiti di polizia sussidiaria in accordo con l’arma dei carabinieri. La ristrutturazione è avvenuta sulla base degli accordi politico-militari esistenti fra gli Stati aderenti al Patto Atlantico. Si tratta quindi di una radicale ristrutturazione che investe tutti gli eserciti del blocco NATO. La stessa cosa sta avvenendo nel blocco dell’Est, anche sotto la spinta riformatrice del Cremlino. Gli accordi sulla riduzione degli armamenti atomici, stipulati fra le due super-potenze, sono stati accolti stupidamente dai pacifisti come una vittoria, mentre rientrano in questa logica di riassetto mondiale degli apparati bellici.
La presenza americana nel nostro paese è stata imposta in trenta province, occupando 300.000 ettari di territorio. Rispetto a questo problema bisognerebbe prestare una maggiore attenzione allo scopo di articolare una lotta diretta a distruggere questa pesante “servitù militare”, attraverso una pratica degli obiettivi diffusi diretta a coinvolgere le popolazioni che vivono questa occupazione coloniale.
L’esercito e l’industria bellica
In termini economici, il processo di ristrutturazione dell’esercito italiano, ha coinciso con lo sviluppo dell’industria bellica del nostro paese, la quale, oggi [1984], è fra le maggiori esportatrici di armamenti leggeri. Questa industria si distingue per l’altissimo livello tecnologico e deve questo suo risultato non solo alle commesse estere (le pistole Beretta sono state adottate in USA), ma anche a quelle nazionali. L’industria bellica è praticamente in continuo rapporto con l’esercito, sia per la produzione che per la scelta del personale. In questo campo vengono preferiti i giovani che hanno fatto la ferma volontaria nell’esercito e si sono specializzati nelle scuole professionali militari, i quali offrono maggiore garanzia di “fedeltà”.
Rapporti costanti sono tenuti anche con l’industria che opera nel campo delle ricerche scientifiche con proiezione militare: tecnologia nucleare, bio-tecnologie, tecnologia ecologica, ecc. Anche in questo campo il discorso antimilitarista dovrebbe approfondirsi ricercando maggiore informazione per potere impostare un’adeguata strategia di attacco insurrezionale.
Allo stato attuale delle cose le informazioni e le pratiche in questa direzione sono quasi del tutto inesistenti.
L’esercito del Duemila
Sulle soglie del Duemila l’esercito continuerà la sua attuale trasformazione muovendosi dal ruolo della deterrenza a quello del controllo interno alle dinamiche dello sviluppo.
Il progetto di ammodernamento messo a punto dal Ministero della difesa si propone tre obiettivi essenziali: il potenziamento della difesa aerea, la ristrutturazione e l’aumento delle forze aero-navali, una maggiore mobilità territoriale dell’esercito e una sua integrazione nelle realtà produttive, sociali e culturali del Paese.
È importante notare non solo gli ingenti investimenti relativi a questi progetti, ma anche le modificazioni di carattere sociale e culturale dell’esercito, in quanto ad una radicale trasformazione delle strutture militari corrisponde una altrettanto radicale diversificazione delle funzioni rispetto al passato. Anche la distribuzione delle caserme nel territorio si sta modificando, anche a seguito della legge che impone il limite di 300 km di distanza per i militari di leva dal comune di residenza, per cui si sta lavorando alla sistemazione di nuove aree decentrate. Il demanio militare è ingentissimo e le speculazioni relative ai trasferimenti degli immobili e all’edilizia militare sono certamente considerevoli.
Nel settore delle infrastrutture militari è possibile vedere un intervento diretto ad intensificare il consenso, l’integrazione e il controllo sociale riguardo la presenza militare nella società. Vi sono istruzioni su come passare il tempo libero, vi sono corsi per militari organizzati da strutture civili (sport e altro), vi sono interventi culturali (musica, ecc.). L’inserimento dei giovani di leva nel tessuto sociale è per ora sviluppato nelle aree metropolitane, ma si tratta di un esempio pilota destinato ad estendersi. La riforma sanitaria militare prevede la trasformazione di molti ospedali dell’esercito in ospedali civili, in policlinici, destinati anche alla ricerca e alla specializzazione medica. Un esempio e dato dal Celio.
Per le servitù militari imposte dalla NATO, si sta pensando di risarcire i proprietari dei terreni, sia privati che pubblici, per i disagi imposti alla popolazione. Questo vuol dire che ci si muove nella prospettiva di fare accettare senza opposizioni la militarizzazione del territorio.
Il controllo e la sorveglianza
In una relazione dello Stato maggiore dell’esercito si precisa che il suo compito oggi è “quello di assicurare la sicurezza, condizione prima dello sviluppo della società civile: sicurezza, però, che non è limitata solo all’aspetto strettamente tecnico, ma si estende ad una molteplicità di altre funzioni fino a configurarsi come difesa globale”. Questo porta ad intendere l’esercito come una struttura di controllo-sorveglianza interna alle dinamiche economiche, politiche, sociali, culturali e tecnologiche di questa società del dominio, non più come Istituzione separata dalla società civile come nel passato. In un’altra relazione si legge che l’esercito di leva in questi ultimi anni è stato “l’elemento unificante fra Stato e società”, per cui “la gerarchia, la subordinazione e l’obbedienza sono sentite in maniera del tutto diversa rispetto a qualche lustro fa”. Alla figura del professionista militare – si nota in queste relazioni – è succeduto il dirigente militare e il tecnologo militare. Si vede quindi emergere qui la nuova mentalità democratica e tecnocratica, perfettamente in sintonia con le esigenze di sviluppo e di controllo sociale degli attuali apparati tecnologici. L’esercito prepara oggi una massa di individui-zombie, altamente partecipativi, dalla mentalità flessibile e perfettamente adattabili alle esigenze di selvaggia mobilità manifestate dal mercato del lavoro.
È in questa prospettiva di ristrutturazione profonda e innovativa che si vede quanto sia innocua e fittizia l’opposizione al militarismo di tante agitazioni simboliche. È all’interno dello scontro di classe che emerge la distanza incolmabile che separa l’antimilitarismo rivoluzionario da quello socialdemocratico e pacifista. Infatti, il primo rifiuta ogni separazione delle ragioni più generali ed interne al conflitto di classe in corso, per cui, in quanto elemento di trasformazione, esso si trova inserito all’interno del progetto sociale insurrezionalista anarchico. Su queste ragioni di fondo materialiste fondiamo non solo il nostro radicale rifiuto verso ogni pratica simbolica antimilitarista, ma anche la nostra critica nei riguardi di ogni lotta settoriale e specifica, sia pure ammantata da efficientiste ragioni legate alla comodità dell’intervento.
Un antimilitarismo che non si fondi sulla ripresa coerente dell’azione rivoluzionaria diffusa in tutti i campi d’intervento sociale, per noi non è antimilitarismo, ma un diversivo attuato da chi, non volendo più correre rischi, ha sostituito l’azione reale con la simulazione, giocando nello spettacolo al perseguimento di innocui obiettivi che oltre a non intaccare il potere, sono funzionali a quest’ultimo, giocando il ruolo di opposizione addomesticata alle regole democratiche.
