Bonanno, Alfredo M.
Alfredo M. Bonanno
Lezioni (fuori luogo) di filosofia. Parma
Pensiero e azione – 28
2014, pagine 336
euro 20,00
Il 23 marzo 1980 vengo arrestato a Catania e portato a Parma. Dopo alcuni mesi di isolamento vengo messo in in una cella normale, sempre da solo, e ho la possibilità di vedere alcuni detenuti che, avendo di già saputo della mia laurea in filosofia, mi chiedono di fare loro delle lezioni. Veniamo autorizzati a riunirci nella sala giochi e di utilizzare il tavolo da ping pong per appoggiare i nostri libri e per prendere appunti. La direzione impone all’inizio la presenza di un educatore, dopo qualche lezione questa persona scompare e possiamo restare da soli.
Le mie ricerche, in quell’inizio del 1980, vertevano sul rapporto tra Spazio e Capitale, quindi spesso è proprio questa la tematica che fornisce l’occasione del discorso, come pure della scelta di testi da leggere. La struttura delle lezioni era costituita da un mio intervento iniziale, dalla lettura di alcune pagine dei testi a nostra disposizione, da una discussione e dai miei interventi conclusivi.
Non essendo consentito l’uso del registratore non ho il resoconto dei dibatti che si sono succeduti dopo la lettura dei testi alla fine di ogni lezione, ma soltanto le tracce succinte dei miei interventi esplicativi, nella maggior parte dei casi ricostruite attraverso appunti stenografici a distanza di tanto tempo [1998] quasi indecifrabili.
2014, pagine 336
euro 20,00
Il 23 marzo 1980 vengo arrestato a Catania e portato a Parma. Dopo alcuni mesi di isolamento vengo messo in in una cella normale, sempre da solo, e ho la possibilità di vedere alcuni detenuti che, avendo di già saputo della mia laurea in filosofia, mi chiedono di fare loro delle lezioni. Veniamo autorizzati a riunirci nella sala giochi e di utilizzare il tavolo da ping pong per appoggiare i nostri libri e per prendere appunti. La direzione impone all’inizio la presenza di un educatore, dopo qualche lezione questa persona scompare e possiamo restare da soli.
Le mie ricerche, in quell’inizio del 1980, vertevano sul rapporto tra Spazio e Capitale, quindi spesso è proprio questa la tematica che fornisce l’occasione del discorso, come pure della scelta di testi da leggere. La struttura delle lezioni era costituita da un mio intervento iniziale, dalla lettura di alcune pagine dei testi a nostra disposizione, da una discussione e dai miei interventi conclusivi.
Non essendo consentito l’uso del registratore non ho il resoconto dei dibatti che si sono succeduti dopo la lettura dei testi alla fine di ogni lezione, ma soltanto le tracce succinte dei miei interventi esplicativi, nella maggior parte dei casi ricostruite attraverso appunti stenografici a distanza di tanto tempo [1998] quasi indecifrabili.
1 set 2021 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Lezioni (fuori luogo) di filosofia. Bergamo
Pensiero e azione – 27
2014, rilegato in tela, pagine 352
euro 20,00
Queste lezioni (fuori luogo) di filosofia sono state da me tenute, durante la mia permanenza nel carcere di Bergamo, ad alcuni compagni di detenzione.
Come sempre mi è capitato, anche a Bergamo, non appena i detenuti vennero a conoscenza della mia laurea in filosofia, mi chiesero subito se potevo fare loro alcune lezioni. Si può dire che non c’è stato carcere, tra le decine dove ho scontato i miei tanti periodi di condanna, dove non abbia ricevuto questa richiesta. Pure avendo una laurea in economia nessuno mi ha mai chiesto di fare qualche lezione di economia. Bisognerebbe riflettere su questa stranezza. Autorizzate dalla direzione, ma senza la presenza di un educatore, come invece è previsto dal regolamento, i partecipanti erano in tutto sei, me compreso. La struttura delle lezioni era semplice: un intervento preventivo mio seguito dalla lettura di un testo e dal dibattito chiuso da un commento mio. Qui non mi è possibile dar conto del dibattito perché in carcere non avevano autorizzato la registrazione delle lezioni.
Questo è tutto. Dei risultati è inutile parlare, non li conosco. Il mio sforzo l’ho fatto con passione e interesse e, per quel che mi riguarda, mi è stato utile per le mie ricerche, spero che anche qualcosa sia rimasta negli altri cuori, costretti all’atroce tortura della reclusione.
2014, rilegato in tela, pagine 352
euro 20,00
Queste lezioni (fuori luogo) di filosofia sono state da me tenute, durante la mia permanenza nel carcere di Bergamo, ad alcuni compagni di detenzione.
Come sempre mi è capitato, anche a Bergamo, non appena i detenuti vennero a conoscenza della mia laurea in filosofia, mi chiesero subito se potevo fare loro alcune lezioni. Si può dire che non c’è stato carcere, tra le decine dove ho scontato i miei tanti periodi di condanna, dove non abbia ricevuto questa richiesta. Pure avendo una laurea in economia nessuno mi ha mai chiesto di fare qualche lezione di economia. Bisognerebbe riflettere su questa stranezza. Autorizzate dalla direzione, ma senza la presenza di un educatore, come invece è previsto dal regolamento, i partecipanti erano in tutto sei, me compreso. La struttura delle lezioni era semplice: un intervento preventivo mio seguito dalla lettura di un testo e dal dibattito chiuso da un commento mio. Qui non mi è possibile dar conto del dibattito perché in carcere non avevano autorizzato la registrazione delle lezioni.
Questo è tutto. Dei risultati è inutile parlare, non li conosco. Il mio sforzo l’ho fatto con passione e interesse e, per quel che mi riguarda, mi è stato utile per le mie ricerche, spero che anche qualcosa sia rimasta negli altri cuori, costretti all’atroce tortura della reclusione.
1 ago 2021 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Autogestione e anarchismo
Terza edizione riveduta e corretta con l’aggiunta delle Annotazioni di Amfissa
Pensiero e azione – 26
2014, 3a edizione, rilegato in tela, pagine 336
euro 20,00
A lungo andare, il percorso della parola riesce a delineare sullo sfondo indicazioni improvvise, capaci di fare esplodere l’assenza, non sono semplici ampliamenti della memoria, ma luci e riflessi che riecheggiano, in modulazioni e movimenti contraddittori e spazi impensabili, il dire di fondo, il muoversi costante e creativo della parola rammemorante. Il tempo allungandosi getta ombre che coprono le possibilità di comprensione, fatti sfumano e si confondono, richiedono nuova linfa interpretativa. Non sempre è possibile evitare riflessi che ingannano anche l’orecchio e l’occhio più esercitati. Uno scarto, a volte consistente, a volte quasi minimo, tale da perdersi nell’interstizio del ricordo giacendo incompreso. Questo scarto è cambiamento profondo
Non ho cercato di metterci una medicazione, la cattiva coscienza è uno dei camminamenti di disturbo della ferrea custodia del controllo, e forse in molti casi non è neanche volontaria, ma a volte compare improvvisamente la considerevole consistenza di un vagito, un fremito di ali, un calore di sole cocente sulla faccia coperta da un velo leggero, un presente che non vuole ammettere il passato che si difende dichiarando ostracismo e fissando vendette.
La volontà di attaccare, di sgominare il nemico, torna a dominare e il suono si fa ancora più prossimo. La stessa incomprensione è desiderio, qualcosa che venero perché preservato da quella condizione degradante che chiamo chiarezza a portata di mano. Libero in questo modo il mondo dalla sua sufficienza ovattata e lo pongo nuovamente in una dimensione che esclude la limitazione, che cancella tutto quello che limita. Profano con le mie scarpe infangate, e da allora mai pulite, tutto ciò che propone sacralità e l’illimitatezza non profanabile.
La lotta e la pietà che pretende gestire la conoscenza non si sposano facilmente. La parola è un’arma che viene a volte gestita con pietà, in modo maldestro e sciocco. Danzare con le parole, farle apparire leggere e diafane, quando possono anche essere pesanti e mortali, vuole dire accreditare loro una funzione che esercitano solo per conto dell’imbroglio, di chi gestisce il potere. Certe sfumature possono starci nelle parole e così venire raccolte, ma non si tratta di fervore dissacratorio, solo trascurabili raffinatezze. Volere essere inumani con le parole non è difficile, alla fine si tratta di strillare di più, ma è faccenda per spiriti deboli, addentrarsi invece nella loro possibile oscurità è altra questione, qui si sollevano di colpo vertiginose profondità che nessuno aveva mai sospettato, senza con questo indicare la strada per arrivare fino in fondo. La rigidezza e il completamento non sono stimoli per l’uso del dire, solo titubanze.
Contenuto del volume:
Introduzioni – Il concetto di autogestione – Autonomia e autogestione – La lotta per l’autogestione – Anarchismo e autogestione – La controparte – L’ideologia della produzione – Lotta di classe e autogestione – Autogestione e scelte economiche – Autogestione anarchica – Autogestione e dominio reale del capitale – Spazio e capitale – La lotta della LIP – Teorie sull’autogestione – Annotazioni di Amfissa
2014, 3a edizione, rilegato in tela, pagine 336
euro 20,00
A lungo andare, il percorso della parola riesce a delineare sullo sfondo indicazioni improvvise, capaci di fare esplodere l’assenza, non sono semplici ampliamenti della memoria, ma luci e riflessi che riecheggiano, in modulazioni e movimenti contraddittori e spazi impensabili, il dire di fondo, il muoversi costante e creativo della parola rammemorante. Il tempo allungandosi getta ombre che coprono le possibilità di comprensione, fatti sfumano e si confondono, richiedono nuova linfa interpretativa. Non sempre è possibile evitare riflessi che ingannano anche l’orecchio e l’occhio più esercitati. Uno scarto, a volte consistente, a volte quasi minimo, tale da perdersi nell’interstizio del ricordo giacendo incompreso. Questo scarto è cambiamento profondo
Non ho cercato di metterci una medicazione, la cattiva coscienza è uno dei camminamenti di disturbo della ferrea custodia del controllo, e forse in molti casi non è neanche volontaria, ma a volte compare improvvisamente la considerevole consistenza di un vagito, un fremito di ali, un calore di sole cocente sulla faccia coperta da un velo leggero, un presente che non vuole ammettere il passato che si difende dichiarando ostracismo e fissando vendette.
La volontà di attaccare, di sgominare il nemico, torna a dominare e il suono si fa ancora più prossimo. La stessa incomprensione è desiderio, qualcosa che venero perché preservato da quella condizione degradante che chiamo chiarezza a portata di mano. Libero in questo modo il mondo dalla sua sufficienza ovattata e lo pongo nuovamente in una dimensione che esclude la limitazione, che cancella tutto quello che limita. Profano con le mie scarpe infangate, e da allora mai pulite, tutto ciò che propone sacralità e l’illimitatezza non profanabile.
La lotta e la pietà che pretende gestire la conoscenza non si sposano facilmente. La parola è un’arma che viene a volte gestita con pietà, in modo maldestro e sciocco. Danzare con le parole, farle apparire leggere e diafane, quando possono anche essere pesanti e mortali, vuole dire accreditare loro una funzione che esercitano solo per conto dell’imbroglio, di chi gestisce il potere. Certe sfumature possono starci nelle parole e così venire raccolte, ma non si tratta di fervore dissacratorio, solo trascurabili raffinatezze. Volere essere inumani con le parole non è difficile, alla fine si tratta di strillare di più, ma è faccenda per spiriti deboli, addentrarsi invece nella loro possibile oscurità è altra questione, qui si sollevano di colpo vertiginose profondità che nessuno aveva mai sospettato, senza con questo indicare la strada per arrivare fino in fondo. La rigidezza e il completamento non sono stimoli per l’uso del dire, solo titubanze.
Contenuto del volume:
Introduzioni – Il concetto di autogestione – Autonomia e autogestione – La lotta per l’autogestione – Anarchismo e autogestione – La controparte – L’ideologia della produzione – Lotta di classe e autogestione – Autogestione e scelte economiche – Autogestione anarchica – Autogestione e dominio reale del capitale – Spazio e capitale – La lotta della LIP – Teorie sull’autogestione – Annotazioni di Amfissa
1 lug 2020 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Il cristianesimo delle origini
Dalla condanna alla giustificazione della ricchezza
Pensiero e azione – 25
2014, rilegato in tela, pagine 336
euro 20,00
Nel cristianesimo primitivo c’era una vitalità che non ricomparirà mai più, non si trattava di condizioni di lotta o di pericolo che si dovevano affrontare prima del riconoscimento ufficiale e della conquista del potere, ma si trattava di idee, di progetti, di amore fraterno, di misericordia e di pietà, tutte qualità che verranno sommerse dalle procedure burocratiche, dall’autorità ecclesiale, dalle decisioni teologiche dei vari Concilii, da una frammentazione compartimentale che a volte rasentava lo sfruttamento dei più miseri da parte dei più forti se non la riduzione in servitù in nome del comune ideale cristiano.
Più che studiare quello che è diventato bisogna capire quello che era alle origini il cristianesimo, un’eresia ebraica radicale e pericolosa per gli equilibri precari di potere dell’epoca e per il messaggio comunista e contrario alla ricchezza che esso portava ai miseri della Palestina, oppressa allo stesso modo in cui lo è oggi. La catalessi del potere non riusciva a desiderare che lo statu quo, questa eresia predicava la messa in comune dei beni di coloro che entravano nella comunità. Di più, essa non accettava di farsi strumento del dominio ma proponeva una divisione – forse tarda, anzi quasi certamente dovuta all’influsso del militante Paolo – ma presente fin dall’inizio nella tendenza a vivere appartati, a non mischiarsi con gli intrighi dei sacerdoti dominanti.
Dalla parte dei poveri non può collocarsi il potere, né re né sacerdoti, solo visionari, utopisti, eretici. La mostruosità delle teste dirigenti non ha tempo né voglia per guardare in basso, essa è orgogliosamente certa di sé, energica, militarmente in grado di spegnere nel sangue qualunque accenno di diversità. Invece il cristianesimo primitivo andava in cerca di questa diversità., la consegnava al futuro, la proponeva al destino, a un regno diverso, quello dei cieli, metafora pudica e accattivate, comunque in grado – nella sua inconsistenza pragmatica – di dare corpo alla dignità del povero, a farlo sentire pronto a considerarsi portare di un valore.
Contenuto del volume
Introduzione – Introduzione al pensiero economico greco – Il pensiero economico greco dalle origini a Socrate – Le origini del cristianesimo e il problema della ricchezza
2014, rilegato in tela, pagine 336
euro 20,00
Nel cristianesimo primitivo c’era una vitalità che non ricomparirà mai più, non si trattava di condizioni di lotta o di pericolo che si dovevano affrontare prima del riconoscimento ufficiale e della conquista del potere, ma si trattava di idee, di progetti, di amore fraterno, di misericordia e di pietà, tutte qualità che verranno sommerse dalle procedure burocratiche, dall’autorità ecclesiale, dalle decisioni teologiche dei vari Concilii, da una frammentazione compartimentale che a volte rasentava lo sfruttamento dei più miseri da parte dei più forti se non la riduzione in servitù in nome del comune ideale cristiano.
Più che studiare quello che è diventato bisogna capire quello che era alle origini il cristianesimo, un’eresia ebraica radicale e pericolosa per gli equilibri precari di potere dell’epoca e per il messaggio comunista e contrario alla ricchezza che esso portava ai miseri della Palestina, oppressa allo stesso modo in cui lo è oggi. La catalessi del potere non riusciva a desiderare che lo statu quo, questa eresia predicava la messa in comune dei beni di coloro che entravano nella comunità. Di più, essa non accettava di farsi strumento del dominio ma proponeva una divisione – forse tarda, anzi quasi certamente dovuta all’influsso del militante Paolo – ma presente fin dall’inizio nella tendenza a vivere appartati, a non mischiarsi con gli intrighi dei sacerdoti dominanti.
Dalla parte dei poveri non può collocarsi il potere, né re né sacerdoti, solo visionari, utopisti, eretici. La mostruosità delle teste dirigenti non ha tempo né voglia per guardare in basso, essa è orgogliosamente certa di sé, energica, militarmente in grado di spegnere nel sangue qualunque accenno di diversità. Invece il cristianesimo primitivo andava in cerca di questa diversità., la consegnava al futuro, la proponeva al destino, a un regno diverso, quello dei cieli, metafora pudica e accattivate, comunque in grado – nella sua inconsistenza pragmatica – di dare corpo alla dignità del povero, a farlo sentire pronto a considerarsi portare di un valore.
Contenuto del volume
Introduzione – Introduzione al pensiero economico greco – Il pensiero economico greco dalle origini a Socrate – Le origini del cristianesimo e il problema della ricchezza
1 lug 2021 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
La rivoluzione illogica
Seconda edizione riveduta e corretta con l’aggiunta di Del fare e dell’agire
Pensiero e azione – 24
2013, 2a ediz., rilegato in tela, pagine 344
euro 20,00
Le tesi contenute in questo libro sono vecchie di quasi trent’anni ma, a mio avviso, mantengono anche oggi, pure in mutate condizioni sociali e personali, mie, prima di tutto, e del mondo che mi circonda, in secondo luogo – tanto per cambiare, un carcere, greco questa volta, – la loro validità. Esagitato e in preda a mille convulsioni fittizie quel movimento, a cui si riferivano queste pagine, non c’è più. Il dinamismo che lo caratterizzava, a volte un volere esserci per dimostrare la propria esistenza in vita, era un processo di disgregamento. Le obiezioni libertarie, contenute anche – fra le tante – in questo libro, non sono state sufficienti a produrre una svolta. Quando qualcosa si è mosso in questo senso, è stato subito richiamato all’ordine, a uno svilimento che agiva nell’intimo di molti compagni e produceva la confortante illusione quantitativa che ho spesso sottolineato. Illusione distruttrice quanto altre mai, di ogni originalità d’azione prima di tutto, e poi anche di analisi, carenze di pensiero e di azione, insomma. Lo sgretolamento ha fatto tanto rumore, è costato tante vite umane, migliaia di anni di carcere e un’esaltazione acida, una sorta di tiriamo giù le colonne con tutti i filistei. L’avere inseguito la crescita quantitativa, prima di tutto aveva il malcelato scopo di sostituire una coscienza rivoluzionarie individuale che rischiava di frantumarsi in mille sfaccettature. Per questo motivo occorreva solidificarla in qualcosa di visibile, un esercito enumerabile come antidoto alla malattia minacciata, quell’individualismo non ben compreso, spesso calunniato come nichilismo borghese, quasi sempre esecrato ma, in ogni caso, mai scomparso del tutto. Non essendo un animale da branco, come anche questo libro testimonia, sono stato attaccato da più parti, e questa mia condizione mi estenuava, cospirava accuratamente al mio logoramento ma non è riuscita a farmi abbassare il capo. Mi sono rifiutato di nascondermi dietro l’alibi quantitativo e ho sempre mantenuto il dominio su me stesso. Il rapporto del movimento rivoluzionario con il livello dello scontro era presente nelle mie veglie e nelle mie preoccupazioni ma non mi suggeriva nessuna macchinazione per ingigantire il primo a scapito del secondo. Queste operazioni erano proprio quelle del partito armato, suggerite da menti spossate, stanche di ostacolarsi sempre con le proprie elucubrazioni più o meno metafisiche e desiderose di dare corpo visibile alle proprie esasperazioni rimasticando le grandi teorie del passato, prime fra tutte quelle marxiste. Avidità e miseria della conoscenza che prende in giro se stessa degenerando da ipotesi a ricetta culinaria da seguirsi con attenzione e fino in fondo. Ciò, come ho precisato a suo tempo, produce un abbassamento del livello dello scontro, una bagarre fra rimasugli piantati in asso, un dialogo fra sordi, un bilancio bellico che aspira solo a mostrare i muscoli e a verificare chi ha i bicipiti più forti. Una mentalità malata produce il partito perché – armato o meno – non può cercare altra soluzione, la malattia è la paura dell’ignoto e dell’illogico, da cui deriva la vocazione a contarsi per sentirsi le spalle coperte, al sicuro, e per mettere al sicuro i propri possessi. L’assommazione e il partito sono due facce della stessa figura bifronte, enigmatica e sogghignante. Paura giustificata. Che ne sarebbe del partito in una condizione autogestita generalizzata? Nulla, il nulla assoluto, verrebbe messo da parte come un ferro vecchio o dovrebbe ricorrere agli antichi metodi cari ai massacratori di ogni epoca per frenare l’irragionevole sollevamento di un’idea spaventosa e inaccessibile alla comprensione di piccoli burocrati balbettanti. L’ultima metamorfosi dell’illusione quantitativa è la specializzazione più ristretta possibile, più selezionata, una squadra di massacratori al servizio di un pungo di teorici usciti dalle scuole di specializzazione della politica dominante. In fondo, l’illusione quantitativa si ribalta senza accorgersene in una minoranza dedita alla costruzione dello spettacolo. Non la realtà dello scontro è quella che conta ma la sua trasformazione in apparenza spettacolare, che affascina e che attira tante animelle impaurite ma vogliose di stare accanto a chi ha tanto coraggio da realizzare gigantesche azioni al semplice scopo di dire: oplà, esistiamo.
Contenuto del volume
Introduzioni – Parte prima: La rivoluzione illogica – L’elemento contraddittorio della rivoluzione – Lo scontro generalizzato – Movimento e violenza rivoluzionaria – Critica del partito armato – Sull’organizzazione clandestina – Strategia del potere e scontro di classe – Contro la pace sociale – L’acqua sporca e il bambino – L’ipotesi armata – Parte seconda: Del fare e dell’agire – Nota introduttiva alla prima edizione – L’individuo e i suoi atti – La situazione – I rapporti – Potenzialità e potere – L’azione sociale – I fatti – I nemici dell’azione – I falsi amici dell’azione – Il fare e l’agire – Una rosa gialla
2013, 2a ediz., rilegato in tela, pagine 344
euro 20,00
Le tesi contenute in questo libro sono vecchie di quasi trent’anni ma, a mio avviso, mantengono anche oggi, pure in mutate condizioni sociali e personali, mie, prima di tutto, e del mondo che mi circonda, in secondo luogo – tanto per cambiare, un carcere, greco questa volta, – la loro validità. Esagitato e in preda a mille convulsioni fittizie quel movimento, a cui si riferivano queste pagine, non c’è più. Il dinamismo che lo caratterizzava, a volte un volere esserci per dimostrare la propria esistenza in vita, era un processo di disgregamento. Le obiezioni libertarie, contenute anche – fra le tante – in questo libro, non sono state sufficienti a produrre una svolta. Quando qualcosa si è mosso in questo senso, è stato subito richiamato all’ordine, a uno svilimento che agiva nell’intimo di molti compagni e produceva la confortante illusione quantitativa che ho spesso sottolineato. Illusione distruttrice quanto altre mai, di ogni originalità d’azione prima di tutto, e poi anche di analisi, carenze di pensiero e di azione, insomma. Lo sgretolamento ha fatto tanto rumore, è costato tante vite umane, migliaia di anni di carcere e un’esaltazione acida, una sorta di tiriamo giù le colonne con tutti i filistei. L’avere inseguito la crescita quantitativa, prima di tutto aveva il malcelato scopo di sostituire una coscienza rivoluzionarie individuale che rischiava di frantumarsi in mille sfaccettature. Per questo motivo occorreva solidificarla in qualcosa di visibile, un esercito enumerabile come antidoto alla malattia minacciata, quell’individualismo non ben compreso, spesso calunniato come nichilismo borghese, quasi sempre esecrato ma, in ogni caso, mai scomparso del tutto. Non essendo un animale da branco, come anche questo libro testimonia, sono stato attaccato da più parti, e questa mia condizione mi estenuava, cospirava accuratamente al mio logoramento ma non è riuscita a farmi abbassare il capo. Mi sono rifiutato di nascondermi dietro l’alibi quantitativo e ho sempre mantenuto il dominio su me stesso. Il rapporto del movimento rivoluzionario con il livello dello scontro era presente nelle mie veglie e nelle mie preoccupazioni ma non mi suggeriva nessuna macchinazione per ingigantire il primo a scapito del secondo. Queste operazioni erano proprio quelle del partito armato, suggerite da menti spossate, stanche di ostacolarsi sempre con le proprie elucubrazioni più o meno metafisiche e desiderose di dare corpo visibile alle proprie esasperazioni rimasticando le grandi teorie del passato, prime fra tutte quelle marxiste. Avidità e miseria della conoscenza che prende in giro se stessa degenerando da ipotesi a ricetta culinaria da seguirsi con attenzione e fino in fondo. Ciò, come ho precisato a suo tempo, produce un abbassamento del livello dello scontro, una bagarre fra rimasugli piantati in asso, un dialogo fra sordi, un bilancio bellico che aspira solo a mostrare i muscoli e a verificare chi ha i bicipiti più forti. Una mentalità malata produce il partito perché – armato o meno – non può cercare altra soluzione, la malattia è la paura dell’ignoto e dell’illogico, da cui deriva la vocazione a contarsi per sentirsi le spalle coperte, al sicuro, e per mettere al sicuro i propri possessi. L’assommazione e il partito sono due facce della stessa figura bifronte, enigmatica e sogghignante. Paura giustificata. Che ne sarebbe del partito in una condizione autogestita generalizzata? Nulla, il nulla assoluto, verrebbe messo da parte come un ferro vecchio o dovrebbe ricorrere agli antichi metodi cari ai massacratori di ogni epoca per frenare l’irragionevole sollevamento di un’idea spaventosa e inaccessibile alla comprensione di piccoli burocrati balbettanti. L’ultima metamorfosi dell’illusione quantitativa è la specializzazione più ristretta possibile, più selezionata, una squadra di massacratori al servizio di un pungo di teorici usciti dalle scuole di specializzazione della politica dominante. In fondo, l’illusione quantitativa si ribalta senza accorgersene in una minoranza dedita alla costruzione dello spettacolo. Non la realtà dello scontro è quella che conta ma la sua trasformazione in apparenza spettacolare, che affascina e che attira tante animelle impaurite ma vogliose di stare accanto a chi ha tanto coraggio da realizzare gigantesche azioni al semplice scopo di dire: oplà, esistiamo.
Contenuto del volume
Introduzioni – Parte prima: La rivoluzione illogica – L’elemento contraddittorio della rivoluzione – Lo scontro generalizzato – Movimento e violenza rivoluzionaria – Critica del partito armato – Sull’organizzazione clandestina – Strategia del potere e scontro di classe – Contro la pace sociale – L’acqua sporca e il bambino – L’ipotesi armata – Parte seconda: Del fare e dell’agire – Nota introduttiva alla prima edizione – L’individuo e i suoi atti – La situazione – I rapporti – Potenzialità e potere – L’azione sociale – I fatti – I nemici dell’azione – I falsi amici dell’azione – Il fare e l’agire – Una rosa gialla
15 nov 2020 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Saggi sull’esistenzialismo
Pensiero e azione – 23
2013, rilegato in tela, pagine 400
euro 20,00
Una scelta di autori può avere una linea guida e può non averla. Questa ce l’ha e la mantiene nel corso di un anno, perché tanto durò la scelta e la fatica dello studio, ma fa torto al titolo. Non è tanto una filosofia dell’esistenza che quasi sempre cercavo, ma l’atrocità della vita, quel lato oscuro che permette, grazie al contrasto, di capire meglio quello che accade alla luce. La tensione, in questi percorsi, si alza continuamente fino a raggiungere punte massime in autori che sperimentano le fiamme con cui vivere e distruggere la propria vita, le fiamme della sconfitta. Nessuna certezza sull’essere, remotizzato in tanta filosofia della ragione dominante, dell’apparire. In questi autori l’essere si mischia e annega nell’apparire, quasi con ironia irreversibile, di volta in volta sempre diversa. La contrapposizione non è mai evidente, anche perché l’apparire è un essere anch’esso, sia pure ridotto alle sembianze di un’ombra. È questa atrocità velata, e a volte quasi invisibile, che scivola nella coscienza e la porta in una tensione intollerabile, dove alla fine è costretta a decidere, o crescere e autoconcentrarsi come essere, o affievolirsi nell’apparenza, trovare uno squallido e tranquillo tramonto appartato, accanto al fuoco. L’essere vive di eccessi, l’apparire di ritorni all’ordine. L’eccesso esplode nell’inverosimile e nell’irripetibile, l’affievolimento convive con se stesso in un accordo funereo e statico. … Esplosione dell’essere significa rovina, cosciente esilio di sé in se stesso, taglio di ponti, abbattimento di muri, nessun conforto o attenuazione dall’esterno, spesso ridotto a luoghi di uno squallore unico, con nessuno che sia in grado di accennare a un rapporto umano che non metta a nudo la crudeltà e la bestialità dell’uomo. Qui l’apparire si ritrae nella sua compattezza fittizia, non può esplodere, si limita a fare trapelare in maniera incerta, annoiata, non uniforme, come se una fiamma che sta spegnendosi. Se l’esistenzialismo, secondo me, si pone il problema dell’essere è filosofia che non può muovere di un passo se non prende partito riguardo la dicotomia con l’apparire. Ed io volevo essere, cioè vivere e agire, non solo sognare o riflettere. Davanti a questi autori non mi chiedevo tanto il che cosa stessero dicendo ma se restavo folgorato dalle loro parole, incantato o semplicemente indifferente. Il mio metro era questo, ed è lo stesso che dobbiamo adesso mantenere in questo libro che quei saggi fa rivivere, se vogliamo comprendere quello che essi dicevano e se lo continuano a dire anche oggi.