Movimento rivoluzionario e spazi di agibilità
Il servizio di leva per migliaia di giovani proletari si rivela come un momento preciso della loro condizione sociale, momento che funziona come centro di regolazione del mercato del lavoro, come luogo di costrizione assoluta e di addestramento alla disciplina, al rispetto degli ordini, alla gerarchia e alla legge, fino ad arrivare all’uniformazione con la pratica degli “scambi concilianti e pacifici”, che portano ad una identificazione con i valori e i modelli sociali dominanti.
È su questa linea di discorso che il movimento rivoluzionario si è posto il problema degli spazi di agibilità. Tutto quello che nella società appariva ieri ancora abbastanza autonomo e libero, oggi sta per essere inglobato in una rete di strutture di controllo allestite dallo Stato. Tutte le analisi radicali convergono su questo punto: rilevare la logica militarista in corso, partendo dalla descrizione della società attuale come carcere, caserma, fabbrica, ecc. Tutte sostanzialmente tendono ad accentuare i tratti repressivi di un avvenuto controllo militarizzato e di stati di detenzione sociale, fornendo l’immagine di una tecnologia di massima sicurezza. Cioè di una società dominata nel suo insieme da un immenso apparato tecnologico militare dove tutti i cittadini si trovano contemporaneamente mobilitati nel ruolo di gendarmi e di prigionieri, sia a livello individuale che collettivo.
Ogni discorso che oggi non tenga conto di questi elementi militari che a livello sociale contribuiscono a potenziare ed estendere il controllo, si invalida da solo. I discorsi sostenuti dagli antimilitaristi pacifisti rientrano in questo tipo di logiche che si invalidano da sé.
Alcune conclusioni provvisorie
Abbiamo qui voluto presentare questi elementi di analisi sulla realtà contemporanea del militarismo, per mettere a nudo le false ragioni oppositive degli antimilitaristi pacifisti e, nel contempo, abbiamo voluto rilevare tutta l’inconsistenza teorico-pratica dei discorsi fondati sulle ideologie.
Non riteniamo esaustivi questi elementi, ma li consideriamo un concreto contributo da cui partire per impostare correttamente il problema dell’antimilitarismo rivoluzionario, inserendolo dentro il processo di trasformazione radicale della società.
Abbiamo volutamente evitato di formulare proposte di lotta, perché vogliamo dare al lettore la possibilità di approfondire e riflettere prima su tutto quanto abbiamo precisato in questa direzione. Siamo difatti contro un propagandismo di maniera e contro una strumentalizzazione attivistica.
Portare un attacco concreto contro il militarismo, oggi significa partire dal rifiuto di giudizio ideologico, fornito a priori come motivazione dell’agire, per situarsi sul terreno di un’analisi rivoluzionaria capace di trarre giudizi a priori adeguati ai problemi posti dalla realtà di oggi.
Quindi sviluppare la ricerca di forme di lotta non più delegabili, fondate sulla praticabilità di obiettivi diffusi e polverizzati nel territorio. Perciò occorre unire e possedere, per quanto possibile, un’analisi che fornisca un quadro generale della realtà sociale su cui andiamo ad agire tenuto conto che non esistono settori di intervento privilegiato rispetto ad altri, e che il loro maggiore o minore significato dipende dallo sviluppo complessivo dello scontro di classe in corso.
Partire da ciò significa avere compreso la realtà sociale, nel suo complesso, al di là delle mille sfaccettature differenti che presenta e delle apparenze che sembrano frantumarla in mille specifici rivoli, nel suo movimento, sostanzialmente unitario, essendo costituita da flussi e da relazioni tutti fra loro intercomunicanti e interdipendenti.
Pierleone Porcu
[Pubblicato su “Anarchismo” n. 61, luglio 1988, pp. 22-28]
Appendice
L’industria bellica italiana
L’antimilitarismo in epoca di svilimento
Abbiamo approntato un lungo elenco di industrie produttrici di armi in Italia. Man mano che approfondivamo questo lavoro in noi l’indignazione cresceva. Ma com’è possibile, ci siamo chiesti, che migliaia di lavoratori, di esclusi, di poveri disgraziati con paghe da miseria, si vendano ai padroni collaborando alla produzione di morte, di ordigni che producono morte in tutto il mondo e che rendono possibile la guerra contro popolazioni spesso inermi o insorte con mezzi di fortuna per attaccare gli invasori?
E tutta la retorica della Resistenza di casa nostra? Possibile che non venga fuori in queste maestranze un briciolo di coscienza, una specie di resipiscenza di classe?
Era questo il discorso che stavamo quasi per fare in punta di penna, ma che non faremo.
Quello che speriamo leggerete, cari compagni, non è un articolo “antimilitarista”. Piuttosto è un lungo chiedere senza trovare risposte, un avanzare domande che nemmeno noi riusciamo a capire se sono fondate o meno.
Il suggerimento lieve e sfumato, l’accenno appena intravisto, perché tale è l’intuizione dell’immane baratro che ci si spalanca davanti ai piedi, scatena una comprensione sensibilmente dolorosa del pericolo che ci circonda. Tutte le prospettive di completamento entrano così in crisi, in contraddizione, e il ruolo del semplice continuare a fare con obiettivi di modesta crescita quantitativa si abbassa a semplice contenitore, ruolo ricettivo che ha una certa fondatezza ma che potrebbe determinare una unilaterale svalutazione della conoscenza e del compito che quest’ultima svolge nell’azione. Insistendo nel dare spazio alla intuizione della miseria generalizzata, da un lato, e non svalutando in modo assoluto la conoscenza, dall’altro lato, si rafforza il processo verso l’azione. In fondo questa è un destarsi a nuova vita, non è un movimento fra i tanti.
Viviamo nell’impoverimento sociale che tutti ci produce e riproduce continuamente, i produttori che lavorano in queste industrie di armi sono nella stessa miseria che ospita anche noi, tanto bravi nel metterli alla gogna e nel sottolineare la loro insipienza. Ci fermassimo qua non saremmo migliori di loro e il nostro “anti” qualcosa sarebbe uno schermo ideologico e null’altro.
Il rifiuto dell’attacco immediato riesce spesso a dare risultati possessivamente accumulabili e specificamente vantabili in termini di fare, da cui è difficile spiccare il volo verso una vera e propria azione rivoluzionaria, progressivamente coordinata sulla base di un preciso progetto. Così ci si avvolge in una sorta di asservimento al risultato conseguito, terreno di riconoscimento, séguito, applausi, imbecilli di contorno e tutto il resto. La rinuncia a tutto ciò è a volte vista come un trauma senza sbocchi, un vero e proprio salto nel buio.
La coazione a ripetere imposta dallo svilimento che tutti ci avvolge, causa perdite di profondità che svuotano ogni tentativo di comprensione fissato a priori. Ciò nega un dialogo più aperto con regioni e piani sconosciuti della realtà, con interstizi inammissibili alla semplice linearità. Individuato uno scopo, questo si rivela subito illusorio e viene immesso nell’insieme delle cose fatte e quindi in una prospettiva altrettanto illusoria, quella della completezza. Tutto ciò è molto conosciuto e può sembrare un punto ormai accertato, eppure c’è sempre un’enfasi eccessiva nella forza e nella onnicomprensiva capacità di accumulare guadagni decifrabili nella quotidianità. Ciò alimenta la presunzione e l’orgoglio che da ogni seme di conoscenza possa fiorire un rigoglioso albero, il che non è altro che una forma particolarmente sottile di stupidità.