Contenuto del volume
Introduzione – Il peso della maledizione nella filosofia di Søren Kierkegaard – Arthur Rimbaud: genio e sregolatezza – Trionfo della filosofia irrazionalista: Friedrich Nietzsche – Il dilemma nichilista e la poesia emblematica – Franz Kafka e la condanna dell’esistenza – Il mito di Prometeo nell’avventura di André Gide – L’identità e la sessualità: due concetti psicologici da salvare – Dalla disordinata vicenda della superbia al mistico ritorno in Dio – Henri Bergson e la durata reale – Esistenzialismo e marxismo – Spunti esistenzialisti nello spiritualismo contemporaneo – La vertigine dell’orrore nella poesia del conte di Lautréamont – Giacomo Leopardi poeta esistenzialista – Tristan Corbière e la libertà di distruzione – Amore e morte nella poesia di Keats – Filosofi senza filosofia
2013, rilegato in tela, pagine 400
euro 20,00
Una scelta di autori può avere una linea guida e può non averla. Questa ce l’ha e la mantiene nel corso di un anno, perché tanto durò la scelta e la fatica dello studio, ma fa torto al titolo. Non è tanto una filosofia dell’esistenza che quasi sempre cercavo, ma l’atrocità della vita, quel lato oscuro che permette, grazie al contrasto, di capire meglio quello che accade alla luce. La tensione, in questi percorsi, si alza continuamente fino a raggiungere punte massime in autori che sperimentano le fiamme con cui vivere e distruggere la propria vita, le fiamme della sconfitta. Nessuna certezza sull’essere, remotizzato in tanta filosofia della ragione dominante, dell’apparire. In questi autori l’essere si mischia e annega nell’apparire, quasi con ironia irreversibile, di volta in volta sempre diversa. La contrapposizione non è mai evidente, anche perché l’apparire è un essere anch’esso, sia pure ridotto alle sembianze di un’ombra. È questa atrocità velata, e a volte quasi invisibile, che scivola nella coscienza e la porta in una tensione intollerabile, dove alla fine è costretta a decidere, o crescere e autoconcentrarsi come essere, o affievolirsi nell’apparenza, trovare uno squallido e tranquillo tramonto appartato, accanto al fuoco. L’essere vive di eccessi, l’apparire di ritorni all’ordine. L’eccesso esplode nell’inverosimile e nell’irripetibile, l’affievolimento convive con se stesso in un accordo funereo e statico. … Esplosione dell’essere significa rovina, cosciente esilio di sé in se stesso, taglio di ponti, abbattimento di muri, nessun conforto o attenuazione dall’esterno, spesso ridotto a luoghi di uno squallore unico, con nessuno che sia in grado di accennare a un rapporto umano che non metta a nudo la crudeltà e la bestialità dell’uomo. Qui l’apparire si ritrae nella sua compattezza fittizia, non può esplodere, si limita a fare trapelare in maniera incerta, annoiata, non uniforme, come se una fiamma che sta spegnendosi. Se l’esistenzialismo, secondo me, si pone il problema dell’essere è filosofia che non può muovere di un passo se non prende partito riguardo la dicotomia con l’apparire. Ed io volevo essere, cioè vivere e agire, non solo sognare o riflettere. Davanti a questi autori non mi chiedevo tanto il che cosa stessero dicendo ma se restavo folgorato dalle loro parole, incantato o semplicemente indifferente. Il mio metro era questo, ed è lo stesso che dobbiamo adesso mantenere in questo libro che quei saggi fa rivivere, se vogliamo comprendere quello che essi dicevano e se lo continuano a dire anche oggi.
Contenuto del volume
Introduzione – Il peso della maledizione nella filosofia di Søren Kierkegaard – Arthur Rimbaud: genio e sregolatezza – Trionfo della filosofia irrazionalista: Friedrich Nietzsche – Il dilemma nichilista e la poesia emblematica – Franz Kafka e la condanna dell’esistenza – Il mito di Prometeo nell’avventura di André Gide – L’identità e la sessualità: due concetti psicologici da salvare – Dalla disordinata vicenda della superbia al mistico ritorno in Dio – Henri Bergson e la durata reale – Esistenzialismo e marxismo – Spunti esistenzialisti nello spiritualismo contemporaneo – La vertigine dell’orrore nella poesia del conte di Lautréamont – Giacomo Leopardi poeta esistenzialista – Tristan Corbière e la libertà di distruzione – Amore e morte nella poesia di Keats – Filosofi senza filosofia
1 giu 2021 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Dal banditismo sociale alla guerriglia
Pensiero e azione – 22
2013, rilegato in tela, pagine 344
- ESAURITO - Nuova edizione in preparazione
Perseguitati dalla legge, guardati con timore dai ricchi, esaltati dalla povera gente, i banditi hanno da sempre costituito oggetto di studio per i sociologi e materia per le ballate popolari.
Contenuto del volume
Il banditismo sociale – Il fronte interno e la ribellione – L’esperienza guerrigliera – La rivolta degli schiavi e il mito di Dioniso – Rinaldo e la Chanson de geste – Gli abiti nuovi del presidente Mao – La democrazia totalitaria – Né in cielo né in terra – Sciopero! – La maniera forte – Nuclei Armati Proletari – Moro e i suonatori di trombone – Contro il militarismo – Contro la mafia
2013, rilegato in tela, pagine 344
- ESAURITO - Nuova edizione in preparazione
Perseguitati dalla legge, guardati con timore dai ricchi, esaltati dalla povera gente, i banditi hanno da sempre costituito oggetto di studio per i sociologi e materia per le ballate popolari.
Contenuto del volume
Il banditismo sociale – Il fronte interno e la ribellione – L’esperienza guerrigliera – La rivolta degli schiavi e il mito di Dioniso – Rinaldo e la Chanson de geste – Gli abiti nuovi del presidente Mao – La democrazia totalitaria – Né in cielo né in terra – Sciopero! – La maniera forte – Nuclei Armati Proletari – Moro e i suonatori di trombone – Contro il militarismo – Contro la mafia
20 dic 2016 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Nicola Abbagnano
Critica dell’esistenzialismo positivo
Pensiero e azione – 21
2013, rilegato in tela, pagine 352
euro 20,00
La freddezza ed il distacco della metodologia, in quel momento a me congeniale per una questione di mera ignoranza, si andavano sbriciolando con la lettura di poeti e letterati francesi e russi, tutt’altro che freddi o mimetizzati nella propria estraneità al mondo. Girando attorno al problema non potevo non lasciarmi attirare dall’esistenzialismo, anche se la versione di Abbagnano mi appariva, sia pure da lontano, una forma di eufemismo che sminuiva la portata della versione francese e tedesca. Non ero particolarmente attirato dalla novità, peraltro non del tutto nuova negli avanzati anni Cinquanta, né dalla modernità decadente di alcune ricerche che io stesso andavo facendo, mi affascinata il problema dell’essere in tutte le sue sfumature e sentivo dentro di me che nessuna delle tre direzioni correnti avrebbero potuto soddisfarmi, né Sartre né Heidegger né Abbagnano. Il nullismo del primo sembrava continuamente scusarsi delle proprie scelte estreme, l’analisi linguistica del secondo mi sembrava diretta a dimostrare propria la cancellazione dell’essere, la positività del terzo mi ricordava – a torto – Croce e questo per un ex crociano, non era una buona presentazione. I primi due erano ingegnosi, il secondo perfino affascinante nella sua capacità di sezionare il linguaggio e di farlo parlare, il terzo era un invecchiamento precoce, piano, senza scosse, una specie di sinecura pensionistica. Scelsi il terzo per il semplice motivi che non potevo scegliere gli altri due. Andare a Parigi mi sarebbe stato materialmente impossibile e frequentare Heidegger era andare contro due ostacoli, l’ostracismo di cui era oggetto per il suo passato nazista e la lingua. Andare a Torino era lo stesso una follia, ma almeno era una follia praticabile. E così comincia a leggere i tre libri canonici di Abbagnano: Introduzione all’esistenzialismo, Esistenzialismo positivo e Religione, filosofia, scienza, che costituiscono l’oggetto analitico del presente libro realizzato a distanza di più di cinquant’anni su appunti e note a margine redatti all’epoca. L’impatto fu ferocemente negativo, dico quello con i libri, quello successivo con la persona fu migliore. Gradevole e accattivante com’era, seppure sprovvista di quell’acume intellettivo che caratterizza gli uomini di genio. Ma andiamo con ordine. Non voglio usare gli stinti colori della mia attuale tavolozza per parlare dell’uomo, voglio chiudere i conti col filosofo, tutto qui. Il mio era un sole nascente, caldo e pieno di brividi, il suo era un sole calante, invecchiato male, desideroso di lasciare un segno da qualche parte nella filosofia. Io ero privo di scopi e di scrupoli, lui era pieno degli uni e degli altri, oltre che di molti aspetti ulteriori, che scopersi a poco a poco, non certamente simpatici. Odiavo le ricercatezze e le sfumature quanto lui le amava e vivevo scomodamente una condizione scolastica che mi ha dato sempre peso e fastidio. Non mi importavano molto le acquisizioni positive realizzate a rate, le promesse di retribuzioni future, le nevrosi delle attese di premi a venire,le confessioni di passioni che sapevo tiepide quanto le mie erano ardenti. Accumulavo in maniera errata – d’accordo – ma rifuggivo da fraudolenze cattedratiche o da ineffabili atteggiamenti ispirati. Non avevo idee fisse e non mi consideravo un aspirante filosofo. Non accettavo parole d’ordine e nemmeno unzioni o investiture più o meno a lunga scadenza. Ero oltranzista ed estremo e tenevo sempre in mano il guanto di sfida.
Contenuto del volume
Introduzione – Introduzione all’esistenzialismo – Esistenzialismo positivo – Esistenza e ragione problematica – Il valore come problema – Fede, filosofia, religione – Tempo e peccato – L’uomo e la scienza – Il problema filosofico della scienza – Il paradosso della tecnica – Breve conclusione
2013, rilegato in tela, pagine 352
euro 20,00
La freddezza ed il distacco della metodologia, in quel momento a me congeniale per una questione di mera ignoranza, si andavano sbriciolando con la lettura di poeti e letterati francesi e russi, tutt’altro che freddi o mimetizzati nella propria estraneità al mondo. Girando attorno al problema non potevo non lasciarmi attirare dall’esistenzialismo, anche se la versione di Abbagnano mi appariva, sia pure da lontano, una forma di eufemismo che sminuiva la portata della versione francese e tedesca. Non ero particolarmente attirato dalla novità, peraltro non del tutto nuova negli avanzati anni Cinquanta, né dalla modernità decadente di alcune ricerche che io stesso andavo facendo, mi affascinata il problema dell’essere in tutte le sue sfumature e sentivo dentro di me che nessuna delle tre direzioni correnti avrebbero potuto soddisfarmi, né Sartre né Heidegger né Abbagnano. Il nullismo del primo sembrava continuamente scusarsi delle proprie scelte estreme, l’analisi linguistica del secondo mi sembrava diretta a dimostrare propria la cancellazione dell’essere, la positività del terzo mi ricordava – a torto – Croce e questo per un ex crociano, non era una buona presentazione. I primi due erano ingegnosi, il secondo perfino affascinante nella sua capacità di sezionare il linguaggio e di farlo parlare, il terzo era un invecchiamento precoce, piano, senza scosse, una specie di sinecura pensionistica. Scelsi il terzo per il semplice motivi che non potevo scegliere gli altri due. Andare a Parigi mi sarebbe stato materialmente impossibile e frequentare Heidegger era andare contro due ostacoli, l’ostracismo di cui era oggetto per il suo passato nazista e la lingua. Andare a Torino era lo stesso una follia, ma almeno era una follia praticabile. E così comincia a leggere i tre libri canonici di Abbagnano: Introduzione all’esistenzialismo, Esistenzialismo positivo e Religione, filosofia, scienza, che costituiscono l’oggetto analitico del presente libro realizzato a distanza di più di cinquant’anni su appunti e note a margine redatti all’epoca. L’impatto fu ferocemente negativo, dico quello con i libri, quello successivo con la persona fu migliore. Gradevole e accattivante com’era, seppure sprovvista di quell’acume intellettivo che caratterizza gli uomini di genio. Ma andiamo con ordine. Non voglio usare gli stinti colori della mia attuale tavolozza per parlare dell’uomo, voglio chiudere i conti col filosofo, tutto qui. Il mio era un sole nascente, caldo e pieno di brividi, il suo era un sole calante, invecchiato male, desideroso di lasciare un segno da qualche parte nella filosofia. Io ero privo di scopi e di scrupoli, lui era pieno degli uni e degli altri, oltre che di molti aspetti ulteriori, che scopersi a poco a poco, non certamente simpatici. Odiavo le ricercatezze e le sfumature quanto lui le amava e vivevo scomodamente una condizione scolastica che mi ha dato sempre peso e fastidio. Non mi importavano molto le acquisizioni positive realizzate a rate, le promesse di retribuzioni future, le nevrosi delle attese di premi a venire,le confessioni di passioni che sapevo tiepide quanto le mie erano ardenti. Accumulavo in maniera errata – d’accordo – ma rifuggivo da fraudolenze cattedratiche o da ineffabili atteggiamenti ispirati. Non avevo idee fisse e non mi consideravo un aspirante filosofo. Non accettavo parole d’ordine e nemmeno unzioni o investiture più o meno a lunga scadenza. Ero oltranzista ed estremo e tenevo sempre in mano il guanto di sfida.
Contenuto del volume
Introduzione – Introduzione all’esistenzialismo – Esistenzialismo positivo – Esistenza e ragione problematica – Il valore come problema – Fede, filosofia, religione – Tempo e peccato – L’uomo e la scienza – Il problema filosofico della scienza – Il paradosso della tecnica – Breve conclusione
20 nov 2016 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Cloro al clero
Apologia dell’anticlericalismo
Pensiero e azione – 20
2013, rilegato in tela, pagine 336
euro 20,00
Lettore anticlericale, forse non troverai qui quello che cerchi, non avercela con me. Odio i preti come e quanto te, ma penso che il danno peggiore lo hanno fatto, e continuano a farlo, proprio in questo modo, fornendo giustificazioni morali e suggerendo scappatoie agli sfruttatori.
Con buona pace dei tanto simpatici mangiapreti di una volta.
Ecrasez l’infâme!
Contenuto del volume
Come se fosse una introduzione – Introduzione vera e propria – Limiti e giustificazioni dell’attività economica nel pensiero medievale – Caratteri essenziali del pensiero economico della Scolastica fino a Tommaso – Economia ed etica nell’antico cristianesimo – La liceità della ricchezza nel pensiero patristico – La speranza – La controriforma e le conseguenze sulla teoria politica e morale – Benvenuto Cellini e Girolamo Cardano – Jus Primae Noctis – Le casse rurali cattoliche nel catanese – Il problema dell’educazione nella Prima serie della “Civiltà cattolica” (1850-1852) – Gesù Cristo non è mai esistito – Una questione di rogo – Dio lo vuole – Quarta di copertina – I due Gesù – Stregoneria cristiana – La peste religiosa – Stregoneria – Il segno dei tempi – Soldati di Dio – Niente di nuovo a Ladispoli – L’uomo vestito di bianco – Abiti e idola – L’impudenza del soglio – Dio non esiste – Clericalismo e anticlericalismo – Della povertà – Il sentimento tragico della vita – Per un concetto dell’amore Pensieri di un matematico – Annotazioni di Amfissa
2013, rilegato in tela, pagine 336
euro 20,00
Lettore anticlericale, forse non troverai qui quello che cerchi, non avercela con me. Odio i preti come e quanto te, ma penso che il danno peggiore lo hanno fatto, e continuano a farlo, proprio in questo modo, fornendo giustificazioni morali e suggerendo scappatoie agli sfruttatori.
Con buona pace dei tanto simpatici mangiapreti di una volta.
Ecrasez l’infâme!
Contenuto del volume
Come se fosse una introduzione – Introduzione vera e propria – Limiti e giustificazioni dell’attività economica nel pensiero medievale – Caratteri essenziali del pensiero economico della Scolastica fino a Tommaso – Economia ed etica nell’antico cristianesimo – La liceità della ricchezza nel pensiero patristico – La speranza – La controriforma e le conseguenze sulla teoria politica e morale – Benvenuto Cellini e Girolamo Cardano – Jus Primae Noctis – Le casse rurali cattoliche nel catanese – Il problema dell’educazione nella Prima serie della “Civiltà cattolica” (1850-1852) – Gesù Cristo non è mai esistito – Una questione di rogo – Dio lo vuole – Quarta di copertina – I due Gesù – Stregoneria cristiana – La peste religiosa – Stregoneria – Il segno dei tempi – Soldati di Dio – Niente di nuovo a Ladispoli – L’uomo vestito di bianco – Abiti e idola – L’impudenza del soglio – Dio non esiste – Clericalismo e anticlericalismo – Della povertà – Il sentimento tragico della vita – Per un concetto dell’amore Pensieri di un matematico – Annotazioni di Amfissa
20 ott 2016 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Michail Bakunin. Contro la storia
Pensiero e azione – 18/19
2013, 2 voll. rilegati in tela, pagine 696
euro 40,00
Al momento di pubblicare in volume tutti i miei scritti su Bakunin si pone il problema del mio modo di pensare la storia. Più volte, negli ultimi quarant’anni, ho preso qua e là questo problema cercando di chiarire perché non sono d’accordo col modo di lavorare degli storici, i quali, come i filosofi – e forse anche in modo più brutale – sono spesso semplici provveditori di materiali per la caverna dei massacri.
Il loro modo di porsi di fronte alle cosiddette fonti fa il paio con il modo di porsi dei filosofi di fronte all’esistenza e ai problemi relativi. A queste brave persone, storici e filosofi, basta la somiglianza di quello che dicono con quello che pensano sia la documentazione di quanto è accaduto o è stato pensato. Come se il passato fosse lì, davanti agli occhi dello storico – mettiamo da parte il filosofo di cui abbiamo detto a lungo altrove – come una fitta trama di corrispondenze, di somiglianze, analogie e simpatie. Non è ovviamente così.
Poiché questo è un libro dedicato a Bakunin non può essere considerato un libro di storia in senso stretto, e poiché non sono uno storico non può esserlo considerato in nessun modo e basta. Detto questo mi sono tolto un peso e vado avanti più leggero.
Bakunin è un rivoluzionario anarchico, la sua vita e i suoi scritti non sono separabili, sono un tutt’uno e si integrano a vicenda. Non ha quindi senso la distinzione che è stata fatta tra biografia e analisi delle sue teorie. Proprio queste distinzioni fanno vedere la povertà di tanti sforzi per non capire e non volere approfondire l’azione di quest’uomo.
Prima di tutto mi preme indicare alcune caratteristiche portanti della sua azione. La non scindibilità di vita e pensiero l’ho già accennata, la ricerca della qualità, il non avere paura della completezza, la generosa concezione del coraggio come coinvolgimento totale, la distruzione come fatto rivoluzionario, l’anarchia come rimessa in questione di qualsiasi ordine, l’eccesso, l’assenza di prudenza, il ricominciare sempre daccapo, l’oltrepassamento come accesso alla qualità, la svalutazione del mondo produttivo coatto e amministrato, e tante altre. Questi elementi cointeragiscono tra loro nel crogiolo incredibile e fantastico dell’azione rivoluzionaria di Bakunin e quindi forniscono delle vere segnature a ogni singola realizzazione che così si trova inserita in un contesto organico e significativo che però bisogna decifrare. E questa lettura non può essere fatta da uno storico, ma deve essere fatta da un rivoluzionario, da un uomo di parte.
Contenuto del primo volume
Introduzione – La polemica con Mazzini – Annotazioni – La Prima Internazionale in Italia e il conflitto con Marx – Annotazioni – La questione germano-slava. Il comunismo di Stato – Annotazioni
Contenuto del secondo volume
Stato e Anarchia – Annotazioni – Rapporti con Sergej Necaev – Annotazioni – Relazioni slave – Annotazioni – La guerra franco-prussiana e la rivoluzione sociale in Francia – Annotazioni – L’Impero knut-germanico e la Rivoluzione sociale – Annotazioni – Di Bakunin si muore – Annotazioni
2013, 2 voll. rilegati in tela, pagine 696
euro 40,00
Al momento di pubblicare in volume tutti i miei scritti su Bakunin si pone il problema del mio modo di pensare la storia. Più volte, negli ultimi quarant’anni, ho preso qua e là questo problema cercando di chiarire perché non sono d’accordo col modo di lavorare degli storici, i quali, come i filosofi – e forse anche in modo più brutale – sono spesso semplici provveditori di materiali per la caverna dei massacri.
Il loro modo di porsi di fronte alle cosiddette fonti fa il paio con il modo di porsi dei filosofi di fronte all’esistenza e ai problemi relativi. A queste brave persone, storici e filosofi, basta la somiglianza di quello che dicono con quello che pensano sia la documentazione di quanto è accaduto o è stato pensato. Come se il passato fosse lì, davanti agli occhi dello storico – mettiamo da parte il filosofo di cui abbiamo detto a lungo altrove – come una fitta trama di corrispondenze, di somiglianze, analogie e simpatie. Non è ovviamente così.
Poiché questo è un libro dedicato a Bakunin non può essere considerato un libro di storia in senso stretto, e poiché non sono uno storico non può esserlo considerato in nessun modo e basta. Detto questo mi sono tolto un peso e vado avanti più leggero.
Bakunin è un rivoluzionario anarchico, la sua vita e i suoi scritti non sono separabili, sono un tutt’uno e si integrano a vicenda. Non ha quindi senso la distinzione che è stata fatta tra biografia e analisi delle sue teorie. Proprio queste distinzioni fanno vedere la povertà di tanti sforzi per non capire e non volere approfondire l’azione di quest’uomo.
Prima di tutto mi preme indicare alcune caratteristiche portanti della sua azione. La non scindibilità di vita e pensiero l’ho già accennata, la ricerca della qualità, il non avere paura della completezza, la generosa concezione del coraggio come coinvolgimento totale, la distruzione come fatto rivoluzionario, l’anarchia come rimessa in questione di qualsiasi ordine, l’eccesso, l’assenza di prudenza, il ricominciare sempre daccapo, l’oltrepassamento come accesso alla qualità, la svalutazione del mondo produttivo coatto e amministrato, e tante altre. Questi elementi cointeragiscono tra loro nel crogiolo incredibile e fantastico dell’azione rivoluzionaria di Bakunin e quindi forniscono delle vere segnature a ogni singola realizzazione che così si trova inserita in un contesto organico e significativo che però bisogna decifrare. E questa lettura non può essere fatta da uno storico, ma deve essere fatta da un rivoluzionario, da un uomo di parte.
Contenuto del primo volume
Introduzione – La polemica con Mazzini – Annotazioni – La Prima Internazionale in Italia e il conflitto con Marx – Annotazioni – La questione germano-slava. Il comunismo di Stato – Annotazioni
Contenuto del secondo volume
Stato e Anarchia – Annotazioni – Rapporti con Sergej Necaev – Annotazioni – Relazioni slave – Annotazioni – La guerra franco-prussiana e la rivoluzione sociale in Francia – Annotazioni – L’Impero knut-germanico e la Rivoluzione sociale – Annotazioni – Di Bakunin si muore – Annotazioni
1 nov 2020 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Charles Baudelaire. Studi sull’assurdo
Pensiero e azione – 17
2013, rilegato in tela, pagine 344
euro 20,00
Baudelaire è il genio della contraddizione. È forse il poeta francese che ho tradotto per primo, con tutte le conseguenze del caso. Continuo gioco degli equivoci nell’autore e nel traduttore, poi corretti dalle migliori traduzioni disponibili all’epoca. Ma non tutti quegli equivoci sarebbero dispiaciuti a Baudelaire che considerava il più grande pittore del romanticismo un illustratore di giornali di moda. Sbalordire per contraddire. Intrecciare a doppia tessitura l’essere e l’apparire, l’amore e la prostituzione, il ricatto e i prestiti non restituiti. In un momento in cui lottavo disperatamente per entrare in un ambiente chiuso e, in ultima analisi, ostile, non poteva, per me, esserci autore più vicino all’esistenzialismo, anche se nessuno in pratica ne proponeva la collocazione ufficiale. Ma, come ho detto, la cosa non mi preoccupava per niente. Qui non ci sono né Hegel né cristo – e nemmeno l’afflato positivo del povero Abbagnano – ci sono bordelli e prostitute, nere tisiche e cigni sul punto di morire asfissiati, vecchie che sognano gli alti splendori e ciechi che non sanno dove concluderanno la loro notte. Non c’è la natura, ma c’è l’uomo con la sua miseria, la povertà smunta e triste, la codardia che rinuncia a lottare, c’è insomma l’essere che vuole apparire quello che non è.
Contenuto del volume
Introduzione – Charles Baudelaire o della timidezza – Baudelaire e la sua fortuna in Italia – Il problema della traduzione – Ancora sulla fortuna di Baudelaire in Italia – La traduzione delle Fleurs du Mal in Italia – Genesi della poesia “L’uomo e il mare” nella vita di Baudelaire e nella cultura romantica – “L’Homme et la mer”. Analisi delle traduzioni. Problemi tecnici e problemi estetici – Delle tante vie senza uscita
2013, rilegato in tela, pagine 344
euro 20,00
Baudelaire è il genio della contraddizione. È forse il poeta francese che ho tradotto per primo, con tutte le conseguenze del caso. Continuo gioco degli equivoci nell’autore e nel traduttore, poi corretti dalle migliori traduzioni disponibili all’epoca. Ma non tutti quegli equivoci sarebbero dispiaciuti a Baudelaire che considerava il più grande pittore del romanticismo un illustratore di giornali di moda. Sbalordire per contraddire. Intrecciare a doppia tessitura l’essere e l’apparire, l’amore e la prostituzione, il ricatto e i prestiti non restituiti. In un momento in cui lottavo disperatamente per entrare in un ambiente chiuso e, in ultima analisi, ostile, non poteva, per me, esserci autore più vicino all’esistenzialismo, anche se nessuno in pratica ne proponeva la collocazione ufficiale. Ma, come ho detto, la cosa non mi preoccupava per niente. Qui non ci sono né Hegel né cristo – e nemmeno l’afflato positivo del povero Abbagnano – ci sono bordelli e prostitute, nere tisiche e cigni sul punto di morire asfissiati, vecchie che sognano gli alti splendori e ciechi che non sanno dove concluderanno la loro notte. Non c’è la natura, ma c’è l’uomo con la sua miseria, la povertà smunta e triste, la codardia che rinuncia a lottare, c’è insomma l’essere che vuole apparire quello che non è.