Gli strumenti della conoscenza possono modificarci, anche profondamente, ma se siamo troppo legati alle cautele del quantitativo saranno anche i nostri desideri a essere modificati, di pari passo, e a sollecitarci a tradire ogni intenzione verso l’attacco. Questo fenomeno di ripiegamento azzera o riduce al minimo la piattaforma attiva da cui partire e ciò a volte accade prima che possano manifestarsi segnali importanti sia pure nel silenzio della riflessione.
Scoprire in noi, improvvisamente, il sentimento oceanico di dissolvimento delle corrispondenze e dei bilanciamenti protocollari, è una esperienza sconvolgente. Intuiamo un mondo diverso e ci sentiamo indissolubilmente legati a questo mondo, anche senza legami visibili o rafforzabili in maniera continuativa. Questo orizzonte fantastico ci attira anche quando siamo immersi fino al collo nella stupidità che scandisce le nostre giornate. L’ampiezza e la diversità non sono elementi strettamente necessari, non è la portata dell’intuizione a sconvolgerci, bastano piccole consapevolezze, anche se sono subito respinte, sia pure in attesa di qualcosa di migliore, di più profondamente radicato.
Quello che esiste fuori di noi è anche nella nostra coscienza, fa parte di noi, e non sono le parole che possono fornirgli qualcosa di nuovo, trasformandolo nel contrario di quello che è, questo sarebbe puro idealismo o anche il suo esatto contrario: bieco realismo perbenista, quello per intenderci dei piedi per terra.
Nell’interpretare il mondo, quindi anche nel criticarlo, antimilitarismo compreso, noi lo riproduciamo, cioè ci poniamo come specchio dove la realtà si riflette e continua a essere giustificata, in altri termini continua ad andare avanti anche con il nostro avallo critico, con il nostro chiamarci fuori, con il nostro essere “anti” qualcosa. Di più. Il nostro sforzo di mettere in rilievo i guasti che la realtà comporta, i pericoli per l’umanità, per l’estinzione del pianeta e di tutto il resto, fornisce elementi di recupero e di controllo, in altri termini è un atto di spontanea partecipazione repressiva. Vestiamo la divisa del carabiniere gratuitamente e senza accorgercene. La cosa ci mette a posto con la nostra coscienza infelice e ci trasforma in ebeti soddisfatti e contenti.
La grottesca sollecitudine del quantitativo è rivolta a continue modificazioni che sono aggiustamenti diretti a liberarsi dalla tirannia della mancata completezza. Ciò porta a formazioni su piani differenti che causano slittamenti privi sempre più di senso codificabile. Slittamenti e resistenze di fronte all’unificazione accumulativa rinviano a percorsi alternativi, scavati in profondità innominabili, dove continuamente emergono mondi non detti e che occorre, di volta in volta, nominare. La passività e la paura circolano lo stesso in questi percorsi, ma la pretesa di nascondere in qualche modo la povertà generalizzata, ogni volta deve smascherarle e riconoscerle, procedimenti complessi che prevedono una complicità di nuovo conio.
Ma conoscere la realtà non è interpretarla per misurare la distanza che separa le nostre pie intenzioni dalle sue diaboliche realizzazioni, conoscere è trasformare, cioè unificare dentro di noi quella conoscenza polverizzata (mille e mille misfatti vengono compiuti dal nemico che ci opprime) e unificarla in un progetto di attacco, in un atto di spontanea decisione che prende spunto certamente da quella conoscenza primordiale ma ad essa non si ferma, anzi va avanti oltrepassandola e individuando i punti da colpire. Questa individuazione è processo creativo di nuove forme realmente esistenti, non solo parto della nostra fantasia, e queste forme vengono in vita diversamente una dall’altra, non sono banali riproduzioni di una modellistica progettuale, in quanto in ognuna c’è intera la nostra natura specifica di individui, con tutta la nostra stupidità ma anche con tutta la capacità di migliorarci e di migliorare il mondo che ci circonda.
Utilizzando da una parte le nostre conoscenze teoriche, in altri termini il nostro progetto rivoluzionario, dall’altro l’esperienza diretta della realtà, produciamo conoscenza, la nostra conoscenza, strumento di volta in volta nuovo, che ci porta con sé principalmente a livello emotivo, strumento che amiamo e che curiamo con tutte le nostre attenzioni e per il quale siamo disposti a fare ogni sforzo perché è proprio esso che consolida in sé tutti i nostri sogni. Queste conoscenze sono quindi una sorta di specchio vivente di almeno tre elementi: a) il nostro progetto rivoluzionario, b) la realtà che ci circonda, c) i nostri desideri di trasformarla.
Il progetto rivoluzionario non è una camicia di forza dentro cui fare entrare la realtà. Ma è esso stesso un atto creativo. Sia pure rivestito di parole, quindi momentaneamente prigioniero di una specifica formulazione, non aspetta altro che di prendere il volo verso l’esperienza concreta, nuovamente concreta, diversa per necessità di cose da quell’esperienza che lo ha visto nascere. Anch’esso è un desiderio, un atto d’amore, un movimento in corso, non un oggetto già costruito, fermo nel tempo e soggetto all’usura che questo inesorabilmente esercita su tutti gli oggetti. Di questo fatto ci si può rendere conto esaminando le diverse conseguenze che il medesimo progetto determina in situazioni diverse e nelle mani di compagni diversi. L’azione rivoluzionaria, se parte da un progetto preciso, non riproduce uno stampo di già fatto nello spazio e nel tempo ma nell’applicarlo lo trasforma e nel trasformarlo trasforma la realtà. Non porta le cose dentro il progetto ma il progetto dentro le cose, e poiché queste ultime sono sempre diverse, in sé come relazioni e come oggetti e nella loro totalità, non è mai possibile prevedere con esattezza dove fermare la trasformazione e del progetto e delle cose stesse. L’intelligenza del rivoluzionario presiede a questo scambio, a questo reciproco passaggio, ed è in grado di dare vita a sempre nuove forme creative di organizzazione, non giocando a sostituire vecchi concetti con nuove parole, ma veramente entrando nella realtà fino in fondo.
E della realtà che ci circonda? Di questa realtà, che cosa ne diciamo?
Ecco il punto. Lo svilimento che la caratterizza, che caratterizza la nostra epoca, non ci vede estranei. Noi, come tutti, siamo figli della nostra epoca, svilita questa siamo sviliti anche noi. Anche noi anarchici, per intenderci. Pensarci immuni è sognarci mosche cocchiere. La differenza nelle prospettive del mondo, che indubbiamente continua ad esserci – le parole non mancano mai e i nostri “anti” rimangono ineffabili – non basta. Alla fine corriamo il rischio di dire qualcosa e di contribuire, senza volerlo, proprio al suo contrario. Impoveriti in un impoverimento generale, rifiutiamo di ammetterlo. La prima conseguenza di ciò è una tracotanza nuova nelle nostre affermazioni. A parole siamo i padroni del mondo, lo rivoltiamo come un calzino. Ma come lo percepiamo? È vero che siamo in grado di prenderlo in considerazione criticamente, quindi di legittimare le nostre critiche con quella vera sintesi che rimane padrona dei tanti aspetti del problema? Io penso di no. Ciò revoca in dubbio non solo l’interpretazione del mondo che ci circonda – cosa per altro pacifica – ma anche l’impiego del progetto rivoluzionario stesso. In una miseria generalizzata la nostra miseria avrà pure delle sfumature meno gravi (questo resta da dimostrare), ma è di già sufficiente a renderci ebeti di fronte al compito distruttivo che dovremmo proporci. In fondo l’azione rivoluzionaria non è un oggetto che una volta prodotto sta lì in vetrina pronto per la vendita. Esso è un processo che si ripete continuamente e continuamente deve essere compreso e per comprenderlo occorre l’intelligenza adeguata del rivoluzionario. Ma dove trovare questa intelligenza nella miseria dello svilimento, quando da ogni lato fioriscono imbecilli come funghi? Ahimé, il sentirsi circondati da stupidi rende stupidi, è inevitabile.