Contenuto del volume
Introduzione – Charles Baudelaire o della timidezza – Baudelaire e la sua fortuna in Italia – Il problema della traduzione – Ancora sulla fortuna di Baudelaire in Italia – La traduzione delle Fleurs du Mal in Italia – Genesi della poesia “L’uomo e il mare” nella vita di Baudelaire e nella cultura romantica – “L’Homme et la mer”. Analisi delle traduzioni. Problemi tecnici e problemi estetici – Delle tante vie senza uscita
1 giu 2020 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
L’Inquisizione. La tortura in nome di Dio
Pensiero e azione – 16
2013, rilegato in tela, pagine 440
euro 20,00
Niente riesce a esacerbare gli animi più dello studio delle nefandezze commesse dalla Chiesa cattolica e da quella riformata, in particolare con le rispettive Inquisizioni. Questo libro si occupa quasi esclusivamente degli orrori della prima ma la seconda non merita affatto un posto meno importante, si tratta solo di una documentazione non approfondita da me per motivi meramente occasionali. Eppure la tesi qui contenuta parte dal presupposto che l’Inquisizione costituisce una razionalizzazione nei riguardi dei procedimenti precedenti di persecuzione degli eretici, basati sull’ordalia, sul giudizio di Dio. Ma un progresso nell’orrore, una regolamentazione dell’orrore, non per questo non colpisce il nostro senso morale. Fu essa una razionalizzazione e il permanere, codificato, di uno squilibrio. Quella febbre che portava a denunciare, imprigionare, torturare per ventiquattro ore davanti a un notaio che redigeva un apposito verbale, esaminandola oggi, la scorgiamo ancora baluginare all’interno di noi stessi. Nel più profondo intimo della nostra coscienza immediata, così prigioniera del fare quotidiano, non abbiamo tutti paura ancora del diverso? La nostra reazione rabbiosa, scontrandosi con un comportamento diverso dal nostro, non ha spesso una risposta eccessiva, certo educatamente eccessiva, comunque tale da indicare l’esistenza di una possibile collisione? E poi, se la Chiesa ha disarmato i suoi carnefici, sostituendoli con occhiuti custodi dei credenti terrorizzati da un diavolo più astratto e da peccati più concreti, ha soltanto riverniciato la sua antica e malefica attitudine di benedire i crociati e i cannoni da qualsiasi parte essi si trovino. La violenza è un’istituzione della Chiesa allo stesso modo in cui è un’istituzione dello Stato perché è nell’uomo, essa è una maledizione connaturata al suo modo d’essere, non è un’eccezione. I Padri torturatori di qualche secolo fa avevano la sfacciataggine di consegnare all’esecuzione secolare il condannato e nell’atto relativo di condanna scrivevano “rilasciato”, se ne lavavano le mani. Come potevano difatti le mani di chi fa quotidianamente rivivere il dio del sacrifico della messa, macchiarsi di sangue? Il fatto è che nella violenza l’uomo non si allontana da se stesso entrando in un regno malefico per poi fare ritorno ravveduto e pentito, alla natura buona dell’originaria beatitudine. Egli permane nella violenza, è questo il suo regno, egli non va contro natura, la sua natura, squartando in quattro pezzi Damiens, colpevole di avere attentato alla vita di Luigi XV su istigazione dei gesuiti, teorici del tirannicidio, non è un mostro, ma non va al di là di se stesso, permane semplicemente quello che è. E le sue violenza raramente insorgono contro di lui per aggredire criticamente la sua coscienza, per rimproverarlo, per punirlo. Quando questo accade è solo per un conflitto intrinseco al concetto di libertà e un torturatore non sa nemmeno cos’è la libertà. Se qualcuno non gli taglia le radici un aguzzino può invecchiare tranquillamente convinto di essere nel giusto né più né meno del Cardinale Bellarmino.
Contenuto del volume
Introduzione – L’integralismo cattolico razionale – Contrasto di opinioni – Gli attacchi contro l’Inquisizione – “La leggenda del Grande Inquisitore” – L’eresia medievale: le sue motivazioni – I catari – La fine dei catari – L’Inquisizione in Italia – Delazione e tortura – L’Inquisizione spagnola – Perfezionamenti nella razionalizzazione – Contro le eresie della povertà – La fioritura dei trattati giuridici – Affabulatori vecchi e nuovi – L’interrogatorio – Torturatori vecchi e nuovi – Regole per l’applicazione della tortura – Ancora sulla tortura – La condanna a morte – La prigione – Pubblicità dell’Autodafé e pene subalterne – Confische, traffici e arricchimenti – Riesumazione, processo e condanna dei morti – Gli Ebrei e la “limpieza de sangre” – Il razzismo
2013, rilegato in tela, pagine 440
euro 20,00
Niente riesce a esacerbare gli animi più dello studio delle nefandezze commesse dalla Chiesa cattolica e da quella riformata, in particolare con le rispettive Inquisizioni. Questo libro si occupa quasi esclusivamente degli orrori della prima ma la seconda non merita affatto un posto meno importante, si tratta solo di una documentazione non approfondita da me per motivi meramente occasionali. Eppure la tesi qui contenuta parte dal presupposto che l’Inquisizione costituisce una razionalizzazione nei riguardi dei procedimenti precedenti di persecuzione degli eretici, basati sull’ordalia, sul giudizio di Dio. Ma un progresso nell’orrore, una regolamentazione dell’orrore, non per questo non colpisce il nostro senso morale. Fu essa una razionalizzazione e il permanere, codificato, di uno squilibrio. Quella febbre che portava a denunciare, imprigionare, torturare per ventiquattro ore davanti a un notaio che redigeva un apposito verbale, esaminandola oggi, la scorgiamo ancora baluginare all’interno di noi stessi. Nel più profondo intimo della nostra coscienza immediata, così prigioniera del fare quotidiano, non abbiamo tutti paura ancora del diverso? La nostra reazione rabbiosa, scontrandosi con un comportamento diverso dal nostro, non ha spesso una risposta eccessiva, certo educatamente eccessiva, comunque tale da indicare l’esistenza di una possibile collisione? E poi, se la Chiesa ha disarmato i suoi carnefici, sostituendoli con occhiuti custodi dei credenti terrorizzati da un diavolo più astratto e da peccati più concreti, ha soltanto riverniciato la sua antica e malefica attitudine di benedire i crociati e i cannoni da qualsiasi parte essi si trovino. La violenza è un’istituzione della Chiesa allo stesso modo in cui è un’istituzione dello Stato perché è nell’uomo, essa è una maledizione connaturata al suo modo d’essere, non è un’eccezione. I Padri torturatori di qualche secolo fa avevano la sfacciataggine di consegnare all’esecuzione secolare il condannato e nell’atto relativo di condanna scrivevano “rilasciato”, se ne lavavano le mani. Come potevano difatti le mani di chi fa quotidianamente rivivere il dio del sacrifico della messa, macchiarsi di sangue? Il fatto è che nella violenza l’uomo non si allontana da se stesso entrando in un regno malefico per poi fare ritorno ravveduto e pentito, alla natura buona dell’originaria beatitudine. Egli permane nella violenza, è questo il suo regno, egli non va contro natura, la sua natura, squartando in quattro pezzi Damiens, colpevole di avere attentato alla vita di Luigi XV su istigazione dei gesuiti, teorici del tirannicidio, non è un mostro, ma non va al di là di se stesso, permane semplicemente quello che è. E le sue violenza raramente insorgono contro di lui per aggredire criticamente la sua coscienza, per rimproverarlo, per punirlo. Quando questo accade è solo per un conflitto intrinseco al concetto di libertà e un torturatore non sa nemmeno cos’è la libertà. Se qualcuno non gli taglia le radici un aguzzino può invecchiare tranquillamente convinto di essere nel giusto né più né meno del Cardinale Bellarmino.
Contenuto del volume
Introduzione – L’integralismo cattolico razionale – Contrasto di opinioni – Gli attacchi contro l’Inquisizione – “La leggenda del Grande Inquisitore” – L’eresia medievale: le sue motivazioni – I catari – La fine dei catari – L’Inquisizione in Italia – Delazione e tortura – L’Inquisizione spagnola – Perfezionamenti nella razionalizzazione – Contro le eresie della povertà – La fioritura dei trattati giuridici – Affabulatori vecchi e nuovi – L’interrogatorio – Torturatori vecchi e nuovi – Regole per l’applicazione della tortura – Ancora sulla tortura – La condanna a morte – La prigione – Pubblicità dell’Autodafé e pene subalterne – Confische, traffici e arricchimenti – Riesumazione, processo e condanna dei morti – Gli Ebrei e la “limpieza de sangre” – Il razzismo
23 gen 2020 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Machiavelli filosofo
Con aggiunte le Annotazioni di Άμφισσα
Pensiero e azione – 15
2013, rilegato in tela, pagine 352
euro 20,00
Machiavelli è un uomo duro e, nello stesso tempo, un uomo eccessivo. Si tratta di un autore diverso che è riuscito a parlare al mio cuore oltre che alla mia mente. Quello che me lo rende simpatico è presto detto: la visione critica della vita, la riduzione della religione a strumento di dominio, l’eccesso vitale che lo sostenne per tutta la vita. La seconda parte del volume descrive l’ambiente culturale tra Quattrocento e Cinquecento in Italia. Si tratta di uno scritto che a suo tempo scrissi per un mio carissimo amico, oggi morto, che lo pubblicò come credette opportuno. Qui lo ripristino nella sua stesura originaria.
Contenuto del volume
Nota introduttiva – Introduzione – Machiavelli filosofo – L’ambiente culturale tra Quattrocento e Cinquecento in Italia – Annotazioni di Amfissa
2013, rilegato in tela, pagine 352
euro 20,00
Machiavelli è un uomo duro e, nello stesso tempo, un uomo eccessivo. Si tratta di un autore diverso che è riuscito a parlare al mio cuore oltre che alla mia mente. Quello che me lo rende simpatico è presto detto: la visione critica della vita, la riduzione della religione a strumento di dominio, l’eccesso vitale che lo sostenne per tutta la vita. La seconda parte del volume descrive l’ambiente culturale tra Quattrocento e Cinquecento in Italia. Si tratta di uno scritto che a suo tempo scrissi per un mio carissimo amico, oggi morto, che lo pubblicò come credette opportuno. Qui lo ripristino nella sua stesura originaria.
Contenuto del volume
Nota introduttiva – Introduzione – Machiavelli filosofo – L’ambiente culturale tra Quattrocento e Cinquecento in Italia – Annotazioni di Amfissa
20 apr 2016 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
A mano armata
Terza edizione
Pensiero e azione – 14
2021, 3a ediz., brossura, pagine 332
euro 20,00
Questo libro, in modo particolare adesso, nella sua veste definitiva, è un riflesso della mia vita, almeno di una parte consistente della mia vita.
Ma più la conoscenza è forte e più la sua messa in svuotamento dà frutto di leggerezza e di gioia.
Questo processo è architettonicamente dispiegato nei confronti dell’assenza come anticipazione di quello che la parola è chiamata a dire. In qualunque modo si giri attorno a questo problema la parola qui non difende i poteri della volontà, non segue un tragitto prefissato da quest’ultima, ma ha la propria anticipazione, la propria impronta nell’assenza, cioè nel di già accaduto.
Il dire non è in grado di afferrare l’assenza come se fosse una presenza, sottoponendola a regole, è però in grado di interiorizzarla come anticipazione di se stesso. Nel sentirmi lieve e nel silenzio che ora subentra in tutte le mie fibre, non vedo più questo mondo concepito come una prigione, anche se in prigione ci sono davvero.
La vita si esprime anche nel silenzio e nello svuotamento del pensiero dei mille affanni dell’accumulo, conquiste e difese. Questa vita è così preposta alla parola. La leggerezza della vita è pari alla sua drammaticità, non ci sono livelli separati da vivere successivamente uno all’altro. Quando è il conoscere che si realizza, la vita si rattrappisce, impoverendosi, nella saggezza rinvigorisce, viene fuori allo scoperto. Tutte queste affermazioni suonano molto schematiche, la conoscenza è vista oggi in modo critico, cioè più alleggerito, ma non è di questo che sto parlando.
L’azione che prende corpo da questa possibilità inesauribile è al di là di ogni possibile esperienza da trasferire, riassume in sé qualcosa che nella quantità non c’è e che io conosco per esperienza non provata se non per quella esperienza diversa che intravedo nella rammemorazione, ma che colgo sempre come quantità sconfitta e non come accumulazione programmata.
L’azione tocca la qualità e produce trasformazione, ma non è essa stessa libera, può solo farmi fare esperienza della qualità, quindi anche della libertà, ma solo fino al punto cruciale della domanda che non accetta risposte, la domanda, tutto qui? Non posso insistere all’infinito se non c’è una risposta oggettiva, direi quasi generalizzata, un interrogare ansioso dei tempi non basa, può darsi che la risposta sia sempre assente, una persistente neghittosità.
Il pozzo dei miei eccessi, la religione remota e inutile dei desideri ottenuti perché distolti dal loro alveo che li rendeva poveri conati possessivi, l’acredine rossa che tutto annebbia e che si chiude con me dentro, appallottolandosi come un enorme foglio di carta.
La pietà può aspettare, nella tempesta dove navigo non l’ho imbarcata a bordo, l’ho dimenticata. Vedo nel cielo nero nuvole frettolose ancora più nere.
Contenuto del volume
Introduzione alla seconda edizione – Introduzione alla prima edizione – Clément Duval – José Lluis Facerias – L’amore e la morte – Morire innocenti fa più rabbia – L’ombra del giustiziere – Il delinquente – Il rifiuto delle armi – La frattura morale – Il fantasma di Ravachol – Nessun sonno tranquillo – Alexandre Marius Jacob – Albert Libertad – Sante Pollastro – Un fantasma in galleria – Una mummia aggressiva – Francisco Sabaté – Severino Di Giovanni – Per favore, restiamo coi piedi per terra! – Nestor Machno – La bestia inafferrabile – Come un ladro nella notte – Renzo Novatore – Io so chi ha ucciso il commissario Luigi Calabresi – La tensione anarchica
2021, 3a ediz., brossura, pagine 332
euro 20,00
Questo libro, in modo particolare adesso, nella sua veste definitiva, è un riflesso della mia vita, almeno di una parte consistente della mia vita.
Ma più la conoscenza è forte e più la sua messa in svuotamento dà frutto di leggerezza e di gioia.
Questo processo è architettonicamente dispiegato nei confronti dell’assenza come anticipazione di quello che la parola è chiamata a dire. In qualunque modo si giri attorno a questo problema la parola qui non difende i poteri della volontà, non segue un tragitto prefissato da quest’ultima, ma ha la propria anticipazione, la propria impronta nell’assenza, cioè nel di già accaduto.
Il dire non è in grado di afferrare l’assenza come se fosse una presenza, sottoponendola a regole, è però in grado di interiorizzarla come anticipazione di se stesso. Nel sentirmi lieve e nel silenzio che ora subentra in tutte le mie fibre, non vedo più questo mondo concepito come una prigione, anche se in prigione ci sono davvero.
La vita si esprime anche nel silenzio e nello svuotamento del pensiero dei mille affanni dell’accumulo, conquiste e difese. Questa vita è così preposta alla parola. La leggerezza della vita è pari alla sua drammaticità, non ci sono livelli separati da vivere successivamente uno all’altro. Quando è il conoscere che si realizza, la vita si rattrappisce, impoverendosi, nella saggezza rinvigorisce, viene fuori allo scoperto. Tutte queste affermazioni suonano molto schematiche, la conoscenza è vista oggi in modo critico, cioè più alleggerito, ma non è di questo che sto parlando.
L’azione che prende corpo da questa possibilità inesauribile è al di là di ogni possibile esperienza da trasferire, riassume in sé qualcosa che nella quantità non c’è e che io conosco per esperienza non provata se non per quella esperienza diversa che intravedo nella rammemorazione, ma che colgo sempre come quantità sconfitta e non come accumulazione programmata.
L’azione tocca la qualità e produce trasformazione, ma non è essa stessa libera, può solo farmi fare esperienza della qualità, quindi anche della libertà, ma solo fino al punto cruciale della domanda che non accetta risposte, la domanda, tutto qui? Non posso insistere all’infinito se non c’è una risposta oggettiva, direi quasi generalizzata, un interrogare ansioso dei tempi non basa, può darsi che la risposta sia sempre assente, una persistente neghittosità.
Il pozzo dei miei eccessi, la religione remota e inutile dei desideri ottenuti perché distolti dal loro alveo che li rendeva poveri conati possessivi, l’acredine rossa che tutto annebbia e che si chiude con me dentro, appallottolandosi come un enorme foglio di carta.
La pietà può aspettare, nella tempesta dove navigo non l’ho imbarcata a bordo, l’ho dimenticata. Vedo nel cielo nero nuvole frettolose ancora più nere.
Contenuto del volume
Introduzione alla seconda edizione – Introduzione alla prima edizione – Clément Duval – José Lluis Facerias – L’amore e la morte – Morire innocenti fa più rabbia – L’ombra del giustiziere – Il delinquente – Il rifiuto delle armi – La frattura morale – Il fantasma di Ravachol – Nessun sonno tranquillo – Alexandre Marius Jacob – Albert Libertad – Sante Pollastro – Un fantasma in galleria – Una mummia aggressiva – Francisco Sabaté – Severino Di Giovanni – Per favore, restiamo coi piedi per terra! – Nestor Machno – La bestia inafferrabile – Come un ladro nella notte – Renzo Novatore – Io so chi ha ucciso il commissario Luigi Calabresi – La tensione anarchica
10 apr 2016 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Saggi sull’ateismo
Seconda edizione riveduta e corretta con l’aggiunta di Husserl e l’ateismo e di Nietzsche e l’ateismo: analisi dei Frammenti
Pensiero e azione – 13
2009, 2a ediz., rilegato in tela, pagine 336
euro 20,00
Dopo quasi quarant’anni preparo la seconda edizione di questi Saggi. Fatica per me considerevole, prendendo contropelo qualsiasi rilettura o riaggiustamento dei miei scritti.
Ripercorrere le varie tappe della mia maturazione filosofica non è il caso, mentre appare indispensabile riaffermare in maniera chiara e senza equivoci il mio essere ateo, contrario a qualsiasi idea di Dio, sia pure camuffata sotto l’aspetto accattivante della verità, della bellezza, dell’uguaglianza o della libertà. Se la qualità, in cui tutte queste idee si riassumono, mi può essere fornita, o comunque garantita, da un qualsiasi Dio, preferisco permanere nella soffocante condizione del produrre quantitativo, preferisco la schiavitù. Se devo essere schiavo, meglio fino in fondo, senza che dall’alto di un cielo corrusco mi si dia una sorta di liberazione che mi farebbe da schiavo alla catena schiavo da cortile.
In questi ultimi quarant’anni ho scoperto che anche la scienza, l’ideale dell’esattezza e della corrispondenza misurabile, il funzionamento perfetto della ragione, appartenevano a un empireo divino, a un olimpo dove gli aspetti della certezza e del controllo giocavano vari ruoli, tutti al servizio di un unico Dio centrale, il dominio su tutti gli uomini. Insomma, non solo il teismo era il contraltare dell’ateismo, ma anche la tanto decantata scienza, sulla quale anche io, come tutti i miei coetanei, avevamo, alla fine degli anni Cinquanta, affidato le nostre giovani speranze. Non si poteva pertanto accettare una corrispondenza tra ateismo e materialismo scientifico o dialettico, le formulazioni sono soltanto apparentemente diverse. La lotta contro Dio doveva condursi anche contro il dominio della scienza, madre cieca e matrigna della tecnologia.
Una laicizzazione del pensiero religioso è solo una parte del compito dell’ateismo, l’altra è costituita da una critica del naturalismo o del realismo, di quello che in filosofia, sotto aspetti diversi, si pretende differente dall’idealismo o dallo spiritualismo, mentre, sotto sotto, ripropone il medesimo modello di dominio. Ecco diventare, dopo lunga riflessione, centrale, nel mio pensiero, non solo la critica della religione, ma la critica della scienza. Ecco l’importanza degli studi sulla teoria fisica dell’indeterminazione e sui limiti epistemologici del neopositivismo.
Devo qui ricordare che in particolare il neopositivismo, insieme agli studi di matematica e di economia, erano stati, in anni verdi, per me gli strumenti per scassinare la cassaforte esistenzialista dove avevo racchiuso non solo il mio pensiero ma anche il mio cuore, paurosi entrambi di non riuscire a fare a meno dell’affascinante e continua lettura del filosofo dello storicismo assoluto, Benedetto Croce.
Penso che essere ateo oggi non può che costituire un punto di partenza per considerare la vita diversamente, la propria vita, non un vago e fumoso vitalismo foriero di tristi conclusioni. Sono senza dubbio io che creo il mondo e non viceversa. Il fatto che dopo di me, dopo la mia morte, il mondo continuerà a essere il mondo, non è un fatto che deriva dal mio fare, mi è estraneo, per me è una pura illazione dell’esperienza che ho della morte degli altri, ma questa morte non è la mia morte, della mia morte non ho esperienza.
La conoscenza, anche quella scientifica, è mia se me ne impadronisco e l’archivio nel mio possesso, ma l’accumulo è l’insieme della conoscenza di tutti, quindi anche della realtà nel suo insieme, un flusso totale di cui però non ho che la mia cognizione, di cui posseggo solo il mio modo di organizzare l’accumulo tutte le volte che mi metto in relazione con esso. Questo può affascinare per un certo tempo, poi comincia a puzzare come un ospite indesiderato.
Contenuto del volume
Introduzioni – Verso un ateismo costruttivo – Educazione all’ateismo – Antropologismo e teismo – Le due strade di lotta alla religione – Ateismo metodologico e ateismo umanistico – L’ateismo non è una fede – Rifiuto, spiegazione e assenza di Dio – Ateismo e teismo – La creazione di Dio – Ancora su ateismo e teismo – Il superamento del terrore nel primitivo – Ateismo e anarchia – Il problema della “copertura” – La religione nell’URSS – Attualità dell’ateismo – Ateismo: il più grave fenomeno del nostro tempo – L’ateismo di Bruno Bauer – L’ateismo di Michail Bakunin – L’ateismo di Albert Camus – L’ateismo di Bertrand Russell – I motivi della critica alla religione – La mia ricerca ateista – Il problema religioso nel mondo moderno – Ateismo e lotta di classe – La nostalgia di Dio – L’ateismo tra Nietzsche e Freud – Edmund Husserl e l’ateismo – L’uno che è e l’ateismo – Nietzsche e l’ateismo: analisi dei Frammenti.
2009, 2a ediz., rilegato in tela, pagine 336
euro 20,00
Dopo quasi quarant’anni preparo la seconda edizione di questi Saggi. Fatica per me considerevole, prendendo contropelo qualsiasi rilettura o riaggiustamento dei miei scritti.
Ripercorrere le varie tappe della mia maturazione filosofica non è il caso, mentre appare indispensabile riaffermare in maniera chiara e senza equivoci il mio essere ateo, contrario a qualsiasi idea di Dio, sia pure camuffata sotto l’aspetto accattivante della verità, della bellezza, dell’uguaglianza o della libertà. Se la qualità, in cui tutte queste idee si riassumono, mi può essere fornita, o comunque garantita, da un qualsiasi Dio, preferisco permanere nella soffocante condizione del produrre quantitativo, preferisco la schiavitù. Se devo essere schiavo, meglio fino in fondo, senza che dall’alto di un cielo corrusco mi si dia una sorta di liberazione che mi farebbe da schiavo alla catena schiavo da cortile.
In questi ultimi quarant’anni ho scoperto che anche la scienza, l’ideale dell’esattezza e della corrispondenza misurabile, il funzionamento perfetto della ragione, appartenevano a un empireo divino, a un olimpo dove gli aspetti della certezza e del controllo giocavano vari ruoli, tutti al servizio di un unico Dio centrale, il dominio su tutti gli uomini. Insomma, non solo il teismo era il contraltare dell’ateismo, ma anche la tanto decantata scienza, sulla quale anche io, come tutti i miei coetanei, avevamo, alla fine degli anni Cinquanta, affidato le nostre giovani speranze. Non si poteva pertanto accettare una corrispondenza tra ateismo e materialismo scientifico o dialettico, le formulazioni sono soltanto apparentemente diverse. La lotta contro Dio doveva condursi anche contro il dominio della scienza, madre cieca e matrigna della tecnologia.
Una laicizzazione del pensiero religioso è solo una parte del compito dell’ateismo, l’altra è costituita da una critica del naturalismo o del realismo, di quello che in filosofia, sotto aspetti diversi, si pretende differente dall’idealismo o dallo spiritualismo, mentre, sotto sotto, ripropone il medesimo modello di dominio. Ecco diventare, dopo lunga riflessione, centrale, nel mio pensiero, non solo la critica della religione, ma la critica della scienza. Ecco l’importanza degli studi sulla teoria fisica dell’indeterminazione e sui limiti epistemologici del neopositivismo.
Devo qui ricordare che in particolare il neopositivismo, insieme agli studi di matematica e di economia, erano stati, in anni verdi, per me gli strumenti per scassinare la cassaforte esistenzialista dove avevo racchiuso non solo il mio pensiero ma anche il mio cuore, paurosi entrambi di non riuscire a fare a meno dell’affascinante e continua lettura del filosofo dello storicismo assoluto, Benedetto Croce.
Penso che essere ateo oggi non può che costituire un punto di partenza per considerare la vita diversamente, la propria vita, non un vago e fumoso vitalismo foriero di tristi conclusioni. Sono senza dubbio io che creo il mondo e non viceversa. Il fatto che dopo di me, dopo la mia morte, il mondo continuerà a essere il mondo, non è un fatto che deriva dal mio fare, mi è estraneo, per me è una pura illazione dell’esperienza che ho della morte degli altri, ma questa morte non è la mia morte, della mia morte non ho esperienza.
La conoscenza, anche quella scientifica, è mia se me ne impadronisco e l’archivio nel mio possesso, ma l’accumulo è l’insieme della conoscenza di tutti, quindi anche della realtà nel suo insieme, un flusso totale di cui però non ho che la mia cognizione, di cui posseggo solo il mio modo di organizzare l’accumulo tutte le volte che mi metto in relazione con esso. Questo può affascinare per un certo tempo, poi comincia a puzzare come un ospite indesiderato.
Contenuto del volume
Introduzioni – Verso un ateismo costruttivo – Educazione all’ateismo – Antropologismo e teismo – Le due strade di lotta alla religione – Ateismo metodologico e ateismo umanistico – L’ateismo non è una fede – Rifiuto, spiegazione e assenza di Dio – Ateismo e teismo – La creazione di Dio – Ancora su ateismo e teismo – Il superamento del terrore nel primitivo – Ateismo e anarchia – Il problema della “copertura” – La religione nell’URSS – Attualità dell’ateismo – Ateismo: il più grave fenomeno del nostro tempo – L’ateismo di Bruno Bauer – L’ateismo di Michail Bakunin – L’ateismo di Albert Camus – L’ateismo di Bertrand Russell – I motivi della critica alla religione – La mia ricerca ateista – Il problema religioso nel mondo moderno – Ateismo e lotta di classe – La nostalgia di Dio – L’ateismo tra Nietzsche e Freud – Edmund Husserl e l’ateismo – L’uno che è e l’ateismo – Nietzsche e l’ateismo: analisi dei Frammenti.
30 mar 2016 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Solchi
Pensiero e azione – 12
2009, rilegato in tela, pagine 330
euro 20,00
Entrare nell’attimo non è facile, bisogna strumentarsi in maniera adeguata, rendere sottili i propri strumenti, duttili e spregiudicati. Nella prospettiva tracciata a grandi linee, le cause antagoniste sono remote e quindi possono essere trattate con sufficienza. Nella parcellizzazione del dettaglio il nemico si accosta e si fa più vicino, perfino più minaccioso.
Questo libro conduce all’interno del mio laboratorio, mettendo a nudo i metodi di riflessione che applico al suo interno, come pure la pericolosità della concretezza in cui questi metodi trovano applicazione. Meglio che altrove, in questi appunti spaesati e spaesanti, si può cogliere il senso di responsabilità che ognuno porta con sé di fronte alla impietosa presenza di ogni forma di oppressione e di ignoranza.
La produzione produce l’oggetto e la sua oggettualizzazione, cioè la sua caratterizzazione giuridica, il possesso. La vita non accetta queste condizioni, non può essere spiegata soltanto con cause meccaniche o fisiche. Il causalismo penalizza tutta la forza della vita, riducendola a una equazione in bilico tra meraviglia e fatalità. Nella vita qualche volta c’è un senso di fine del mondo, nella mia vita c’è. La mia morte produce la fine del mondo, almeno la fine del mondo da me creato, che poi è l’intero mondo possibile. C’è anche un senso di disperazione infinita, disperazione pura che nessuna conquista modificativa potrà appagare. Il naufragio in cui sono incappato venendo al mondo, il terreno su cui sono stato sbattuto, i frammenti che sono riuscito a mettere insieme, tutte queste estraneità sono riuscito, a fatica, a farmele diventare familiari, fino a poterle chiamare la mia vita, ma io so che la mia vita è altrove, in un altrove dove il territorio della cosa lascia la sua traccia, e dove mi sono spinto tanto oltre quanto potevano le mie forze, senza riuscire ad andare al di là delle tenebrose zone del vuoto, i confini dell’uno che è.
La vita è là che ha trovato origine, il destino può confermarlo. Sono stato originato dall’oscurità e nell’oscurità, ed è la notte che scolpisce ancora i miei ricordi, le forme modulate dei miei pensieri che riescono a risalire anche al di là del momento occasionale della nascita. Intuisco la mia vita come condizione ridotta, formalizzata, e come frattura violenta, la mia vita nell’azione, mi vedo agitarmi in me stesso e andare avanti come se fossi certo di come agire. Ma nell’azione non c’è certezza, c’è la verità che non è seguire una regola, quindi non avere dubbi, ma è essere la verità, avere tutti i dubbi e tutte le certezze, e altro ancora, l’amore al grado più alto, la tensione e la profondità che l’intelletto non potrà mai governare per quanti tentativi possa fare nella rammemorazione con la bocca piena di stoppa.