E lo stupido si lascia trascinare dall’immiserimento generale, non oppone neanche quel minimo di resistenza che sembrerebbe indispensabile al respiro di ogni uomo degno di questo nome. In tale atmosfera non c’è niente che valga la pena veramente di portare avanti, di accudire con amore, di sognare in quanto perfezione realizzata, non c’è nulla di bello, solo l’ordine e la regola regnano incontrastati. Tutto si appiattisce sul minimo sforzo, sull’individuazione della causa prossima, sulla collaborazione, sul chinare la testa offrendo al dio dell’uniformità perfino il proprio dissenso. Ognuno si trova a proprio agio in questa poltiglia indifferenziata, indossa la propria divisa, si deturpa con gli stessi segni, ascolta i medesimi brusii, si impone il medesimo ritmo di perdita di senso e di speranza. I deboli vengono azzerati da questa disciplina che sembrerebbe lasciare la massima libertà a ciascuno e che schiaccia come mai il terrore del passato si era sognato di fare. I miglioramenti apparenti producono disgregazione e povertà di idee, pessimismo d’accatto e opportunismo. I forti si impongono di sembrare tali, quindi finiscono per non esserlo più. Si danno discipline di comportamento, non prospettive di attacco, simulazioni di salute. Non si ribellano, si limitano a mimarne i segni esteriori.
Lo svilimento non ha bisogno di essere raffigurato, le sue produzioni sono fatte nel segno della pienezza, dell’apparenza che raffigura la realtà, che dell’immagine vuota si appaga e si vanta, saziandosi a sufficienza. In questo modo l’esistenza quotidiana – polverizzata nelle tante piccole cose da fare – sopravvive a se stessa in una continua secrezione di ripetitività: un volantino oggi, un giornaletto domani, un presidio domani l’altro, un convegno, un dibattito, una passeggiata serale ai margini del villaggio. La putrefazione dilaga sotto l’aspetto della vita, sceglie i temi della propria dissoluzione come si scelgono le proprie letture, sulla base delle sillogi correnti. In fondo l’ottimismo domina mentre dappertutto regna lo svilimento.
Arrivati alla modificazione dimidiata, tagliata in due e irrimediabilmente priva della qualità originariamente saldata all’attuale quantità, se ci ribelliamo non siamo semplicemente contro tutto questo, ma per tutto questo e per quello che è sfuggito via. Il nostro non può essere un semplice atteggiamento negativo, tagliare la sofferenza insopportabile e basta, ma andare oltre questa prigione pietrificata, oltre questi mugolii e queste urla destituiti di dignità. Ritrovare la complessità della completezza, è questa l’azione rivoluzionaria nel territorio desolato che ci circonda, è questo il necessario viatico.
Una scansione degli eventi produttivi, se inserita in sporadici tentativi critici, si caratterizza per la sua persistenza intervallata da accettazioni supine e da rigetti disperatamente inconsulti, ed è quindi funzionale proprio allo svilimento. Speranze fioriscono, si intravedono, scompaiono. Nell’azione siamo continuamente chiamati a recidere il filo fragile che ancora ci collega alla modificazione produttiva. Il segno presente della morte, le configurazioni oniricamente distruttive che realizziamo nella puntualità della coscienza ormai ridotta in briciole, materializzano ombre del passato e con queste si scontrano, anche se non possono essere questi ricordi a mortificare il sogno di una forza dirompente, le antiche palpitanti parole rivolte al silenzio del futuro. Eppure sono là queste remote presenze, le avvertiamo in un trasalimento, in una improvvisa tentazione di speranza, in un alleggerirsi della nostra tensione intensificativa. Si tratta di un intreccio che si ripropone continuamente attraverso l’oltrepassamento stesso, tra diversità e immediatezza, un intreccio sfilacciato e fluttuante, stiracchiato da un lato verso le equilibrate esperienze e dall’altro verso la puntualità coltivata da mille intuizioni e realizzata forse soltanto in un colpo, coinvolgimento, vortice che turbina attorno a noi.
Può uno stupido sognare la trasformazione della realtà? Certo che può (ultimo punto dell’elenco di cui sopra), ma sarà una trasformazione stupida.
Un elenco di fabbriche produttrici di armi. Un elenco ghiotto. Che ci dice questo elenco filtrato attraverso lo svilimento generalizzato in cui viviamo? Che rappresentazione oggettiva ce ne facciamo?
Questo elenco non è un punto dove arrivare per sbigottire il proprio risentimento, ma un punto da cui partire per andare oltre i limiti ormai rinsecchiti dei nostri progetti “anti” privi di sugo.
Argomento da riprendere, magari con qualche riflessione da parte dei pochi lettori che ci seguono.