Venire fuori dalla parola è scandalo, venire fuori tentando di salvare quello che le parole nascondono per custodirlo. Non ho avuto un mandato, non so perché uso questo mezzo, potrei restarmene muto a guardare per anni il muro della mia piccola cella. Ogni tanto qualcuno dei forzati scuoterebbe le proprie catene per vedere se è ancora vivo.
La mia vita ha un senso soltanto se glielo presto io. Ma dove reperirlo? Non il senso della mancanza di senso, di tutto questo senso che viene continuamente palleggiato a destra e a sinistra, venduto nei supermercati e spacciato all’angolo di ogni vicolo buio. La qualità bussa alle porta.
In tutti i casi non si accede alla qualità senza coinvolgimento, e questo può anche essere precluso a chi si autocensura sentendosi un prescelto dal destino. In questo passaggio è richiesto uno sforzo di ulteriore concentrazione solitaria. Tutto può essere facilmente bloccato dalla paura o dal disgusto. Tutto sembrava pronto per la partenza verso la cosa e invece mi risveglio nel mio barcollante rifugio.
2009, rilegato in tela, pagine 330
euro 20,00
Entrare nell’attimo non è facile, bisogna strumentarsi in maniera adeguata, rendere sottili i propri strumenti, duttili e spregiudicati. Nella prospettiva tracciata a grandi linee, le cause antagoniste sono remote e quindi possono essere trattate con sufficienza. Nella parcellizzazione del dettaglio il nemico si accosta e si fa più vicino, perfino più minaccioso.
Questo libro conduce all’interno del mio laboratorio, mettendo a nudo i metodi di riflessione che applico al suo interno, come pure la pericolosità della concretezza in cui questi metodi trovano applicazione. Meglio che altrove, in questi appunti spaesati e spaesanti, si può cogliere il senso di responsabilità che ognuno porta con sé di fronte alla impietosa presenza di ogni forma di oppressione e di ignoranza.
La produzione produce l’oggetto e la sua oggettualizzazione, cioè la sua caratterizzazione giuridica, il possesso. La vita non accetta queste condizioni, non può essere spiegata soltanto con cause meccaniche o fisiche. Il causalismo penalizza tutta la forza della vita, riducendola a una equazione in bilico tra meraviglia e fatalità. Nella vita qualche volta c’è un senso di fine del mondo, nella mia vita c’è. La mia morte produce la fine del mondo, almeno la fine del mondo da me creato, che poi è l’intero mondo possibile. C’è anche un senso di disperazione infinita, disperazione pura che nessuna conquista modificativa potrà appagare. Il naufragio in cui sono incappato venendo al mondo, il terreno su cui sono stato sbattuto, i frammenti che sono riuscito a mettere insieme, tutte queste estraneità sono riuscito, a fatica, a farmele diventare familiari, fino a poterle chiamare la mia vita, ma io so che la mia vita è altrove, in un altrove dove il territorio della cosa lascia la sua traccia, e dove mi sono spinto tanto oltre quanto potevano le mie forze, senza riuscire ad andare al di là delle tenebrose zone del vuoto, i confini dell’uno che è.
La vita è là che ha trovato origine, il destino può confermarlo. Sono stato originato dall’oscurità e nell’oscurità, ed è la notte che scolpisce ancora i miei ricordi, le forme modulate dei miei pensieri che riescono a risalire anche al di là del momento occasionale della nascita. Intuisco la mia vita come condizione ridotta, formalizzata, e come frattura violenta, la mia vita nell’azione, mi vedo agitarmi in me stesso e andare avanti come se fossi certo di come agire. Ma nell’azione non c’è certezza, c’è la verità che non è seguire una regola, quindi non avere dubbi, ma è essere la verità, avere tutti i dubbi e tutte le certezze, e altro ancora, l’amore al grado più alto, la tensione e la profondità che l’intelletto non potrà mai governare per quanti tentativi possa fare nella rammemorazione con la bocca piena di stoppa.
Venire fuori dalla parola è scandalo, venire fuori tentando di salvare quello che le parole nascondono per custodirlo. Non ho avuto un mandato, non so perché uso questo mezzo, potrei restarmene muto a guardare per anni il muro della mia piccola cella. Ogni tanto qualcuno dei forzati scuoterebbe le proprie catene per vedere se è ancora vivo.
La mia vita ha un senso soltanto se glielo presto io. Ma dove reperirlo? Non il senso della mancanza di senso, di tutto questo senso che viene continuamente palleggiato a destra e a sinistra, venduto nei supermercati e spacciato all’angolo di ogni vicolo buio. La qualità bussa alle porta.
In tutti i casi non si accede alla qualità senza coinvolgimento, e questo può anche essere precluso a chi si autocensura sentendosi un prescelto dal destino. In questo passaggio è richiesto uno sforzo di ulteriore concentrazione solitaria. Tutto può essere facilmente bloccato dalla paura o dal disgusto. Tutto sembrava pronto per la partenza verso la cosa e invece mi risveglio nel mio barcollante rifugio.
10 ago 2015 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
L’ateismo di Paul-Henry Thiry d’Holbach
Seconda edizione riveduta e corretta con l’aggiunta di due saggi bibliografici
Pensiero e azione – 11
2009, 2a ediz., rilegato in tela, pagine 332
euro 20,00
Il Sistema della natura è una grande opera filosofica. Per quanto si possano individuare, e condividere, i suoi limiti, resta lo stesso un punto di riferimento nella storia dell’avventura umana contro Dio.
Oggi, per molti aspetti, non è accettabile, ma il coraggio va sempre tenuto da conto, va ammirato e ciò in particolar modo quando entra a far parte del pensiero, come faccenda viva, e non si affida soltanto a un rumore di parole più o meno reboanti. E di coraggio Holbach e compagni ne dovevano avere da vendere. Pochissimi anni erano passati dai roghi cattolici e riformati, dalle torture e dagli squartamenti, da Damiens al cavaliere De la Barre. Quest’ultimo, appena quattro anni prima [1766] della pubblicazione dell’opera di Holbach, era stato giustiziato per non essersi inginocchiato per strada davanti al passaggio del santissimo sacramento.
L’argomento centrale di cui si occupa Holbach è la materia. L’ateismo ne è un corollario.
La creazione di una vera architettura scientifica è frutto della parola che costruisce e produce dicendo, ed è quanto più possibile inserita nelle costrizioni di una preordinata corrispondenza. Inarrestabilmente lavoro per smembrare la volontà e i suoi meccanismi di controllo. Lotto da decenni contro il pregiudizio che ha incensato per secoli questo infausto feticcio portatore di un’aggressività falsa diretta al possesso e alla produzione costruttiva. L’insignificanza di questi risultati è continuamente riconfermata con la forza del controllo e della repressione, con la riduzione del senso a mancanza di significanza e di libertà. Insisto su tutto ciò perché è un meccanismo che mi continua a catturare e che alimenta l’inquietudine che mi tiene desto. Pure essendo un meccanismo arido e unidimensionale, è dotato di molti aspetti e di molte e continue modificazioni. La libertà di cui fruisce la parola non è la libertà assoluta, questo lo so, ma non è neanche una delle libertà concesse nella modificazione produttiva, orribilmente deturpate dai limiti e dalle regole imposti dall’utilità dello scopo da raggiungere.
Questa potenza della parola contrassegna le sue condizioni di portanza nelle varie evoluzioni della vicenda nominativa, dove prende l’aspetto determinato del dire molte volte differente e molte volte ripreso e ricondotto al punto di partenza, movimento circolare che dà l’impronta fondamentale a tutta la vicenda della parola e che consente una continua perdita e un parimenti continuo ritrovamento del cosiddetto filo del discorso.
Contenuto del volume
Introduzione – L’ateismo di Paul-Henry Thiry d’Holbach – Il vero senso del Sistema della natura – Saggio di bibliografia generale su Paul-Henry Thiry d’Holbach – Saggio bibliografico delle opere di Paul-Henry Thiry d’Holbach
2009, 2a ediz., rilegato in tela, pagine 332
euro 20,00
Il Sistema della natura è una grande opera filosofica. Per quanto si possano individuare, e condividere, i suoi limiti, resta lo stesso un punto di riferimento nella storia dell’avventura umana contro Dio.
Oggi, per molti aspetti, non è accettabile, ma il coraggio va sempre tenuto da conto, va ammirato e ciò in particolar modo quando entra a far parte del pensiero, come faccenda viva, e non si affida soltanto a un rumore di parole più o meno reboanti. E di coraggio Holbach e compagni ne dovevano avere da vendere. Pochissimi anni erano passati dai roghi cattolici e riformati, dalle torture e dagli squartamenti, da Damiens al cavaliere De la Barre. Quest’ultimo, appena quattro anni prima [1766] della pubblicazione dell’opera di Holbach, era stato giustiziato per non essersi inginocchiato per strada davanti al passaggio del santissimo sacramento.
L’argomento centrale di cui si occupa Holbach è la materia. L’ateismo ne è un corollario.
La creazione di una vera architettura scientifica è frutto della parola che costruisce e produce dicendo, ed è quanto più possibile inserita nelle costrizioni di una preordinata corrispondenza. Inarrestabilmente lavoro per smembrare la volontà e i suoi meccanismi di controllo. Lotto da decenni contro il pregiudizio che ha incensato per secoli questo infausto feticcio portatore di un’aggressività falsa diretta al possesso e alla produzione costruttiva. L’insignificanza di questi risultati è continuamente riconfermata con la forza del controllo e della repressione, con la riduzione del senso a mancanza di significanza e di libertà. Insisto su tutto ciò perché è un meccanismo che mi continua a catturare e che alimenta l’inquietudine che mi tiene desto. Pure essendo un meccanismo arido e unidimensionale, è dotato di molti aspetti e di molte e continue modificazioni. La libertà di cui fruisce la parola non è la libertà assoluta, questo lo so, ma non è neanche una delle libertà concesse nella modificazione produttiva, orribilmente deturpate dai limiti e dalle regole imposti dall’utilità dello scopo da raggiungere.
Questa potenza della parola contrassegna le sue condizioni di portanza nelle varie evoluzioni della vicenda nominativa, dove prende l’aspetto determinato del dire molte volte differente e molte volte ripreso e ricondotto al punto di partenza, movimento circolare che dà l’impronta fondamentale a tutta la vicenda della parola e che consente una continua perdita e un parimenti continuo ritrovamento del cosiddetto filo del discorso.
Contenuto del volume
Introduzione – L’ateismo di Paul-Henry Thiry d’Holbach – Il vero senso del Sistema della natura – Saggio di bibliografia generale su Paul-Henry Thiry d’Holbach – Saggio bibliografico delle opere di Paul-Henry Thiry d’Holbach
30 lug 2015 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Il falso e l’osceno
Pensiero e azione – 10
2007, rilegato in tela, pagine 344
euro 20,00
L’analisi politica ha connaturata al proprio svolgimento una irrimediabile piattezza. Gli elementi critici che la compongono sono legati a doppio filo alle condizioni di funzionamento del processo politico. Come tutti sanno quest’ultimo non funziona senza il reperimento del consenso e la realizzazione di tutte quelle modifiche indispensabili a renderlo possibile.
La funzione dell’imbroglio ideologico all’interno di questo processo è quella che una volta veniva assicurata dalla religione. L’uomo moderno prega di meno ma, secondo la geniale intuizione di Hegel, sopperisce a questa diminuzione leggendo il giornale.
Viene ammesso, in linea di massima, che oggi i destinatari del messaggio politico, quindi i soggetti passivi sollecitati al consenso, sono più informati se non più colti, e che quindi l’imbroglio deve essere più sofisticato o, almeno, più articolato. La cosa è dubbia. Se qualche decennio fa il fondo ideologico del consenso era orientato (a sinistra) verso l’internazionalismo proletario e (a destra) verso lo Stato etico, oggi i residui ideologici, diciamo spirituali, i grandi valori, si sono appiattiti sul vago processo di globalizzazione capitalista. Ciò ha comportato un livellamento dei mezzi culturali impiegati, raggiungendo miserie mai conosciute prima, nemmeno dalla destra che meno si differenziava dal manganello. Poche attenzioni culturali si riversano quindi nello sforzo di reperimento del consenso, e ciò produce un’ideologia spicciola che consente di dare aria alla gola di un politico qualsiasi. Stando così le cose alcuni ritengono che il ricorso alla provocazione potrebbe sortire qualche effetto interessante. Ma cos’è una provocazione? Un dire o un fare che rompa con la tranquillità e la buona educazione. Quindi qualcosa che contraddica la stupida loquacità con cui tutti i giorni reciprocamente ci addormentiamo inducendoci ad accettare un’esistenza che riteniamo inadeguata ai nostri presunti desideri di diversità. C’è da chiedersi se è possibile romperla con la stupidità. Domanda angosciante. Ognuno di noi custodisce quella sorta di idiotismo privato che considera fuori discussione, un serbatoio di opinioni costruite bene che aiutano a tirare avanti. Ma nessun funzionalismo ha mai salvato la vita a qualcuno. Ci accingiamo a morire con tutte le nostre benefiche supposizioni senza battere ciglio, pensandoci splendidamente equipaggiati per raccattare tutte le espressioni che collezioniamo come singoli istanti di una lunga malattia.
Una torta in faccia fa ridere, una stilettata di nascosto fa stringere i denti in un ghigno altrettanto stupido. I nemici si sono rafforzati e non troviamo la strada per frantumare il loro muro difensivo. Hanno smaterializzato le pietre con cui questo muro è costruito, lo hanno fatto mentre noi ci baloccavamo con le più svariate supposizioni, accèttati fratello dalle mani callose, dalla pelle scura, dal sesso incerto, fratello che hai tutte le carte in regola, accèttati e te ne saremo grati, ti aiuteremo nella tua lotta per farti spazio, per essere ancora più accettato, perché poi tu possa, onestamente peraltro, darci un bel calcio nel sedere, dopo che hai ottenuto quei riconoscimenti che adesso ti mancano.
Le artificiose formule con cui ci siamo disposti all’azione si ripresentano adesso come fantasmi mentre i loro riflessi virtuali abitano ormai aule universitarie, osservatori astronomici e templi indiani. La provocazione dovrebbe insistere nei loro riguardi, procedere oltre l’àmbito di competenza del nemico, visto che questo territorio si è esteso fino al limite delle nostre tende, estendersi per contestarci l’identità che abbiamo appiccicato sul vero e sul giusto, sui risultati considerati indiscussi e su di uno stile che niente e nessuno pensavamo potessero espropriarci e che adesso vediamo dilagare nella cultura di dominio.
Contenuto del volume
Parte prima: Il falso: Breve nota introduttiva – Introduzione al falso – Il falso Sartre – Jean-Paul Sartre, Il mio testamento politico – All’origine della verità – Martin Heidegger e Parmenide di Elea – Karl Jaspers – Max Stirner – I due estremi della medesima tesi
Parte seconda: L’osceno: Il traghetto ambivalente – Introduzione all’osceno – Senza titolo – Il marchese de Sade – Antonin Artaud. Il teatro e il suo doppio – Sylvan Maréchal. L’uomo senza Dio – Leopardi. L’universo non ha causa fuori di sé
2007, rilegato in tela, pagine 344
euro 20,00
L’analisi politica ha connaturata al proprio svolgimento una irrimediabile piattezza. Gli elementi critici che la compongono sono legati a doppio filo alle condizioni di funzionamento del processo politico. Come tutti sanno quest’ultimo non funziona senza il reperimento del consenso e la realizzazione di tutte quelle modifiche indispensabili a renderlo possibile.
La funzione dell’imbroglio ideologico all’interno di questo processo è quella che una volta veniva assicurata dalla religione. L’uomo moderno prega di meno ma, secondo la geniale intuizione di Hegel, sopperisce a questa diminuzione leggendo il giornale.
Viene ammesso, in linea di massima, che oggi i destinatari del messaggio politico, quindi i soggetti passivi sollecitati al consenso, sono più informati se non più colti, e che quindi l’imbroglio deve essere più sofisticato o, almeno, più articolato. La cosa è dubbia. Se qualche decennio fa il fondo ideologico del consenso era orientato (a sinistra) verso l’internazionalismo proletario e (a destra) verso lo Stato etico, oggi i residui ideologici, diciamo spirituali, i grandi valori, si sono appiattiti sul vago processo di globalizzazione capitalista. Ciò ha comportato un livellamento dei mezzi culturali impiegati, raggiungendo miserie mai conosciute prima, nemmeno dalla destra che meno si differenziava dal manganello. Poche attenzioni culturali si riversano quindi nello sforzo di reperimento del consenso, e ciò produce un’ideologia spicciola che consente di dare aria alla gola di un politico qualsiasi. Stando così le cose alcuni ritengono che il ricorso alla provocazione potrebbe sortire qualche effetto interessante. Ma cos’è una provocazione? Un dire o un fare che rompa con la tranquillità e la buona educazione. Quindi qualcosa che contraddica la stupida loquacità con cui tutti i giorni reciprocamente ci addormentiamo inducendoci ad accettare un’esistenza che riteniamo inadeguata ai nostri presunti desideri di diversità. C’è da chiedersi se è possibile romperla con la stupidità. Domanda angosciante. Ognuno di noi custodisce quella sorta di idiotismo privato che considera fuori discussione, un serbatoio di opinioni costruite bene che aiutano a tirare avanti. Ma nessun funzionalismo ha mai salvato la vita a qualcuno. Ci accingiamo a morire con tutte le nostre benefiche supposizioni senza battere ciglio, pensandoci splendidamente equipaggiati per raccattare tutte le espressioni che collezioniamo come singoli istanti di una lunga malattia.
Una torta in faccia fa ridere, una stilettata di nascosto fa stringere i denti in un ghigno altrettanto stupido. I nemici si sono rafforzati e non troviamo la strada per frantumare il loro muro difensivo. Hanno smaterializzato le pietre con cui questo muro è costruito, lo hanno fatto mentre noi ci baloccavamo con le più svariate supposizioni, accèttati fratello dalle mani callose, dalla pelle scura, dal sesso incerto, fratello che hai tutte le carte in regola, accèttati e te ne saremo grati, ti aiuteremo nella tua lotta per farti spazio, per essere ancora più accettato, perché poi tu possa, onestamente peraltro, darci un bel calcio nel sedere, dopo che hai ottenuto quei riconoscimenti che adesso ti mancano.
Le artificiose formule con cui ci siamo disposti all’azione si ripresentano adesso come fantasmi mentre i loro riflessi virtuali abitano ormai aule universitarie, osservatori astronomici e templi indiani. La provocazione dovrebbe insistere nei loro riguardi, procedere oltre l’àmbito di competenza del nemico, visto che questo territorio si è esteso fino al limite delle nostre tende, estendersi per contestarci l’identità che abbiamo appiccicato sul vero e sul giusto, sui risultati considerati indiscussi e su di uno stile che niente e nessuno pensavamo potessero espropriarci e che adesso vediamo dilagare nella cultura di dominio.
Contenuto del volume
Parte prima: Il falso: Breve nota introduttiva – Introduzione al falso – Il falso Sartre – Jean-Paul Sartre, Il mio testamento politico – All’origine della verità – Martin Heidegger e Parmenide di Elea – Karl Jaspers – Max Stirner – I due estremi della medesima tesi
Parte seconda: L’osceno: Il traghetto ambivalente – Introduzione all’osceno – Senza titolo – Il marchese de Sade – Antonin Artaud. Il teatro e il suo doppio – Sylvan Maréchal. L’uomo senza Dio – Leopardi. L’universo non ha causa fuori di sé
12 giu 2015 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
Palestina, mon amour
Quarta edizione
Pensiero e azione – 9
2024, 4a ediz., brossura, pagine 356
euro 20,00
Nell’aprile del 2004, appena entrato nel carcere di Trieste, ho scritto un testo abbastanza approfondito sul male radicale, sul progetto di distruzione totale degli Ebrei, studiato e parzialmente posto in atto dai nazisti. In questa occasione, per la propria volta, ho raccontato – non so perché ma mi è venuto su spontaneamente, senza alcuna remora, forse a causa del trovarmi in prigione, ma forse per l’estrema radicalizzazione della lotta in corso tra Israeliani e Palestinesi – la tortura che ho subito a opera degli uomini del Mossad nel lontano 1972. Non credevo possibile che questo racconto, per altro raccorciato in poche righe e senza indicazioni non necessarie, potesse interessare qualcuno. Dopo averlo visto scritto sulla pagina, mi sono accorto che interessava me. Un angelo impazzito aveva azzerato il mondo. Il deserto era il risultato, un orrendo geroglifico incomprensibile. Le indicazioni della catastrofe sono il portato più comprensibile della conclusione. Il trionfo della mediocrità è garantito, il mondo trionfa continuamente su se stesso, strato su strato. La storia è testimonio inattendibile e nauseante. Ritiene che ci siano intervalli nella mediocrità, che qualcuno in essa lasci il segno della propria geniale intelligenza. Invece i segni discontinui sono solo la conseguenza di un aumento di stupidità. Una massa greve e repellente, indurita dai tentativi ripetuti invano, una delusione senza sosta, ferita che scende in profondità, tutto questo mi grava sul cuore. Niente brividi, sono sempre io, anche quando getto uno sguardo nell’abisso. Oltre il gelo e il male della vita che quotidianamente mi assilla, oltre lo sgomento e la malinconia, oltre la rabbia dei giusti e la malvagità degli stupidi, oltre le menzogne che aiutano a sopravvivere, oltre i meschini scopi che giustificano i feroci mezzi, oltre gli ideologi e i massacratori, placidamente si distende la realtà, sicura, incontaminata, priva di spiegazioni scribacchiate in tutta fretta da mezzani inconcludenti. Scarafaggi, serpi, cavallette e la polvere falsamente furiosa di sognatori e poeti che la realtà disperde ai quattro venti.
2024, 4a ediz., brossura, pagine 356
euro 20,00
Nell’aprile del 2004, appena entrato nel carcere di Trieste, ho scritto un testo abbastanza approfondito sul male radicale, sul progetto di distruzione totale degli Ebrei, studiato e parzialmente posto in atto dai nazisti. In questa occasione, per la propria volta, ho raccontato – non so perché ma mi è venuto su spontaneamente, senza alcuna remora, forse a causa del trovarmi in prigione, ma forse per l’estrema radicalizzazione della lotta in corso tra Israeliani e Palestinesi – la tortura che ho subito a opera degli uomini del Mossad nel lontano 1972. Non credevo possibile che questo racconto, per altro raccorciato in poche righe e senza indicazioni non necessarie, potesse interessare qualcuno. Dopo averlo visto scritto sulla pagina, mi sono accorto che interessava me. Un angelo impazzito aveva azzerato il mondo. Il deserto era il risultato, un orrendo geroglifico incomprensibile. Le indicazioni della catastrofe sono il portato più comprensibile della conclusione. Il trionfo della mediocrità è garantito, il mondo trionfa continuamente su se stesso, strato su strato. La storia è testimonio inattendibile e nauseante. Ritiene che ci siano intervalli nella mediocrità, che qualcuno in essa lasci il segno della propria geniale intelligenza. Invece i segni discontinui sono solo la conseguenza di un aumento di stupidità. Una massa greve e repellente, indurita dai tentativi ripetuti invano, una delusione senza sosta, ferita che scende in profondità, tutto questo mi grava sul cuore. Niente brividi, sono sempre io, anche quando getto uno sguardo nell’abisso. Oltre il gelo e il male della vita che quotidianamente mi assilla, oltre lo sgomento e la malinconia, oltre la rabbia dei giusti e la malvagità degli stupidi, oltre le menzogne che aiutano a sopravvivere, oltre i meschini scopi che giustificano i feroci mezzi, oltre gli ideologi e i massacratori, placidamente si distende la realtà, sicura, incontaminata, priva di spiegazioni scribacchiate in tutta fretta da mezzani inconcludenti. Scarafaggi, serpi, cavallette e la polvere falsamente furiosa di sognatori e poeti che la realtà disperde ai quattro venti.
18 apr 2015 Leggi il testo completo...
Alfredo M. Bonanno
La dimensione anarchica
Seconda edizione riveduta e corretta
Pensiero e azione – 8
2013, 2a ediz. 1a rist., rilegato in tela, pagine 558
euro 20,00
Ognuno dei pezzi qui presentati – non certamente come capitoli di un libro ma come testimonianze di un’evoluzione e di una presa di coscienza rivoluzionaria – è un mondo in continua produzione che non può essere considerato completo, anche se qui viene presentato a partire da un punto del discorso per finire in un altro, generalmente come se quest’ultimo punto fosse un approdo. Tale constatazione è falsamente evidente perché la sua approssimazione non è legata a una questione di mancanza quantitativa ma a una deficienza qualitativa, la quale non appartiene al meccanismo stesso nella sua incompletezza. Questa insufficienza è una sua condizione di parziale libertà, quella che la volontà lascia che sia lo spazio ristretto dentro il quale mi muovo per avere l’impressione di scegliere su mia decisione. In effetti sono costretto a queste decisioni di cui sono in una certa misura prigioniero. È di questa volontà che devo andare in cerca per stanarla e circoscriverla, per arrivare ad aggirarla e andare oltre. Ci sono momenti in cui la strada verso la diversità si apre, ma non sono momenti di particolare solennità, e momenti in cui la superstizione del fare mi attanaglia più che mai. Sono i primi, questi sprazzi di intuizione, che mi vengono a visitare e che mi si concedono spesso senza specifiche sollecitazioni. Questo libro è pertanto un Bildungsroman, un romanzo di formazione, se non altro per quel che riguarda il mio modo di scrivere, oltre che il mio modo di fare i conti con i concetti di efficienza e di acquisizione. Non è stata facile questa lotta, condotta dentro me stesso senza esclusione di colpi. La distruzione dei miti dell’efficienza delle élite, del ruolo guida degli intellettuali, della funzione militare all’interno dell’accadimento rivoluzionario, è stata lunga e faticosa. Parallela, in ogni caso, alla ritrosia a dichiararmi partecipe di un simbolo, di una bandiera, sia pure quella anarchica che, per definizione, dovrebbe essere aliena da connotazioni sclerotizzate.
2013, 2a ediz. 1a rist., rilegato in tela, pagine 558
euro 20,00
Ognuno dei pezzi qui presentati – non certamente come capitoli di un libro ma come testimonianze di un’evoluzione e di una presa di coscienza rivoluzionaria – è un mondo in continua produzione che non può essere considerato completo, anche se qui viene presentato a partire da un punto del discorso per finire in un altro, generalmente come se quest’ultimo punto fosse un approdo. Tale constatazione è falsamente evidente perché la sua approssimazione non è legata a una questione di mancanza quantitativa ma a una deficienza qualitativa, la quale non appartiene al meccanismo stesso nella sua incompletezza. Questa insufficienza è una sua condizione di parziale libertà, quella che la volontà lascia che sia lo spazio ristretto dentro il quale mi muovo per avere l’impressione di scegliere su mia decisione. In effetti sono costretto a queste decisioni di cui sono in una certa misura prigioniero. È di questa volontà che devo andare in cerca per stanarla e circoscriverla, per arrivare ad aggirarla e andare oltre. Ci sono momenti in cui la strada verso la diversità si apre, ma non sono momenti di particolare solennità, e momenti in cui la superstizione del fare mi attanaglia più che mai. Sono i primi, questi sprazzi di intuizione, che mi vengono a visitare e che mi si concedono spesso senza specifiche sollecitazioni. Questo libro è pertanto un Bildungsroman, un romanzo di formazione, se non altro per quel che riguarda il mio modo di scrivere, oltre che il mio modo di fare i conti con i concetti di efficienza e di acquisizione. Non è stata facile questa lotta, condotta dentro me stesso senza esclusione di colpi. La distruzione dei miti dell’efficienza delle élite, del ruolo guida degli intellettuali, della funzione militare all’interno dell’accadimento rivoluzionario, è stata lunga e faticosa. Parallela, in ogni caso, alla ritrosia a dichiararmi partecipe di un simbolo, di una bandiera, sia pure quella anarchica che, per definizione, dovrebbe essere aliena da connotazioni sclerotizzate.
18 apr 2015 Leggi il testo completo...
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Rudolf Rocker, Nazionalismo e cultura
William Godwin, Ricerca sulla giustizia politica
e sulla sua influenza su morale e felicità
Alfredo M. Bonanno, Dal banditismo sociale alla guerriglia
Carlo Cafiero, Anarchia e comunismo
Luigi Galleani, La fine dell’anarchismo?
Bakunin, Opere vol. II – La Prima Internazionale e il conflitto con Marx