Alfredo M. Bonanno
[Pubblicato su “SenzaTitolo” n. 4, autunno 2009, pp. 49-61]
Industrie produttrici di armi in Italia
Federazione delle aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza
A.M.A. spa, Via Torre 16, 31032 Casale sul Sile (TV)
A.R.I.S. spa, Strada Cascina Bertola 10, 10040 Lombardore (TO)
ABL srl, Via F. d’Ovidio 20, 00137 Roma
– Via Monte d’Oro 31bis/B, 00040 Pomezia (RM)
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AEREA spa, Via Cefalonia 18, 20156 Milano
AERO SEKUR spa, Via delle Valli 46, 04011 Aprilia (LT)
AEROSTUDI srl., Via A. Gregorcic 31, 34170 Gorizia
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ALENIA AERMACCHI spa, Via Ing. P. Foresio 1, 21040 Venegono Sup. (VA)
– V.le B. Buozzi 58 int. 8, 00197 Roma
ALENIA AERONAUTICA spa, Via Campania 45, 00187 Roma
– Strada Malanghero, 10072 Caselle (TO)
– Strada Statale 87 Km. 8,7, 80026 Casoria (NA)
– Zona ASI Incoronata, 71100 Foggia
– Via Boscofangone (zona ASI), 80035 Nola (NA)
– V.le dell’Aeronautica, 80038 Pomigliano D’Arco (NA)
– C.so Marche 41, 10146 Torino
ALENIA AERONAVALI spa, Via Triestina 214, 30173 Tessera (VE)
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ALENIA SIA spa, Strada Antica di Collegno 253, 10146 Torino
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ALSTOM Ferroviaria spa, Via Ottavio Moreno 23, 12038 Savigliano (CN)
– Via Sabotino, 00034 Colleferro (RM)
– Via Fosse Ardeatine 120, 20099 Sesto S. Giovanni (MI)
ANSALDO RICERCHE spa, C.so Perrone 25, 16152 Genova
– Via Nuova delle Brecce 260, 80100 Napoli
ASE srl, C.so V. Emanuele II 30, 20122 Milano
– Via T. Salvini 25, 00197 Roma
– Via Verdi 33/35, 20010 S. Giorgio su Legnano (MI)
ASTRA VEICOLI INDUSTRIALI spa, Via Caorsana 79, 29100 Piacenza
AVIO spa, Strada del Drosso 145, 10135 Torino
– Via I Maggio 99, 10040 Rivalta di Torino (TO)
– Via Barberini 86, 00187 Roma
– Via I Maggio 99, 10040 Rivalta di Torino (TO)
– Via I Maggio 56, 10040 Rivalta di Torino (TO)
– Strada del Drosso 145, 10135 Torino
– C.so Garibaldi 22, 00034 Colleferro (Roma)
– V.le Impero angolo Viale Alfa, 80038 Pomigliano d’Arco (NA)
– Località Calabricito, 80011 Acerra (NA)
– V.le Arno 60, 72100 Brindisi
AXITUDE srl, Via Caracciolo 15, 80122 Napoli
– Via Pascoli 7, 80026 Casoria (NA)
BERETTA spa, Via P. Beretta 18, 25063 Gardone Valtrompia (BS)
– L.go del Nazareno 15, 00187 Roma
BONETTI AIRCRAFT SUPPORTS, Via De Marini 1, 16149 Genova,
– V.le B. Croce 34B/2, 00142 Roma
– Centro Direzionale “Le Torri”, Via Marsala 40/c, 20013 Gallarate (VA)
– Centro Direzionale Isola F/3, 80143 Napoli
C.M.D. Costruzioni Motori Diesel, S.S. 87 km. 23,300, 81020 San Nicola La Strada (CE)
– Nucleo Industriale “Valle di Vitalba”, 85020 Atella (PZ)
– Zona Industriale ASI, Lotto 6/3, 83040 Morra De Sanctis (AV)
C.S.M. Centro Sviluppo Materiali, Via di Castel Romano 100/2, 00129 Roma
– V.le B. Brin 215, 05100 Terni
– P.zza Caduti 6 Luglio 1944 1, 24044 Dalmine (BG)
– Via Emanuele Gianturco 31/c, 84146 Napoli
CALZONI srl, Via De Gasperi 7, 40012 Calderara di Reno (BO)
– Via A. Solari 19, 20144 Milano
CIRA Centro Italiano Ricerche Aerospaziali, Via Maiorise, 81043 Capua (CE)
CISDI “COMITATO IMPRESE SETTORE DIFESA”, c/o Confindustria, Viale dell’Astronomia 30, 00144 Roma
– c/o Celin Avio srl, Loc. Cerri, 19020 Follo (SP)
CONSORZIO S3LOG, Via Salaria 1027, 00138 Roma
DEMA Design Manufacturing spa, Via D. Morelli 7, 80121 Napoli
– Via S. Sossio 38, 80049 Somma Vesuviana (NA)
– V.le Impero Consorzio il Sole Lotto T, 80038 Pomigliano d’Arco (NA),
– Via Prov.le Pianura 29, Loc. Ind. S. Marino, 80078 Pozzuoli (NA)
– S.S. Appia km 237, 82011 Paolisi (BN)
– Via Mattei 12, 72100 Brindisi
– Via Caorsana 34, 29100 Piacenza
– Via Varese 17/b, 21013 Gallarate (VA)
ELE.SI.A. spa, Via Montenero 63/65, 00012 Guidonia Montecelio (RM),
– Via B. Provaglia 7, 40128 Bologna
– Via Cavour 151, 10091 Alpignano (TO)
ELETTRONICA spa, Via Tiburtina Valeria Km.13,700, 00131 Roma
ELETTRONICA ASTER spa, Via Cino del Duca 2, 20122 Milano
– Via Longoni 108/b, 20030 Barlassina (MI)
ELSAG DATAMAT spa, Via Puccini 2, 16154 Genova
– Via Laurentina 760, 00143 Roma
– Via Castrogiovanni 1, 74100 Taranto
ENGINEERING – INGEGNERIA INFORMATICA spa, Via S. Martino della Battaglia 56, 00185 Roma
– Strada 2 – Palazzo D/3, 20090 Assago (MI)
– Via F. Morosini 19, 10128 Torino
– C.so Stati Uniti 23/a-c-d-i, 35127 Padova
– Via M. Staglieno 10/24, 16129 Genova
– Galleria del Leone 3, 40125 Bologna
– Via G. del Pian dei Carpini 1, 50127 Firenze
– V.le Sardegna 37, 53100 Siena
– Via Settevalli 429, 06129 Perugia
– Via Terragneta 90, 80058 Torre Annunziata (NA)
– V.le Virgilio 146, 74100 Taranto
– V.le Regione Siciliana 72-75, 90146 Palermo
– Località Morello, Variante Aurelia 295, 19038 Sarzana (SP)
– Via Edison 2, 60027 Osimo (AN)
– Via Nazionale per Teramo 14, 64023 Mosciano S. Angelo (TE)
– V.le Marconi 16, 63100 Ascoli Piceno
ERA ELECTRONIC SYSTEMS srl, Via Ranco 9/d, 06080 Collestrada (PG)
– Loc. Ferriera 50, 06089 Torgiano (PG)
EUROCONTROL spa, Via Varenna 52A, 16155 Genova
EXPRIVIA SOLUTIONS spa, Via C. Colombo 456, 00145 Roma
– Via Carlo Esterle 9, 20132 Milano
– V.le Olivetti s.n., 70056 Molfetta (BA)
FEDEGARI AUTOCLAVI spa, S.S. 235 km 8, 27010 Albuzzano (PV)
FIMAC spa, Via Piemonte 19, 20030 Senago (MI)
– Via Don Gnocchi 6, 20016 Pero (MI)
FINCANTIERI spa, Via Genova 1, 34121 Trieste
– Via Cipro 11, 16129 Genova
– Passeggio S. Andrea 6, 34123 Trieste
– Via Tevere 1/A, 00198 Roma
– V.le S. Bartolomeo 446, 19024 Muggiano (SP)
– Via Erasmo Piaggio, 16037 Riva Trigoso (GE)
FINMECCANICA spa, P.zza Monte Grappa 4, 00195 Roma
– C.so Perrone 118, 16161 Genova
– Galleria San Babila 4/c, 20122 Milano
FLEXIDER srl, C.so Romania 501/24, 10156 Torino
FORGITAL ITALY spa, Via G. Spezzapria 1, 36016 Velo d’Astico / Seghe (VI)
G.M.A. di A. Punzi & C. sas, V.le Ferrovie dello Stato 20, 80014 Giugliano (NA)
– V.le Ferrovie dello Stato 14, 80014 Giugliano (NA)
– Via Saccomuro 21, 00131 Roma
G.S.E. srl, V.le del Vignola 44, 00196 Roma
– Via Vecchia Torchiarolo s.n., 72100 Brindisi
GALILEO AVIONICA spa, Via A. Einstein 35, 50013 Campi Bisenzio (FI)
– Via G. V. Bona 85, 00156 Roma
– Via Turanense Km. 44,452, 67061 Carsoli (AQ)
– Strada Priv. Aeroporto Caselle, 10077 S. Maurizio Canav. (TO)
– Via Montefeltro 8, 20156 Milano
– Via G.B. Grassi 93, 20157 Milano
– V.le Europa, 20014 Nerviano (MI)
– Via dei Castelli Romani 2, 00040 Pomezia (Roma)
– Via M. Stoppani 21, 34077 Ronchi dei Legionari (GO)
– Via Villagrazia 79, 90125 Palermo
GEM ELETTRONICA srl, Via Vespucci 9, 63039 S. Benedetto Tronto (AP)
GEMELLI srl, Via Manzoni 39, 20010 Canegrate (MI)
GORIZIANE spa, Via Aquileia 7, 34070 Villesse (GO)
HELITEC srl, V.le del Vignola 44, 00196 Roma
– Via Marsala 40, 21013 Gallarate (VA)
– Via Vecchia Torchiarolo s.n., 72100 Brindisi
I&SII spa, Via Panama 52, 00198 Roma
– Via della Meccanica 2b, 04011 Aprilia (LT)
– Via Chiesuola s.n., 04100 Latina
– Via Pontina km 77,900, 04100 Latina
– Via dei Conti Ruffo 26, 88100 Catanzaro
– Via Contrada Chiesa dei Morti 553/4, 70043 Monopoli (BA)
– Via Santa Barbara 9, 09012 Capoterra (CA)
– Via Giovanni Tritto 27bis, 80141 Napoli
– V.le Europa 26, 90039 Villabate (PA)
– Via Tommaso Da Celano 6, 00100 Roma
I.A.P. srl, Via Appia 236, 72100 Brindisi
– Via R. Moretti s.n., 72100 Brindisi
IDS Ingegneria dei Sistemi spa, Via Livornese 1019, 56122 Pisa
– Via Sterpulino 20, 56121 Ospedaletto (PI)
– Via Flaminia 1068, 00189 Roma
– Via Vittorio Veneto 12, 21100 Morazzone (VA)
ILMAS SUD spa, Contrada Pantano, Zona ASI, 80011 Acerra (NA)
INFO SOLUTION spa, Via della Burrona 51, 20090 Vimodrone (MI)
– Via Zoe Fontana 220 int B1, 00131 Roma
– Via Fiumara 7/3, 16100 Genova
ING. NADDEO & C. srl, Via G. Di Vittorio 10, 84018 Scafati (SA)
INTERMARINE spa, Via Alta, 19038 Sarzana (SP)
– V.le San Bartolomeo, 19100 La Spezia
IVECO – Defence Vehicles, Via A. Volta 6, 39100 Bolzano
KAYSER ITALIA srl, Via di Popogna 501, 57128 Livorno
LARIMART spa, Via di Torrevecchia 12, 00168 Roma
LOGIC Sistemi Avionici spa, Via G. Galilei 5, 20060 Cassina De’ Pecchi (MI)
MAGNAGHI AERONAUTICA, Via Galileo Ferraris 76, 80142 Napoli
MB ELETTRONICA snc, Zona PIP Vallone 35, 52042 Camucia di Cortona (AR)
MARS srl, Via Emanuele Gianturco 31, 80146 Napoli
MBDA ITALIA spa, Via Tiburtina Km. 12,400, 00131 Roma
– Via di Fusaro 267, 80070 Bacoli (NA)
– Via Valdilocchi 15, 19136 La Spezia
MECAER spa, Via per Arona 46, 28021 Borgomanero (NO)
MES spa, Via Tiburtina 1292, 00131 Roma
METAL SUD srl, Via Nazionale Appia Loc. Crisci, 81021 Arienzo (CE)
MICROTECNICA srl, P.zza Arturo Graf 147, 10126 Torino
– Via S.M. al Lambro 18/20, 20047 Brugherio (MI)
– Via Primo Maggio, 199, 10062 Luserna S. Giovanni (TO)
MOREGGIA srl, Via Borgone 25, 10139 Torino
– C.so Pastrengo 36, 10093 Collegno (TO)
N.M.C. Nuovo Molifcio Campano, Via G. Sanfelice 24, 80134 Napoli
– Zona ASI – SS 87, Km 16,460, Loc. Pascarola, 80023 Caivano (NA)
NORTHROP GRUMMAN ITALIA, Via Pontina Km. 27,800, 00040 Pomezia (Roma)
OMA spa, Via Cagliari 20, 06034 Foligno (PG)
OMA SUD spa, Via Marra, Loc. Silvani, 81043 Capua (CE)
– Via ASI di Pascarola, 80023 Caivano (NA)
– Zona Industriale s.n., 81030 Trantola D. (CE)
OMP ENGINEERING srl, Via Trescalini 3 int. 2, 36031 Dueville (VI)
ORIZZONTE SISTEMI NAVALI, V.le Brigata Bisagno 45 r, 16129 Genova
– Via Carlo Pesenti 109, 00156 Roma
OTO MELARA spa, Via Valdilocchi 15, 19136 La Spezia
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PIAGGIO AERO INDUSTRIES spa, V.le Castro Pretorio 116, 00185 Roma
– Via Cibrario 2-4, 16154 Genova Sestri (GE)
– V.le R. Piaggio 3, 17124 Finale Ligure (SV)
– Via Campi Flegrei 34, Comprensorio Olivetti, 80078 Pozzuoli (NA)
PIETRO ROSA TBM srl, Via Petrarca 7, 33085 Maniago (PN)
POMPE GARBARINO spa, Via Marenco 44, 15011 Acqui Terme (AL)
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PRESTEL ELETTRONICA srl, Loc. Batasiolo 85/a, 12064 La Morra (CN)
PROGESI spa, Via del Maggiolino 125, 00155 Roma
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RHEINMETALL ITALIA spa, Via Affile 102, 00131 Roma
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SECONDO MONA spa, Via C. del Prete 1, 21019 Somma Lombardo (VA)
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– Circ. Esterna di Napoli, 80014 Giugliano in Camp. (NA)
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– Via S. Maria 83, 56126 Pisa
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SITE TECHNOLOGY srl, Via Piave 7, 00100 Roma
– Loc. Casale Marcangeli, 67063 Oricola (AQ)
SITEP ITALIA spa, Via Vincinella 14, 19035 S. Stefano Magra (SP)
SNAP-ON TOOLS ITALIA srl, Via Bizet 43-45, 20092 Cinisello Balsamo (MI)
SOFITER spa, C.so Francia 35, 10138 Torino
–Via Francesco De Sanctis 15, 00195 Roma
SUPERJET INTERNATIONAL spa, Via delle Industrie 82-84, 30020 Marcon (VE)
T.C.S. GROUP srl, Via Cottolengo 34, 10070 Mappano di Caselle (TO)
TELESPAZIO spa, Via Tiburtina 965, 00156 Roma
– Comune di Ortucchio, 67051 Avezzano (AQ)
– Loc. Pian di Spagna SS. 340, 22050 Gera Lario (CO)
– Piana degli Albanesi km 39,500, 90037 Scanzano (PA)
– Contrada Murge, 75100 Terlecchie (MT)
THALES ALENIA SPACE spa, Via Saccomuro 24, 00131 Roma
– Via Tiburtina 1210, 00131 Roma
– Strada Antica di Collegno 253, 10146 Torino
– Via Pile 60, 67100 L’Aquila
– S.S. Padana Superiore 290, 20090 Vimodrone (MI)
THALES ITALIA spa, Via Ansperto 7, 20123 Milano
– Via Tiburtina 1072, 00156 Roma
– Via E. Mattei 1, 20064 Gorgonzola (MI)
– Via Tiburtina 1072, 00156 Roma
– Via E. Mattei 20, 66100 Chieti Scalo (CH)
– Via Provinciale Lucchese 33, 50019 Sesto Fiorentino (FI)
– Via Sempione 26/l, 21029 Vergiate (VA)
TXT e-solutions spa, Via Frigia 27, 20126 Milano
– Via Capelli 12, 20126 Milano
– Strada Torino 43, 10043 Orbassano (TO)
– Via della Meccanica 1/r, Palazzo dell’Industria, 36100 Vicenza
– Salita S.Barborino 23/r, 16149 Genova
– Via G.B. Pontani 10, 06128 Perugia
– Via Andrea Meldola 39F/2, 00143 Roma
– Parco Tecnopolis, S.P. per Casamassima km 3, 70100 Valenzano (BA)
U.T.R.I. srl, Via del Follatoio 12, 34147 Trieste
– V.le del Lido 37, 00122 Roma
VITROCISET spa, Via Salaria 1027, 00138 Roma
– Via Tiburtina 1020, 00156 Roma
– Capo S. Lorenzo, 09040 Villaputzu (CA)
VULCANAIR spa, Via F. Caracciolo 15, 80122 Napoli
– Via G. Pascoli 7, 80026 Casoria (NA)
WÄRTSILÄ ITALIA spa, Bagnoli della Rosandra 334, 34018 S. Dorligo della Valle (TS)
WHITEHEAD ALENIA SISTEMI SUBACQUEI (WASS) spa, Via Levante 48, 57128 Livorno
– Via Monterusciello 75, 80872 Pozzuoli (NA)
– Via Puccini 2, 16154 Genova
WIS srl
– Via A. Vici 14, Zona industriale La Paciana, 06034 Foligno (PG)
Altre aziende produttrici di armi e munizioni
FIOCCHI MUNIZIONI spa, Via S. Barbara 4, 23900 Lecco
FRANCHI spa, Via della Stazione 50, 61029 Urbino (PU)
MEC-GAR srl, Via Mandolossa 102/a, 25064 Gussago (BS)
TANFOGLIO, Via Valtrompia 39/41, 25063 Gardone Val Trompia (BS)
MATEBA srl, Via Villa Serafina 2/b, 27100 Pavia
[Pubblicato su “SenzaTitolo” n. 4, autunno 2009, pp. 62-74]
Corpi speciali Esercito Italiano
9º Reggimento d’assalto paracadutisti incursori “Col Moschin”
È l’unico reparto di forze speciali italiane dell’Esercito Italiano abilitato ad operazioni non convenzionali (speciali) in territorio nemico. Il Reggimento “Col Moschin” è inquadrato nella Brigata Paracadutisti Folgore e tiene in custodia la bandiera del X Reggimento arditi, del quale ha ereditato l’anno di costituzione (1918) e le mostrine (fiamme nere), riadattate nel 2006. Dal 1995, nel quadro di ristrutturazione dell’Esercito Italiano, è passato da Battaglione a Reggimento.
La base centrale del Reggimento è a Livorno presso la caserma “Vannucci”. Esiste anche un centro di addestramento, denominato Base Addestramento Incursori (BAI) a Pisa, situato nel parco regionale di San Rossore (ex tenuta presidenziale), vicino alla foce del fiume Arno, che viene utilizzato per le attività anfibie e subacquee del reggimento. L’addestramento si svolge anche attraverso varie esercitazioni in diverse parti del mondo, dall’Antartide all’America, rendendo così questi combattenti scelti capaci di operare in qualsiasi scenario.
Struttura operativa:
Comando di Reggimento.
Compagnia Comando e Supporto Logistico.
Compagnia Trasmissioni.
1º Battaglione Incursori (si presume disponga di circa 360-380 incursori operativi).
110ª Compagnia Incursori.
120ª Compagnia Incursori.
130ª Compagnia Incursori.
Reparto Addestramento Forze per Operazioni Speciali (RAFOS).
101ª Compagnia Allievi.
Comando Subacquei ed Incursori (COMSUBIN)
Il nome ufficiale è Raggruppamento Subacquei ed Incursori “Teseo Tesei”. È il Raggruppamento della Marina Militare incaricato di svolgere le operazioni di guerra non convenzionale in ambiente acquatico e di difesa subacquea. Inoltre il COMSUBIN attraverso il suo Gruppo Scuole è l’unico ente dipendente dal Ministero della Difesa autorizzato in Italia al rilascio di brevetti e qualifiche subacquee militari.
La sede del raggruppamento è situata al Varignano, il promontorio che costituisce l’estremità ovest del porto di La Spezia e subito ad est di Porto Venere.
COMSUBIN è al di fuori della struttura gerarchica del Comando in Capo della Squadra Navale e dipende direttamente dal Capo di Stato Maggiore della Marina.
Struttura operativa:
Comprende due reparti operativi: il GOI ed il GOS.
Il GOI, Gruppo Operativo Incursori, è l’unità di attacco. Le attività attuali comprendono tutte le tecniche di attacco non convenzionale ad unità navali in mare, in porto e alla fonda, l’abbordaggio di navi, la posa di mine, le infiltrazioni di personale per missioni Humint o di supporto al tiro di artiglierie navali e le missioni di attacco diretto ad obiettivi di interesse della Marina Militare. Fino alla creazione di GIS e NOCS, il COMSUBIN era l’unica unità italiana addestrata alla liberazione di ostaggi ed alla lotta antiterrorismo.
Il GOS, Gruppo Operativo Subacqueo, è l’unità di palombari e sommozzatori specializzata nella bonifica dalle mine, nella bonifica dai vari ordigni trovati in mare (ad esempio bombe d’aereo inesplose, munizioni, navi cariche di esplosivo, ecc.), e nel soccorso dei sommergibili e sottomarini. È compito del GOS anche la difesa subacquea delle unità della Marina Militare in porto, sia tramite interventi anti-sabotaggio nei confronti di eventuali incursori ostili, sia tramite controlli delle carene delle navi per accertarsi dell’assenza di ordigni, sia per svolgere altre operazioni subacquee di rilievo quali ricerca, recuperi o sopralluoghi su aerei o unità civili affondate in seguito ad incendi o sinistri. È il punto di riferimento italiano per lo studio e le attrezzature delle immersioni.
Oltre a questi reparti, sono inseriti nel Comando Subacquei ed Incursori anche:
– Il Gruppo Navale Speciale.
– Il Centro Studi.
– Il Gruppo Scuole che cura l’aspetto addestrativo; alle sue dipendenze ci sono la Scuola Incursori e la Scuola Subacquei. Nelle due scuole si svolgono annualmente corsi di differente livello, abilitando ed addestrando personale appartenente alla Marina Militare o personale di altre Forze Armate e di altri reparti speciali come i GIS dei Carabinieri, i NOCS della Polizia di Stato, gli operatori del 9° rgt. Col Moschin e dei Lagunari.
– Il Gruppo Logistico.
17º Stormo incursori
L’attuale denominazione del reparto deriva dal disciolto 17º Stormo intercettori teleguidati.
Struttura operativa:
– Gruppo operativo (90-100 si presume a regime il numero degli operativi su circa 150 incursori).
– Gruppo addestramento.
– Gruppo servizio di supporto.
– Compagnia protezione delle forze.
– Servizio amministrativo.
Sono organi di staff del 17º Stormo Incursori:
– Ufficio operazioni.
– Ufficio comando.
– Infermeria di reparto.
Gruppo di intervento speciale (GIS)
È un reparto dell’Arma dei Carabinieri. Creato nel 1978, è inquadrato nella Seconda Brigata Mobile Carabinieri, grande unità militare terrestre di fanteria dell’Arma.
La sede dei GIS è a Livorno.
Il numero esatto del personale operativo è un’informazione riservata, si sa però che il Gruppo è organizzato a livello di Compagnia.
Struttura operativa:
Il GIS è comandato da un tenente colonnello ed è diviso in:
– Una sezione comando.
– Una sezione amministrativa.
– Una sezione addestramento e esercitazione.
La componente operativa si presume disponga di circa 150-180 effettivi ed è divisa in:
– Una sezione di esplorazione, ricognizione e acquisizione obiettivi.
– Una sezione di combattimento.
– Una sezione di tiratori scelti.
La sezione di combattimento, la più numerosa, è a sua volta suddivisa in tre distaccamenti costituiti da squadre di quattro uomini: un comandante, uno specialista in esplosivi, uno specialista in arrampicata e uno specialista di equipaggiamenti.
In ogni momento c’è un distaccamento pronto a lasciare la base in 30 minuti. A questo scopo hanno sempre a disposizione alcuni Agusta-Bell AB 412 in dotazione ai Carabinieri e un aereo da trasporto della 46ª Brigata Aerea dell’Aeronautica Militare di stanza nella vicina Pisa che, quando è necessario, può fornire i velivoli C-130 Hercules. I rimanenti possono essere impiegati da tre a ventiquattro ore dall’allarme. Nei casi più urgenti un nucleo avanzato precede la sezione operativa al fine di pianificare la strategia di intervento in base a informazioni di prima mano.
La sezione di esplorazione, ricognizione e quella di tiratori scelti è a sua volta costituita da squadre di 3 uomini: due tiratori armati con Mauser 86 SR e un esploratore equipaggiato con un HK PSG-1 semiautomatico.
Durante le azioni più lunghe gli uomini possono avvicendarsi nel ruolo di esploratore.
185º Reggimento Paracadutisti Ricognizione e Acquisizione Obiettivi “Folgore”
È uno dei reggimenti che compongono la Brigata paracadutisti “Folgore” dell’Esercito italiano. Ha sede a Livorno.
Unità specializzata che costituisce una via di mezzo tra i reparti convenzionali già altamente preparati dell’Esercito (Paracadutisti, Alpini, Lagunari) e le Forze Speciali, con cui spesso inter-operano.
Struttura operativa:
È costituita da un Comando, dal quale dipendono la Batteria comando e supporto logistico “Leoni” ed il 1º Gruppo acquisizione obiettivi (GAO), a sua volta suddiviso in un Comando e tre Batterie acquisizione obiettivi (BAO), denominate rispettivamente “Draghi” (ambiente artico e alpino), “Aquile” (ambiente desertico) e “Diavoli” (ambiente continentale). Queste sono composte di un Comando e sei Distaccamenti Acquisizione Obiettivi (DAO) da otto operatori l’uno (cellula operativa di base, modificabile però a seconda delle esigenze). Ogni DAO vede tra le sue fila un comandante (proveniente dai ruoli ufficiali o sottufficiali anziani), un vice-comandante (sottufficiale), due operatori radio, tre osservatori ed un infermiere specializzato (elementi di primo soccorso sono comunque impartiti a tutti i membri). Inoltre, all’interno di ogni BAO, due distaccamenti sono costituiti interamente da personale abilitato al lancio TCL (Tecnica Caduta Libera) e alle operazioni navali.
Il compito degli uomini del 185º Reggimento acquisizioni obiettivi consiste in molteplici attività: ad esempio svolgere attività di ricognizione speciale, con raccolta di informazioni, osservare e controllare lo scenario del campo di battaglia, individuare, determinare e valutare obiettivi, dirigere ed eventualmente controllare l’intervento originato da sorgenti di fuoco terrestri, aeree e navali, nazionali ed alleate, valutare gli effetti del fuoco su obiettivi acquisiti o battuti in altro momento da altre sorgenti. Per questo tipo di missioni, occorre avere le capacità per infiltrarsi in un’area e sganciarsi attraverso la stessa per via terrestre, aerea, anfibia e statica, permanere in area operativa fino a 8-10 giorni senza rifornimenti esterni, sopravvivere, sottrarsi alla cattura, evadere e fuggire da un’area controllata dal nemico. L’attività dell’acquisitore si svolge principalmente nel territorio occupato dal nemico, in piccoli nuclei autosufficienti che agiscono isolatamente.
In operazioni di tipo tradizionale la linea di demarcazione tra il 185° e le Forze Speciali, potrebbe essere rappresentata dalla “Fire Support Control Line”, che divide le aree d’intervento dell’artiglieria e del fuoco in profondità. II 185° opererebbe per l’osservazione del campo di battaglia e l’individuazione degli obiettivi in profondità, al di là della linea di contatto ma entro il limite della “Fire Support”.
4º Reggimento alpini paracadutisti
È un reparto dell’Esercito Italiano con sede a Montorio Veronese.
Il 4º Reggimento Alpini Paracadutisti Ranger, unitamente al 185º Reggimento Ricognizione Acquisizione Obiettivi Folgore – Esercito Italiano e al 26º Gruppo (Reparto Elicotteri per Operazioni Speciali) Viterbo – Esercito Italiano, fa parte delle Forze per le Operazioni Speciali Italiane (TIER 2) ossia il cosiddetto secondo cerchio delle Forze Speciali, delegate a compiti militari di elevato valore strategico/tattico. Tale comparto Forze per le Operazioni Speciali inte-opera per sua stessa natura con le Forze Speciali in senso stretto.
Struttura operativa:
Costituito esclusivamente da personale volontario, i suoi componenti sono tutti qualificati come ranger dopo un lungo ed intenso corso di formazione. La loro prerogativa è soprattutto quella di essere paracadutisti in montagna, unendo il meglio delle competenze operative delle due specialità alpini e paracadutisti; ne derivano spiccate capacità di ricognizione a lungo raggio, elevata mobilità in contesti artici/montani, ottime capacità esploranti e di acquisizione obiettivi, oltre che per azioni dirette in profondità (compito prioritario dell’unità, quest’ultimo, assieme a quello generale di fanteria leggera e di utilizzo per compiti improvvisi): sono pertanto frequentemente impiegati in aree di crisi (soprattutto – ma non solo – in territori montani). Dipende dal Comando truppe alpine di Bolzano e dal Comando Forze Speciali di Roma.
26º Gruppo Squadroni Aviazione Esercito – Reparto Elicotteri Operazioni Speciali
È un’unità delle Forze per operazioni speciali dell’Esercito Italiano.
Struttura operativa:
Il 26º Squadrone è un reparto di elicotteri per il supporto a operazioni speciali dell’Esercito Italiano, nell’ambito delle Forze speciali italiane e alle dipendenze del Comando interforze per le Operazioni delle Forze Speciali. È dotato di capacità operative per missioni che includono attacchi, assalti e ricognizioni normalmente condotte di notte, a elevata velocità, bassa quota e con breve preavviso. Ha inoltre compiti di infiltrazione e disinfiltrazione, aviosbarchi, operazioni di research and rescue, aviolanci, medical evacuation e tutti gli altri compiti per operazioni di forze speciali in territorio ostile.
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